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"Conciliazione 5", in mostra le opere di Pei-Ming con i carcerati di Regina Coeli

Si inaugura oggi, 15 febbraio, sulla via che conduce i pellegrini a San Pietro, l'esposizione realizzata dal Dicastero per la Cultura in collaborazione con la popolazione carceraria della casa di reclusione romana. L'artista cinese, che ieri l'ha incontrata, ha dipinto i volti di detenuti e personale: mi interessa la soglia tra interno ed esterno, restituire lo sguardo sul senso di comunit¨¤ attraverso l'arte. Il cappellano don Trani: un'operazione straordinaria che d¨¤ dignit¨¤ a queste persone

Antonella Palermo - Città del Vaticano

La soglia tra il dentro e il fuori. Varcarla dall'esterno e percepire un senso di comunità. Lo si sperimenta nel carcere romano di Regina Coeli, coinvolto dal Dicastero per la Cultura per la realizzazione della mostra "Conciliazione 5" allestita sulla via omonima che conduce in Vaticano, e che si inaugura oggi, 15 febbraio, in occasione del Giubileo degli Artisti.

L'artista Pei-Ming nel carcere di Regina Coeli
L'artista Pei-Ming nel carcere di Regina Coeli

Yan Pei-Ming e i carcerati: l'epifania dei volti

L'artista Yan Pei-Ming, nato a Shanghai e formatosi in Francia dove vive e lavora, è molto emozionato all'arrivo a Regina Coeli, nel giorno che precede l'apertura dell'esposizione. Qui incontra alcuni dei soggetti che negli ultimi mesi ha potuto conoscere solo in foto, e da cui ha potuto ricavare i suoi toccanti dipinti. Attraversa il corridoio-biblioteca e giunge nella sala dove ad attenderlo in circolo c'è un gruppo di detenuti, la direttrice affiancata da alcuni collaboratori, il cappellano, un medico, alcuni volontari e le guardie carcerarie. È subito un mutuo riconoscimento, uno scambio di strette di mano, vigoroso e in qualche caso più timido, abbracci. Quasi una familiarità immaginata che in pochi minuti si rapprende, si rivela, si fa legame. Sotto la luce bianchissima dei neon, l'aria viziata ma colma di empatia, il saluto introduttivo di Claudia Clementi, che guida la casa circondariale, e quello della curatrice del progetto Cristiana Perrella. "Sono venuto a controllare se avevate lavorate bene", dice scherzosamente il pittore che all'attivo ha partecipazioni a rassegne internazionali tra cui due Biennali d'Arte a Venezia.

L'arte per dare dignità alle persone recluse

Pei-Ming dice di non essere del tutto nuovo a un'esperienza del genere, quella di ritrarre i volti di chi è recluso: in passato, nel '97, gli è capitato di condividere una settimana all'interno di una prigione femminile francese dove con le detenute si è immerso in una dimensione laboratoriale che ha restituito in pittura gli aspetti del quotidiano vivere dentro. Per questa occasione giubilare, invece, la proposta, che lo ha subito visto entusiasta, non ha consentito di lavorare a diretto contatto con i ristretti ma a distanza. "C'era poco tempo da poter sfruttare. Ha passato tutte le vacanze di Natale a dipingere a Shangai - sottolinea Perrella - lavorando 15 ore al giorno e offrendoci alla fine più opere di quante gliene avevamo richiesto: 27 rispetto alle 12 commissionate". Con l'aiuto di un detenuto di origini cinesi prestatosi a una breve traduzione per i presenti, l'accenno alla tecnica usata: acquerello con pennelli molto lunghi, con cartoncino adagiato sul pavimento, senza disegno preparatorio. Si sono così ricostruiti i volti di una comunità, "per darne dignità", precisa la curatrice. È in effetti il ritratto la specializzazione maturata da Pei-Ming, l'essere umano indagato nella sua essenza profonda e contraddittoria. Una delle guardie lo segue con particolare interesse, confida di essere anche lui un ritrattista. "Tutto il lavoro artistico è in realtà basato sul ritratto - osserva Yan - anche quando non sembra essere così". 

Il detenuto: "Se si perde la speranza si perde la voglia di vivere"

L'arte è duratura, eterna, la vita umana è breve, in confronto. Così, precisa ai media vaticani, alludendo al valore dell'arte che resiste al tempo ma vorrebbe resistere anche alla distruzione bellica che fa l'uomo del mondo. "Speriamo che non si arrivi a una catastrofe definitiva", chiosa. L'importante è restare uniti, umani, appunto. "Vedere il proprio ritratto è una emozione forte. Non ero mai passato per questa cosa, neanche l¡¯avrei mai immaginata, quindi è stato veramente bello", confessa uno dei carcerati. Gli manca poco alla fine della pena, ha passato sette anni dentro: "Bisogna sempre sperare in qualcosa di meglio, se si perde la speranza si perde anche la voglia di vivere. Speriamo in un futuro migliore".

Il cappellano: qui la speranza è vicinanza discreta

Di comunità che "emerge, come corpo unico", parla il cappellano don Vittorio Trani. "C'è una sintonia profonda, è molto bello", dice davanti a tutti e, ai media vaticani, spiega il modo in cui ai ristretti cerca di far cogliere la straordinarietà dell'evento giubilare: "Questi momenti vissuti con questa intensità permettono di vedere un volto del carcere che abitualmente non appare ma c'è. Lo sguardo verso il carcere, da parte del cittadino e poi da parte del cristiano, dovrebbe essere quello che ridà al detenuto dignità, indipendentemente dal problema reato. C'è in tutti i detenuti una sete di speranza; qui è necessario combattere la sfiducia così che si possa guardare oltre le sbarre. Una speranza fatta di vicinanza, di calore umano". Il sacerdote, con tantissimi anni alle spalle spesi accanto alle persone in prigione, precisa che occorre discrezione: Si tratta di "far sentire a questa gente le tante espressioni di quello che noi chiamiamo amore. È un insieme di espressioni di solidarietà, valorizzazione, rispetto senza farlo pesare. Qui in carcere bisogna fare così: far sentire che vuoi loro bene e li vuoi in qualche modo aiutare ma lasciare che siano loro, piano piano, a voler fare dei passi". 

Don Vittorio Trani, cappellano a Regina Coeli

Realizzato dallo Studio COR Architetti, il progetto vuole assottigliare i confini: stasera alle 18 la facciata del Regina Coeli si illuminerà con la proiezione dei ritratti di Pey-Ming e gli stessi ritratti nello spazio di via Conciliazione 5 saranno visibili, solo dall'esterno, dai pellegrini. Da persona a persona. In questo modo, si prosegue nella linea che tanto sta a cuore a Papa Francesco e che il cardinale Tolentino de Mendonça, prefetto del dicastero vaticano, sta portando avanti: portare l¡¯arte contemporanea in carcere. È stato fatto per la scorsa Biennale d'arte alla Giudecca, così come a Rebibbia dove per l'apertura della Porta Santa l'artista Marinella Senatore ha realizzato, sempre in collaborazione con la popolazione carceraria, l¡¯opera Io contengo moltitudini

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15 febbraio 2025, 14:34