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Raï: un Medio Oriente in pace è possibile. La Chiesa prega per la salute del Papa

Il patriarca di Antiochia dei Maroniti assicura la preghiera costante per Francesco. Parla poi dell’impegno della Chiesa libanese a livello nazionale e affronta il nodo della questione dei rifugiati siriani: “Ci stiamo rivolgendo alla comunità internazionale e alla Siria per il ritorno dei profughi che avverrà con la ricostruzione del Paese, altrimenti sono costretti a rimanere in Libano. Ma questo è un grande peso economico e politico per noi, viviamo per miracolo”

Salvatore Cernuzio - Beirut

Un pensiero alla pace, “certamente possibile” in un Medio Oriente seppur segnato dalle violenze, e una preghiera per Papa Francesco, ricoverato da sei giorni al Gemelli. Così il cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti, ai media vaticani a margine della 57.ma Assemblea dei vescovi e dei patriarchi cattolici del Libano, alla quale ha preso parte anche il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, in missione a Beirut dal 19 al 23 febbraio.

Beatitudine, il Libano è un Paese che porta ferite evidenti. Qual è attualmente la sfida che si trova ad affrontare la Chiesa libanese?

La Chiesa del Libano, come tutte le chiese, si occupa prima di tutto della sua missione ecclesiale e si occupa anche del Paese perché il Libano è differente da altri Paesi. La Chiesa è riconosciuta, la Chiesa è rispettata dal governo, è rispettata dai mass media. Il Libano separa religione e Stato, però non ha una religione di Stato: né il cristianesimo, né l’Islam. E per questo la Chiesa può svolgere la sua missione a livello ecclesiale e a livello nazionale. Certo, non è che entra nelle questioni ma le affronta e giudica la vita economica, politica del Paese, senza essere nella pratica. La Chiesa ha quindi un largo campo da riempire.

Uno dei principali nodi è quello dei rifugiati siriani. Il Libano ha accolto oltre un milione e mezzo di profughi. Cosa si può fare per loro e quali sono le prospettive alla luce della nuova situazione politica che si è creata in Siria?

Un milione e mezzo di profughi in Libano sono siriani, poi mezzo milione sono palestinesi. Due milioni e mezzo, quindi la metà degli abitanti del Paese. C’è qualche Paese al mondo che può accogliere così la metà quando è una cosa impossibile? Comunque noi ci stiamo sempre rivolgendo alla comunità internazionale e alla Siria per il ritorno dei profughi. Certamente, per essere pratici, il ritorno potrà essere garantito quando – speriamo - comincerà la ricostruzione della Siria. Se non c’è la ricostruzione della Siria, sono costretti a rimanere in Libano ma questo è un grande peso economico, un grande peso nazionale, politico, un grande peso commerciale sul Paese. Viviamo per miracolo, possiamo dire

Il patriarca Raï con il cardinale Czerny
Il patriarca Raï con il cardinale Czerny

Però non manca l’accoglienza…

Non manca, non manca. Non abbiamo mai chiuso le frontiere.

Un pensiero, Eminenza, sulla pace. Invocazione ribadita nelle vostre preghiere di vescovi e patriarchi libanesi e nei continui appelli del Papa.

La pace è l’insieme di tutti i beni che il Signore elargisce al popolo e alle nazioni. La parola pace contiene tutti i beni. La pace è in mezzo a noi, la pace è tra le opere degli uomini perché quando Gesù nasce hanno cantato: “Gloria a Dio in cielo e sulla terra”. Quindi la Chiesa e il cristianesimo devono lavorare per edificare la pace.

Ed è possibile immaginare un Medio Oriente in pace?

Certo, certo che è possibile. Niente è impossibile

Abbiamo menzionato Papa Francesco. Cosa vuole dire al Santo Padre ricoverato al Gemelli?

Abbiamo pregato per lui in pubblico e preghiamo personalmente. Prega tutto il patriarcato, ognuno di noi ovunque si trova. Che il Signore vi aiuti, che lo guarisca, che posso sopportare questa situazione che sentiamo grave. Speriamo bene.

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21 febbraio 2025, 07:40