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Papa Francesco e i ragazzi di Scholas Occurentes Papa Francesco e i ragazzi di Scholas Occurentes

Scholas Occurentes: lo sport per un nuovo patto educativo

In piena pandemia, la Fondazione pontificia non lascia soli i ragazzi ma organizza forum per discutere insieme del futuro, tra paure e opportunità. Oggi pomeriggio, l’appuntamento on line si è concentrato sullo sport. A confronto esperti del settore, ex professionisti per offrire nuove prospettive e nuovi orizzonti. Intervista al campione olimpico di pugilato Roberto Cammarelle

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Lo sport come scuola di vita. E’ l’assunto dal quale Scholas Occurentes, la Fondazione pontificia voluta da Papa Francesco, parte per educare i giovani all’apertura verso il prossimo. Una sfida che in questo tempo di emergenza coronavirus è ancora più urgente raccogliere perché i ragazzi rischiano di isolarsi nel loro mondo, di chiudersi nell’apatia, di cercare risposte errate sul web. Così Scholas Occurentes sta cercando di non lasciare i giovani soli di tanti Paesi del mondo, organizzando ogni mercoledì alle 16 delle riunioni attraverso la piattaforma Zoom per affrontare temi come la solitudine, la scuola, le conseguenze della pandemia sulla loro vita.

Un nuovo patto educativo

Oggi pomeriggio, lo sport è stato al centro della discussione, tra diversi esperti. “Papa Francesco, ci invita oggi a unirci in un "patto educativo" con politici, bambini, genitori, atleti per un’educazione che abbia senso”: ha spiegato all'Osservatore Romano il direttore mondiale di Scholas, Enrique Palmeyro. Uno strumento prezioso per aprire diversi orizzonti esistenziali e creare nuovi modelli di educazione.

 

Cammarelle: promuovere percorsi di crescita per i ragazzi

Tra i partecipanti, oltre agli ex calciatori Gianluca Zambrotta e Filippo Galli, l’ex cestista Raffaella Masciadri, presidente oggi della Commissione nazionale atleti del Coni, c’era anche l’ex pugile Roberto Cammarelle, membro della giunta del Comitato olimpico italiano. La sua storia è segnata dalla dedizione alla boxe con traguardi importanti come l’oro di Pechino 2008 e la finale persa a Londra, 4 anni dopo, per decisione dei giudici. Dopo l’agonismo, l’impegno con i giovani anche sul fronte del cyberbullismo e l’incontro con l’importante realtà di Scholas Occurentes:

Ascolta l'intervista a Roberto Cammarelle

R. – Noi abbiamo avuto la fortuna di incontrare il Papa, lo scorso ottobre. Nell’occasione abbiamo organizzato una manifestazione con gli amici pugili argentini; un match Italia – Argentina che è stato il viatico per iniziare a collaborare sui valori etici della boxe. Abbiamo fatto un percorso di formazione dei nostri tecnici. Il nostro è uno sport che ha due facce della medaglia: il meraviglioso mondo della boxe visto come lealtà, sacrificio e tante altre cose ma purtroppo c’è anche un mondo che lo vede come uno sport duro e violento. Noi cerchiamo di far capire soprattutto nella boxe olimpica che non è così.

Un patrimonio di valori che, in questo momento di pandemia, è fondamentale soprattutto per i ragazzi che, in questo periodo, sono a casa e si sentono costretti a restarci…

R. – Esatto! Noi dobbiamo essere un’alternativa soprattutto ora che tutti sono a casa e il ricorso ai social è molto forte. Dobbiamo e vogliamo cercare di dare messaggi positivi all’interno della rete perché, sempre di più purtroppo, i social diventano territorio di nessuno oppure terreno per far fiorire il cyberbullismo. Oggi ho il piacere insieme ad altri campioni dello sport di raccontare la mia esperienza e di dare il mio esempio positivo sperando di smuovere le coscienze perché noi sportivi possiamo far capire che c’è un’alternativa all’essere arrabbiati, al doversi sfogare sui social che sono un mondo separato dove non c'è il confronto fisico. Prima se dovevi dire una cosa a qualcuno anche una cosa cattiva ti assumevi il rischio, la presa di responsabilità mentre oggi scrivere su un cellulare, un tablet una frase cattiva ti assicura l’impunità. Bisogna fare un percorso di crescita e di formazione in questo senso.

Lei è stato un campione di pugilato, uno sport – come ci ha detto – dal doppio risvolto: appare violento ma c’è invece il rispetto per l’avversario, la correttezza sul ring..

R. – E soprattutto il rispetto per sé stessi perché se non ti alleni, se non ti prendi cura di te stesso andrà male. Rispetto dell’avversario perché ci sono regole; rispetto dei giudici arbitri che giudicano in quel momento anche se non credi sia una decisione giusta. La mia storia è di esempio perché alle Olimpiadi di Londra ho perso la finale ma ho reagito come si deve fare: accettando il verdetto. Poi c’è il rispetto del pubblico che paga il biglietto che guarda l'incontro soprattutto te anche se fischia.

Nel suo impegno con i giovani, in questi anni, ha avvertito da parte loro un sentire più forte, una richiesta? C’è una storia che l’ha colpita particolarmente?

R. – Io vedo la boxe un po' in maniera romantica, perché si racconta la propria storia sul ring, quando si combatte si racconta la propria voglia di vincere, il proprio sacrificio. Posso fare un esempio che per me è straordinario. Un ragazzo, Valentino Manfredonia, adottato in Brasile da una famiglia napoletana. Lui ha fatto pugilato e, dopo 20 anni, ha coronato un sogno meraviglioso: andare alle Olimpiadi in Brasile, nel 2016, è tornato lì da dove era partito per far vedere quanto è cresciuto con questo sport. 

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11 maggio 2020, 16:57