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Maratona virtuale di Scholas Occurentes contro il bullismo

Dalle 12 di oggi fino alle 8.30 di domani mattina è in corso lo #StopCyberbullyingDay/24h Scholas Talks: una maratona online su bullismo e cyberbullismo alla quale prendono parte 130 rappresentanti di 20 Paesi. Esperienze di dolore e di rinascita, un confronto all’insegna del dialogo come auspicato da Papa Francesco nel suo videomessaggio a Scholas Occurentes

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Fare rete, una rete di bene, una rete di speranza e di luce. E’ questo l’intento della lunga maratona sul web, partita stamani e che si concluderà domani mattina, promossa dalla Fondazione pontificia Scholas Occurrentes in collaborazione con Time4Child, Cooperativa Sociale Onlus, e con il supporto di OVS, in occasione dello #StopCyberbullyingDay. Una diretta mondiale pensata per discutere e confrontarsi – come suggerito da Papa Francesco nel suo videomessaggio - sul tema del bullismo e del cyberbullismo, alla quale prendono parte 130 tra giovani, esperti, rappresentanti di istituzioni, aziende, da più di 20 Paesi diversi. Tra i contributi anche quello del cantante Mahmood, molto attivo sui social, e il cui brano di successo “Soldi” ha ottenuto il record italiano di 100 milioni di visualizzazioni.

Un giovane su 5 vittima di cyberbullismo

Presentato anche il primo rapporto globale sul cyberbullismo di Wezum, l’osservatorio giovani della Fondazione pontificia. Un sondaggio che ha coinvolto oltre 5mila ragazze e ragazzi di tutto il mondo ed unito dati da varie fonti, per provare a fotografare la realtà di questo fenomeno così complesso. Si rileva che un giovane su 5 è stato vittima di cyberbullismo, che le ragazze denunciano più frequentemente rispetto ai ragazzi e che si chiede aiuto prima agli insegnanti e poi ai genitori. A collaborare alla stesura del report la professoressa Maria Cinque, docente in Scienze dell’educazione alla Lumsa di Roma. “Abbiamo incrociato dati diversi a livello globale – spiega ai nostri microfoni – e il range va dal 6% in alcuni Paesi a 21 in altri. Emerge un gap riguardante i Paesi in via di sviluppo che nei prossimi anni si troveranno a fronteggiare il fenomeno e per loro è necessario preparare al meglio gli insegnanti. Oltre a mappare la situazione abbiamo anche comparato il quadro legislativo e abbiamo evidenziato che ci sono normative differenti e definizioni diverse di cyberbullismo, un fenomeno che sta cambiando, ora nel mirino ci sono gli adulti e in particolare i docenti”. La professoressa Cinque sottolinea che ci sono circa 100 buone pratiche che possono essere di esempio per alcuni Paesi; c’è ad esempio un programma on line fatto da una rete di indigeni in cui si scambiano esperienze per migliorare la qualità della vita. Sfatato anche il mito dei “nativi digitali”, la docente richiama i genitori alle regole per i ragazzi che navigano il web; altro gap sono le misure preventive nei confronti dell’aggressore che potrebbe avere una personalità da leader ma indirizzata in modo negativo.

Ascolta l'intervista a Maria Cinque

Arturo, le coltellate non mi hanno cambiato 

Toccante la testimonianza di Arturo Iavarone, oggi 18enne, che ha raccontato la sua storia di vittima di violenza da parte di una baby gang. Arturo, in una lettera al Papa, ha spiegato la sua rinascita, invitando le istituzioni a prendere coscienza della criminalità minorile e a credere in un Paese dove a tutti sia concessa “la possibilità di crescere nel rispetto dei valori civili e morali”. “Stavo passeggiando in centro a Napoli – racconta il giovane – sono stato aggredito con 14 coltellate. Non conoscevo nessuno dei ragazzi che mi stavano colpendo e credo che io sia stato il primo a capitargli tra le mani. Non c’era alcuna ragione”. Arturo arriva in ospedale in condizioni disperate, con la giugulare recisa, un polmone perforato e solo una corda vocale. Lotta con tutto se stesso e vince la battaglia della vita. In carcere finiscono ragazzi dai 13 ai 17 anni condannati ad oltre 9 anni di detenzione. “Ho cercato di trasformare questa cosa in un qualcosa di positivo – afferma Arturo – anche se non è scontato né semplice. Sto lavorando su me stesso ma anche impegnandomi nell’associazione Artur che offre aiuto a chi è vittima di bullismo. Se penso ai miei aggressori vedo la mancanza di figure di riferimento come i genitori, gli insegnanti ma anche luoghi di aggregazione come gli oratori, come il dopo-scuola, l’associazione del quartiere”. Arturo confessa di non aver mai avuto un gesto di vicinanza dai ragazzi che lo hanno aggredito ma dice che la sua esperienza, seppur triste, non lo ha cambiato in modo negativo. “Non bisogna permettere che le cose brutte ti condizionino la vita in peggio, non bisogna permetterlo mai”.

Ascolta l'intervista ad Arturo Iavarone

L’associazione Artur

Maria Luisa Iavarone è la mamma di Arturo, ma è anche una docente all’Università di Napoli. Dopo l’aggressione al figlio, sceglie la strada dell’associazionismo per incidere sulla società con iniziative di aiuto e sostegno a chi è vittima di bullismo. “Artur – spiega- è l’acronimo di Adulti Responsabili per un Territorio Unito contro il Rischio, è nata due anni fa. Dobbiamo lavorare per far sì che i genitori colgano i segnali di devianza dei figli o si accorgano della loro rabbia per intervenire. Chi colpisce con violenza lo fa perché non è stato accompagnato. Ci troviamo – ci racconta - in un’epoca di passioni tristi dove i genitori sono sempre più messi in discussione, l’autorità degli insegnanti è un’arma spuntata e i ragazzi sono più soli e isolati nelle tecnologie: questo favorisce un aumento della devianza”.

Ascolta l'intervista a Maria Luisa Iavarone

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21 giugno 2019, 15:41