ҽ

Musei Vaticani: omaggio a san Paolo VI, il Papa degli artisti

La Collezione d’arte contemporanea dei Musei Vaticani, creata nel 1973 da Papa Montini, celebra la canonizzazione del suo fondatore con una mostra fotografica di alcuni dei momenti più significativi del dialogo che Paolo VI riattivò tra Chiesa e mondo dell’arte. Sarà aperta fino al 31 gennaio 2019

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Per rendere omaggio a Papa Montini in occasione della sua canonizzazione, i Musei Vaticani promuovono un simbolico evento espositivo negli ambienti che accolgono la raccolta d’arte, oggi chiamata Collezione d'arte contemporanea, che fu ideata proprio da Paolo VI, e da lui fortemente voluta e sostenuta negli anni del suo pontificato. “L’ artista è Profeta e Poeta” è il titolo di questo intimo ma doveroso tributo fotografico da parte dei Musei del Papa, ed è una citazione del che il Pontefice bresciano tenne il 23 giugno del 1973 in occasione dell’inaugurazione della nuova Collezione.

Paolo VI agli artisti: rifacciamo la pace? 

Parole che erano già state precedute, dieci anni prima, dall’, il 7 maggio 1964 nella Cappella Sistina, in cui Paolo VI aveva espresso chiaramente l’intento di annullare la distanza che si era creata tra Chiesa e artisti e di ricomporre così un legame da troppo tempo interrotto. Per fare seguito a quell’auspicio, il segretario personale di Paolo VI, monsignor Pasquale Macchi, coordina un’operazione che in nove anni, grazie alle donazioni di artisti, collezionisti, enti privati e pubblici, senza gravare sul bilancio della Santa Sede permette di raccogliere un buon numero di opere di pittura, scultura e grafica. Unite al piccolo nucleo di opere del Novecento, entrate nella Pinacoteca Vaticana già alla fine degli anni Cinquanta, per volere di Pio XII, creano un patrimonio di mille opere, che costituisce l’iniziale “Collezione d’arte religiosa moderna”.

Da Matisse a Chagall, fino a van Gogh

Oggi, con il nome Collezione d'arte contemporanea, conta più di 8000 opere. Tra i molti nomi importanti, spiccano quelli di van Gogh, Bacon, Botero, Chagall, Carrà, Dalì, de Chirico, Manzù, Capogrossi, Fontana, Burri e Matisse. A quest’ultimo è dedicata un’intera sala, inaugurata nel 2011, che ospita il preziosissimo nucleo di opere, cartoni preparatori (scala 1:1) delle vetrate e delle decorazioni in ceramica della Cappella del Rosario di Vence, in Provenza, entrate nelle collezioni vaticane nel 1980, grazie alla straordinaria donazione del figlio dell’artista, Pierre Matisse.

Pannelli fotografici nelle sale dell'Appartamento Borgia

Fino al 31 gennaio 2019, lungo il percorso della Collezione, che si snoda nelle sale dell’Appartamento Borgia fino all’ingresso della Cappella Sistina, il visitatore dei Musei Vaticani trova quindi ad attenderlo una piccola ma significativa selezione di foto d’epoca che testimoniano alcune tappe fondamentali della storia della Collezione, e tributano un doveroso riconoscimento alla modernità e lungimiranza del suo fondatore. A Micol Forti, direttore della collezione d’arte contemporanea dei Musei Vaticani e curatrice della mostra, ricordiamo le parole di grande fiducia di Papa Paolo VI verso l’artista moderno, pronunciate il giorno dell’inaugurazione della Collezione, e che danno il titolo all’omaggio fotografico. L’artista, disse in quell’occasione san Giovan Battista Montini è Profeta e Poeta, a suo modo, dell’uomo d’oggi, della sua mentalità, della società moderna”.

Paolo VI ha avuto un’enorme fiducia nell’arte e negli artisti, riconoscendo ad entrambi quasi un carattere di missione. Nel processo creativo riconosceva la possibilità di far vedere qualcosa che non era realmente visibile, (di poter affermare qualcosa che non è pienamente dicibile). In cui razionalità, conoscenza, fede, fiducia e mistero convivono. Questa visione, questa fiducia, Paolo VI l’ha voluta affidare agli artisti contemporanei, non solo a quelli del passato. Ed è proprio per questo che ha creato la collezione d’arte religiosa moderna all’interno dei Musei Vaticani, come luogo che potesse testimoniare, e continuare a farlo nel presente, il dolore e il mistero, la gioia e l’incanto che sono nel processo della creazione, nel suo dialogo con la trascendenza.

Proprio perché i Musei, diceva Papa Montini, non possono essere solo magnifici cimiteri…

R. - Ovvero non sono dei luoghi immobili in cui si contempla il passato, ma sono dei luoghi vivi. Il nostro modo oggi di leggere la Cappella Sistina di Michelangelo, di avvicinarci alla deposizione di Caravaggio, è frutto del nostro essere cittadini e abitanti del nostro tempo. E’ il presente che guida il modo di conoscere il passato. Dunque il museo è il luogo principe in cui non solo si custodisce la memoria, ma custodendola si costruisce anche il futuro.

Nel 1973, inaugurando questa collezione, san Paolo VI si augurava una primavera dell’arte religiosa post-conciliare. Questa primavera c’è stata?

R. - Il Concilio Vaticano II ha lasciato delle importanti riflessioni sull’arte sacra e sull’arte sacra contemporanea. L’auspicio di san Paolo VI era quello che la nascita di questa collezione e la sua azione nell’arco del suo pontificato potessero non solo riaprire il dialogo ma anche creare una nuova fertile stagione. Le problematiche sono ancora molte e non possiamo dare una risposta pienamente affermativa. Ovvero questa rinascita è ancora in corso. Quello che possiamo sicuramente dire è che l’attività all’interno delle nuove Chiese, dei nuovi edifici di culto di tutte le diocesi attive in Italia, è estremamente fertile, dunque si produce tanto. E che l’arte all’interno di esse ha bisogno di coraggio, di conoscenza, di sapienza e di contatto con la comunità ecclesiale, dove quella Chiesa agisce e prolifica.

Ma nell’arte di oggi il mistero, il trascendente e il religioso in senso lato hanno ancora cittadinanza? Ispirano ancora gli artisti?

R. - Gli artisti, soprattutto i grandi artisti, e a loro facevano riferimento Paolo VI e i padri conciliari, sono sempre uomini interessati al mistero e alla religione, intesi forse come sfida più alta di quella missione di creatori dell’invisibile e dell’indicibile che Paolo VI gli riconosceva. Riuscire a coinvolgerli e a chiamarli in un progetto anche ecclesiale, oltre che estetico, sarà la vera sfida del domani.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

06 novembre 2018, 16:25