Parolin: i Balcani hanno bisogno di investire nella cultura dell'incontro
Alessandro Di Bussolo - Città del Vaticano
Papa Francesco immagina l’Europa come un “cammino di fraternità”, un “baluardo di pace” fatto di Stati “che non si sono uniti per imposizione ma per libera scelta del bene comune, rinunciano per sempre alla prospettiva del confronto” e sogna un’Europa così anche per tutti i Paesi della regione balcanica, “che ha molto cari” avendoli visitati più volte. Così il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ribadisce la vicinanza del Papa e della Santa Sede nel suo intervento al Forum sul dialogo e la pace nei Balcani che si tiene oggi e domani, 17 al 18 giugno, a Capodistria, in Slovenia. Un incontro interreligioso dal titolo “Pace a te, Europa! Pace a te, Balcani!” promosso dalla Conferenza episcopale slovena, al quale partecipano rappresentanti di alto livello del cristianesimo, con esponenti cattolici, ortodossi e luterani, islam ed ebraismo, da 15 Paesi della penisola balcanica e della vicina penisola dell'Asia Minore.
I Balcani, "polveriera" ma anche esempio di coesistenza pacifica
Nel suo intervento all’incontro di apertura, la mattina di sabato 17 nella sala protocollo di San Francesco d'Assisi, come delegato speciale del Papa, dopo aver ringraziato per l’invito monsignor Petar ?tumpf, vescovo di Murska Sobota e vicepresidente della conferenza episcopale slovena, il cardinale Parolin sottolinea che è significativo “che questo Forum sia organizzato in Slovenia, che, pur non facendo parte geograficamente della regione balcanica”, rimane così comunque fedele “alla sua vocazione di crocevia di popoli e di ponte tra mondi e culture diverse”. E aggiunge che nel mondo di oggi, “dilaniato da guerre come quella in Ucraina e da altri conflitti, è fondamentale discutere di pace e dialogo”. Ed è ancora più appropriato farlo in relazione alla regione balcanica, che a volte è stata definita la "polveriera d'Europa", ma è anche stata testimone “di straordinari esempi di coesistenza pacifica tra persone di etnie, culture e religioni diverse nel corso dei secoli”.
Una società di differenze come ricchezza, distrutta con la guerra
Lo si vede, sottolinea il segretario di Stato, “nell'architettura di molte città balcaniche, dove cattedrali cattoliche e ortodosse, moschee musulmane e sinagoghe ebraiche si protendono verso il cielo”. La storia di questi Paesi “ha dimostrato come sia possibile creare una società in cui le differenze non siano un peso ma una fonte di ricchezza”, ma anche, purtroppo, “quanto poco ci voglia per distruggere una società di questo tipo, come abbiamo visto tutti negli anni Novanta”.
L'impegno della Santa Sede nella regione balcanica
La Santa Sede, prosegue il porporato vicentino, impegnata nel vasto campo della pace, fedele alle parole di Gesù "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio", è sempre stata percepita “come un attore internazionale sovrano e indipendente, libero da interessi materiali”(politici, economici e militari)”. Per questo è considerata in grado “di mediare i conflitti tra gli Stati o di assistere la riconciliazione delle parti in conflitto, anche all'interno degli Stati”. Ed è quello che ha cercato di fare, ricorda il cardinale Parolin, nella regione balcanica, fin da prima “della dissoluzione della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia”, con azioni sempre “coerenti e in assoluta fedeltà alla missione della Chiesa nel mondo”, come sottolineato dal Concilio Vaticano II. E di fronte alla nuova situazione creata dalle elezioni politiche del 1990, con le “emergenti tendenze separatiste in Croazia e Slovenia”, la Santa Sede, ribadisce il responsabile della diplomazia vaticana “ha adottato un atteggiamento di grande prudenza”.
Gli sforzi di pace durante il conflitto degli anni Novanta
Il segretario di Stato così ricorda che “dal gennaio 1991, la Santa Sede ha alzato la voce, chiedendo il rispetto del diritto dei popoli all'autodeterminazione, il rispetto dei diritti degli individui e delle comunità nazionali e il rifiuto dell'uso della forza per risolvere le controversie”. Lo ha fatto incoraggiando “l'instancabile ricerca del dialogo tra le parti e il ristabilimento di una coesistenza pacifica tra i popoli della Jugoslavia, basata sul rispetto reciproco e sulla giustizia”. Con l’inizio delle operazioni armate in Slovenia e Croazia, il 25 giugno 1991, prosegue il porporato l'azione della Santa Sede si è fatta “ancora più insistente”, e con l'aggravarsi della situazione, “crebbe la convinzione che il riconoscimento internazionale dell'indipendenza di Croazia e Slovenia potesse facilitare il perseguimento della pace”. Per questo la Santa Sede promosse “l'emergere di un consenso internazionale sul riconoscimento immediato delle due Repubbliche”.
Gli appelli di san Giovanni Paolo II ai leader religiosi
Ma nello stesso tempo, Papa Giovanni Paolo II, per promuovere “una profonda opera di riconciliazione - ricorda ancora il cardinale Parolin - ha fatto ripetutamente appello ai credenti e ai leader religiosi delle tre comunità presenti in quelle Repubbliche: cattolici, ortodossi e musulmani, esortandoli a intensificare il dialogo e l'azione comune nella ricerca di un clima di pace e di una cultura dell'incontro tra popolazioni diverse, destinate a vivere insieme nella nascente nuova Europa”. Anche oggi sottolinea il segretario di Stato “i Balcani hanno bisogno di investire molto in questa cultura dell'incontro per superare la cultura dello scontro”, un tema molto caro a Papa Francesco.
Il dialogo interreligioso fondamentale per il futuro dei Balcani
Uno degli elementi importanti della cultura dell'incontro, accanto all'ospitalità e all'impegno, chiarisce il porporato, è il dialogo, che significa, spiega il Papa nell’Enciclica "avvicinarsi, esprimersi, ascoltare, guardarsi, conoscersi, cercare di capirsi, cercare punti di contatto". Dialogo che è questione cruciale nell'era della globalizzazione, e se interreligioso “è anche di particolare importanza per il futuro pacifico dei Balcani, dove le culture latina, bizantina e islamica si sono incontrate e talvolta scontrate per secoli”.
Francesco a Sarajevo: leader religiosi primi custodi della pace
Parolin ricorda le parole di Francesco nella sua visita a Sarajevo del giugno 2015, quando sottolineò che “il dialogo interreligioso, qui come altrove nel mondo, è una condizione essenziale per la pace, e quindi un dovere per tutti i credenti” e che quindi i leader religiosi “sono i primi custodi della pace”. Rafforzando questo dialogo, commenta il segretario di Stato “si può resistere all'estremismo, che purtroppo si manifesta anche all'interno delle religioni”. Molte volte l’attuale Pontefice ha esortato al dialogo ecumenico e interreligioso per “costruire ponti anziché muri” perché così si costruisce il futuro. “Un ponte unisce, crea comunione, apre le porte al dialogo e alla conoscenza e consolida i territori – sottolinea il porporato - Un muro, invece, separa, disintegra, promuove l'autoreferenzialità e la chiusura e limita gli orizzonti”. Nei Balcani servono ponti come quello sul fiume Drina, “protagonista del famoso romanzo di Ivo Andri?, figlio e interprete di queste terre” Premio Nobel per la letteratura 1961. Il ponte di Vi?egrad, divenuto simbolo della fusione di due mondi diversi, per Parolin “invita queste terre e tutti coloro che le abitano a rimanere radicati in queste fondamenta per costruire un futuro di comunione e relazioni costruttive”.
La Santa Sede appoggia l'aspirazione dei Paesi all'ingresso nell'Ue
Il segretario di Stato ha citato poi le parole di Papa Francesco in un'altra visita nella regione, in Macedonia del Nord nel maggio 2019, quando a Skopje ha affermato che le caratteristiche speciali di questa terra, legate alla sua “composizione multinazionale e multireligiosa” sono “anche di significativa rilevanza nel cammino verso una più stretta integrazione con i Paesi europei”. Esprimendo la speranza “che tale integrazione si sviluppi positivamente per l'intera regione dei Balcani occidentali, nel rispetto della diversità e dei diritti fondamentali”. La Santa Sede, ribadisce il cardinal Parolin, guarda con favore all’aspirazione dei Paesi dei Balcani occidentali a un'integrazione nell’Unione Europea, “la sostiene con forza e spera che trovi una valida e piena realizzazione per alleviare il senso di abbandono che affligge i cittadini che guardano con speranza all'Unione Europea per un futuro di crescita e prosperità”.
Nel pomeriggio l'evento per i giovani, domenica la Messa
Nel pomeriggio di sabato il Forum prosegue alle 17 con l’evento “Giovani per la pace” nella Taverna di Capodistria, preparato da giovani di varie comunità religiose della Slovenia e di altre parti dei Balcani. Il filo rosso del programma sarà il desiderio di pace dei giovani e la loro volontà di essere pronti a lavorare per la pace nelle loro comunità religiose e nei loro ambienti insieme agli adulti. Alle 21, nella cattedrale dell'Assunzione di Maria a Capodistria, è previsto un concerto d'organo con solisti, alla presenza dei leader religiosi e sociali. Domenica mattina alle 10, nella stessa cattedrale, il cardinale Parolin presiede la Santa Messa solenne, concelebrata dal nunzio apostolico in Slovenia, l'arcivescovo Jean Marie-Speich, dal vescovo di Capodistria Jurija Bizjak e dai vescovi e sacerdoti sloveni.
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