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Il cardinale Parolin all'Accademia dei Lincei con il presidente Roberto Antonelli e il premio Nobel Giorgio Parisi Il cardinale Parolin all'Accademia dei Lincei con il presidente Roberto Antonelli e il premio Nobel Giorgio Parisi

Il cardinale Parolin: “La guerra non è più strumento lecito dell’azione internazionale”

Lectio del segretario di Stato vaticano alla conferenza all'Accademia dei Lincei di Roma su "La Santa Sede e gli scenari di pace". Illustrando l'azione della diplomazia vaticana, il porporato ha esortato ad uno "sforzo quotidiano" per il servizio della pace: “Un percorso faticoso ed incerto in un momento in cui la politica internazionale e i suoi leader sembrano restii a lanciare soluzioni”. Appello sui possibili "effetti collaterali" dell'Intelligenza Artificiale

Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano

L’Ucraina e la Palestina, il Medio Oriente in generale, il Myanmar, l’Etiopia, il Sudan, lo Yemen. Basta un rapido sguardo ai conflitti in corso nel mondo per vedere l’aumento delle vittime della guerra. “È proprio di fronte a un tale quadro che la diplomazia può manifestare tutto il suo peso e la sua capacità di porsi come efficace strumento di servizio alla causa della pace. Non si tratta, però, di trarre benefici da automatismi o lezioni del passato. Il servizio alla pace, infatti, comporta uno sforzo quotidiano per conoscere le situazioni, interpretarle e far comprendere che la guerra non è più uno strumento lecito dell’azione internazionale”. È uno dei passaggi centrali della lunga lectio che il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha tenuto questa mattina, 12 gennaio, nell’Accademia dei Lincei di Roma, sede di una delle istituzioni scientifiche più antiche d’Europa, dove si è svolta a conferenza “La Santa Sede e gli scenari di pace”.

Imporsi dei conflitti

Con a fianco il presidente Roberto Antonelli e il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, il cardinale ha riflettuto sull’attualità, dove gli unici scenari che si vedono sono quelli drammatici della guerra: “Viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse”, ha detto mutuando le parole del Papa nel Messaggio Urbi et Orbi dello scorso Natale. Proprio del Papa il cardinale ha richiamato gli appelli e ha elencato le attività svolte dalla diplomazia della Santa Sede sin dalla sua strutturazione a partire dal X–XI secolo e specialmente in questo momento di “confronto” tra l’imporsi dei conflitti e i desideri di pace: “Una dimensione che intimidisce e confonde la realtà internazionale e l’attività diplomatica, mentre perdono ragione gli strumenti giuridici e gli assetti istituzionali di popoli e nazioni”, ha detto.

Parisi, Parolin e Antonelli al termine della conferenza "La Santa Sede e gli scenari di pace"
Parisi, Parolin e Antonelli al termine della conferenza "La Santa Sede e gli scenari di pace"

Avviare e stabilizzare processi di pace

“La Santa Sede concorre agli sforzi che si compiono nel mondo per avviare o stabilizzare processi di pace nell’interesse delle persone, delle comunità, dei loro diritti fondamentali e delle loro aspirazioni”, ha rimarcato Parolin, che ha ricordato quei “principi” chiamati ad “orientare la condotta dei diversi attori verso l’autorità del diritto internazionale in modo che uguaglianza sovrana, integrità territoriale, non uso della forza, cooperazione allo sviluppo non siano semplici enunciazioni”.

Uso della forza e ricorso alle armi 

Confrontando la storia recente con i dati dell’attualità, il cardinale ha evidenziato l’importanza dell’obbligo della soluzione pacifica delle controversie. Oggi non solo è stato disatteso, ma “quasi ritenuto superato dal ricorso alle armi”. Sono tante le divisioni, tanti gli effetti dolorosi sui popoli sono determinati dai “comportamenti frutto solo dell’uso della forza o della deterrenza basata sul timore di armamenti sempre più sofisticati”, ha osservato il Segretario di Stato. “Non possiamo nasconderci che la fase storica che stiamo vivendo domanda una governance degli assetti internazionali che sia sinonimo di sicurezza e coesistenza pacifica, di rispetto della dignità umana e dei diritti conseguenti, e ancora veicolo di uno sviluppo solidale realmente umano”.   

I conflitti in corso, ha notato il porporato, evidenziano infatti una mancata adesione agli impegni internazionali per “il non uso di armi con effetti di distruzione di massa o per la messa al bando della loro produzione”. È preoccupante, e lo è pure “la denuncia degli impegni già sottoscritti”, che fa percepire “come siano mutate – o addirittura si siano perse – visioni eticamente ispirate, principi morali e concezioni anche religiose che fondano le regole giuridiche”.

Il cardinale all'Accademia dei Lincei
Il cardinale all'Accademia dei Lincei

Il percorso della pace incerto e faticoso

Con ancora negli occhi l’immagine delle guerre che insanguinano il pianeta, delle aggressioni e dell’uso indiscriminato delle armi, o del ricorso alla violenza terroristica all’interno degli Stati o tra gli Stati, Parolin ha affermato che “il percorso verso la pace è faticoso ed incerto nei risultati, soprattutto in un momento in cui anche la politica internazionale e i suoi leader sembrano restii a lanciare soluzioni”. “La giustificazione è nella contingenza che viviamo”: “fattori strutturali della nostra epoca” come migrazioni, cambiamenti climatici, tendenze demografiche, divario economico e tecnologico sono considerati “fattori di crisi contingenti”. E questo si traduce in “azioni à la carte ovvero espresse a motivo di urgenze ed emergenze”. Laddove l’azione internazionale, per la Santa Sede, dovrebbe uscire dalla logica emergenziale ed essere invece “capace di fronteggiare in modo continuativo i problemi e garantire così le esigenze della prevenzione”.

È un progetto ambizioso: “Non è raro vedere i diplomatici assistere impotenti a combattimenti, violenze o attentati, sperimentando quanto sia difficile prevenirli e fermarli”, ha ammesso il Segretario di Stato. Tutto ciò avviene mentre si moltiplicano le sofferenze di quanti perdono gli affetti o sono costretti a lasciare le loro case, la terra, il lavoro per iniziare un percorso verso un futuro ignoto: “Un quadro inquietante o che lascia inermi, di fronte al quale la diplomazia deve riscoprire il suo ruolo di forza preventiva, capace cioè di governare le minacce alla pace e alla sicurezza; di strumento per dare stabilità e futuro al post-conflitto, iniziando dal fare della solidarietà tra persone e popoli l’alternativa alle armi, alla violenza, al terrore”.

Un momento della conferenza
Un momento della conferenza

L'azione diplomatica della Santa Sede

La diplomazia, dunque, come “strumento privilegiato per unire idee divergenti, posizioni politiche contrapposte, visioni religiose e finanche ideologie differenti”. Quella della Santa Sede in particolare, ha spiegato Parolin, lavora nella prospettiva di raggiungere l’“ordine” tra persone, popoli e nazioni, quale garanzia della pacifica coesistenza. Oggi infatti “non basta scongiurare e rifiutare la guerra, ma vanno definite proposte di pace coerenti con il dinamismo della storia, con i fatti e gli avvenimenti che si producono”, ha sottolineato il cardinale.  Non basta neppure “aspirare alla pace”, occorrono “comportamenti concreti e coerenti, azioni mirate e, soprattutto, la piena coscienza che ognuno nel suo piccolo o grande mondo quotidiano, nei diversi incarichi e funzioni, è un ‘costruttore di pace’”.

La pace è un “traguardo”, ha aggiunto ancora il porporato. Per raggiungerlo servono esercizio della sovranità, rispetto degli obblighi assunti, sviluppo economico-sociale, libertà da fame, malattie e analfabetismo, protezione dei diritti fondamentali, giustizia, coesione sociale, protezione ambientale. Soprattutto è necessaria una “relazione” tra i membri della Comunità internazionale, che in primis la diplomazia della Santa Sede è chiamata a realizzare solidamente e fattivamente attraverso un “nobile” lavoro e anche un “paziente” lavoro, considerando “l’ampiezza della prospettiva da coprire”. Ma, d’altronde, “la cattolicità della Chiesa è questa.

I rischi dell'Intelligenza Artificiale

Da qui una riflessione sull’intelligenza artificiale e il suo legame con la pace, al centro anche del Messaggio di Papa Francesco in occasione della 57a Giornata Mondiale della Pace. L’IA è una realtà che “interroga” la diplomazia relativamente all’uso di tecnologie sofisticate nei conflitti, ha evidenziato Parolin. “La questione non tocca solo la tipologia degli armamenti e il loro effetto, ma il fatto che il loro impiego evidenzia un trasferimento di responsabilità per gli atti di guerra e per i loro ‘effetti collaterali’”. Il rischio è infatti che “responsabili non sono più le persone, ma le macchine, i software e i diversi applicativi”.

 

 

 

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12 gennaio 2024, 16:00