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Card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi Card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi 

Lettera aperta del card. Ouellet sulle recenti accuse alla Santa Sede

Il card. Ouellet si rivolge a mons. Carlo Maria Viganò affermando che le sue accuse sono una montatura politica priva di un reale fondamento. Tutto ciò non può venire dallo Spirito di Dio. Quindi l'appello: esci dalla tua clandestinità, pentiti della tua rivolta e torna a migliori sentimenti nei confronti del Papa

La Sala Stampa vaticana ha pubblicato oggi una Lettera aperta del card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, sulle recenti accuse alla Santa Sede. Ne riportiamo di seguito il testo integrale secondo una traduzione di lavoro dall'orginale francese.

 

Caro confratello Carlo Maria Viganò,

Nel tuo ultimo messaggio ai media, in cui denunci Papa Francesco e la Curia romana, mi esorti a dire la verità su dei fatti che tu interpreti come un’endemica corruzione che ha invaso la gerarchia della Chiesa  fino  al  suo  più  alto  livello.  Con  il  dovuto  permesso  pontificio,  offro  qui  la  mia  personale testimonianza, come Prefetto della Congregazione per i Vescovi, sulle vicende riguardanti l’Arcivescovo emerito  di  Washington  Theodore  McCarrick  e  sui  suoi  presunti  legami  con  Papa  Francesco,  che costituiscono  l’oggetto  della  tua  clamorosa  pubblica  denuncia  così  come  della  tua  pretesa  che  il  Santo Padre si dimetta. Scrivo questa mia testimonianza in base ai miei contatti personali e ai documenti degli archivi della suddetta Congregazione, che sono attualmente  oggetto di uno studio per far luce su  questo triste caso.

Consentimi di dirti innanzitutto, in piena sincerità, in forza del buon rapporto di collaborazione esistito tra noi quando eri Nunzio a Washington, che la tua attuale posizione mi appare incomprensibile ed  estremamente  riprovevole,  non  solo  a  motivo  della  confusione  che  semina  nel  popolo  di  Dio,  ma perché le tue accuse pubbliche ledono gravemente la fama dei  Successori degli Apostoli. Ricordo di aver goduto  un  tempo  della  tua  stima  e  della  tua  confidenza,  ma  constato  che  avrei  perso  ai  tuoi  occhi  la dignità che mi riconoscevi, per il  solo  fatto di essere rimasto fedele agli orientamenti del Santo Padre nel servizio  che  mi  ha  affidato  nella  Chiesa.  La  comunione  con  il  Successore  di  Pietro  non  è  forse l’espressione  della  nostra  obbedienza  a  Cristo  che  l’ha  scelto  e  lo  sostiene  con  la  Sua  grazia?  La  mia interpretazione di  Amoris Laetitia  che tu lamenti, si inscrive in questa fedeltà alla  tradizione vivente, di  cui Francesco ci ha dato un esempio con la recente modifica del Catechismo della  Chiesa Cattolica sulla questione della pena di morte.

Veniamo ai fatti. Tu dici di aver informato Papa Francesco il 23 giugno 2013 sul caso McCarrick nell’udienza che ha concesso a te, come a  tanti altri rappresentanti pontifici da lui allora incontrati  per la prima  volta  in  quel  giorno.  Immagino  l’enorme  quantità  di  informazioni  verbali  e  scritte  che  egli  ha dovuto  raccogliere  in  quell’occasione  su  molte  persone  e  situazioni.  Dubito  fortemente  che  McCarrick l’abbia interessato al punto che tu vorresti far credere, dal momento che era un Arcivescovo emerito di 82 anni e da sette anni senza incarico. Inoltre le istruzioni scritte, preparate per te dalla Congregazione per i Vescovi all’inizio del tuo servizio nel 2011, non dicevano alcunchè di McCarrick, salvo ciò che ti dissi  a voce della sua situazione di Vescovo emerito che doveva obbedire a certe condizioni e restrizioni a causa  delle voci attorno al suo comportamento nel passato.

Dal 30 giugno 2010, da quando sono Prefetto di questa Congregazione, io non ho mai portato in udienza presso Papa Benedetto  XVI o Papa Francesco il caso McCarrick,  salvo  in  questi ultimi giorni, dopo la sua decadenza dal Collegio dei Cardinali. L’ex-Cardinale,  andato in pensione  nel maggio 2006, era stato fortemente esortato  a non viaggiare e a non comparire in pubblico, al fine di non provocare altre dicerie a suo riguardo. È falso presentare le misure prese nei suoi confronti come “sanzioni” decretate da Papa Benedetto XVI e annullate da Papa Francesco. Dopo  il  riesame degli archivi, constato che non vi sono  documenti  a  questo  riguardo  firmati  dall’uno  o  dall’altro  Papa,  né  nota  di  udienza  del  mio predecessore,  il  Cardinale  Giovanni-Battista  Re,  che  desse  mandato  dell’obbligo  dell’Arcivescovo emerito McCarrick al silenzio e  alla vita privata,  con il rigore di pene canoniche.  Il motivo è che non si disponeva allora, a differenza di oggi, di prove sufficienti della sua presunta colpevolezza. Di qui la posizione  della  Congregazione  ispirata  alla  prudenza  e  le  lettere  del  mio  predecessore  e  mie  che ribadivano,  tramite  il  Nunzio  Apostolico  Pietro Sambi e poi  anche tramite  te, l’esortazione a uno stile di vita discreto di preghiera e penitenza per il suo stesso bene e per quello della Chiesa. Il suo caso sarebbe stato  oggetto  di  nuove  misure  disciplinari  se  la  Nunziatura  a  Washington  o  qualunque  altra  fonte,  ci avesse fornito delle informazioni recenti e decisive sul suo comportamento. Mi auguro come tanti che, per rispetto delle vittime ed esigenza di giustizia, l’indagine in corso  negli Stati Uniti e nella Curia romana ci offra  finalmente  una  visione  critica  complessiva  delle  procedure  e  delle  circostanze  di  questo  caso doloroso, affinché fatti del genere non si ripetano nel futuro.

Come  può  essere  che  quest’uomo  di  Chiesa,  di  cui  oggi  si  conosce  l’incoerenza,  sia  stato promosso  a  più  riprese,  sino  a  rivestire  le  altissime  funzioni  di  Arcivescovo  di  Washington  e  di Cardinale? Io stesso ne sono assai stupito e riconosco dei difetti nel procedimento di selezione che è stato condotto nel suo caso. Ma senza entrare qui nei dettagli, si deve comprendere che le decisioni prese dal Sommo  Pontefice  poggiano  sulle  informazioni  di  cui  si  dispone  in  quel  preciso  momento  e  che costituiscono l’oggetto di un giudizio prudenziale che non è infallibile. Mi sembra ingiusto concludere che le persone incaricate del discernimento previo siano corrotte anche se, nel caso concreto, alcuni indizi forniti da testimonianze avrebbero dovuto essere ulteriormente esaminati. Il prelato in causa ha saputo difendersi  con  grande  abilità  dai  dubbi  sollevati  a  suo  riguardo.  D’altra  parte,  il  fatto  che  vi  possano essere in Vaticano  persone che praticano e sostengono comportamenti contrari ai valori del Vangelo in materia di sessualità, non ci autorizza a generalizzare e a dichiarare indegno e complice questo o quello e persino  lo  stesso  Santo  Padre.  Non  occorre  innanzitutto  che  i  ministri  della  verità  si  guardino  dalla calunnia e dalla diffamazione?

Caro Rappresentante Pontificio emerito, ti dico francamente che  accusare Papa Francesco di aver coperto  con  piena  cognizione  di  causa  questo  presunto  predatore  sessuale  e  di  essere  quindi  complice della corruzione che dilaga nella Chiesa, al punto di ritenerlo indegno di continuare la sua riforma come primo pastore della Chiesa, mi risulta incredibile ed inverosimile  da tutti i punti di vista. Non arrivo a comprendere come tu abbia potuto lasciarti convincere di questa accusa mostruosa che non sta in piedi. Francesco  non  ha  avuto  alcunché  a  vedere  con  le  promozioni  di  McCarrick  a  New  York,  Metuchen, Newark e Washington. Lo ha destituito dalla sua dignità di Cardinale quando si è resa evidente un’accusa credibile di abuso sui minori. Non ho mai sentito Papa Francesco fare allusione a questo sedicente  gran consigliere del suo pontificato per le nomine in America, benché Egli non nasconda la fiducia che accorda ad  alcuni  prelati.  Intuisco  che  questi  non  siano  nelle  tue  preferenze,  né  in  quelle  degli  amici  che sostengono  la  tua  interpretazione  dei  fatti.  Trovo  tuttavia  aberrante  che  tu  approfitti  dello  scandalo clamoroso  degli  abusi  sessuali  negli  Stati  Uniti  per  infliggere  all’autorità  morale  del  tuo  Superiore,  il Sommo Pontefice, un colpo inaudito e immeritato.

Ho il privilegio di incontrare a lungo Papa Francesco ogni settimana, per trattare le nomine dei Vescovi  e  i  problemi  che  investono  il  loro  governo.  So  molto  bene  come  egli  tratti  le  persone  e  i problemi: con molta carità, misericordia, attenzione e serietà, come tu stesso hai sperimentato. Leggere come concludi il tuo ultimo messaggio, apparentemente molto spirituale, prendendoti gioco e  gettando un dubbio sulla sua fede, mi è sembrato davvero troppo sarcastico, persino blasfemo! Ciò non può venire dallo Spirito di Dio.

Caro confratello, vorrei davvero aiutarti a ritrovare la comunione con colui che è il garante visibile della comunione della Chiesa Cattolica; capisco come delle amarezze e delle delusioni abbiano segnato la tua  strada  nel  servizio  alla  Santa  Sede,  ma  tu  non  puoi  concludere  così  la  tua  vita  sacerdotale,  in  una ribellione aperta e scandalosa, che infligge una ferita molto dolorosa alla Sposa di Cristo, che tu pretendi di servire  meglio, aggravando la divisione e lo sconcerto nel popolo di Dio! Cosa posso rispondere alla tua domanda se non dirti: esci  dalla tua clandestinità, pentiti della tua rivolta e torna a migliori sentimenti nei confronti del Santo  Padre, invece di  inasprire  l’ostilità contro  di lui. Come puoi celebrare la Santa Eucaristia e pronunciare il suo nome nel canone della Messa? Come puoi pregare il santo Rosario, San Michele Arcangelo e la Madre di Dio, condannando colui che Lei protegge e accompagna tutti i giorni nel suo pesante e coraggioso ministero?

Se  il  Papa  non  fosse  un  uomo  di  preghiera,  se  fosse  attaccato  al  denaro,  se  favorisse  i  ricchi  a danno dei poveri, se non dimostrasse un’infaticabile energia per accogliere tutti i miseri e donare  loro  il generoso  conforto  della  sua  parola  e  dei  suoi  gesti,  se  non  moltiplicasse  tutti  i  mezzi  possibili  per annunciare e comunicare la gioia del Vangelo a tutti e a tutte nella Chiesa e al di là delle sue frontiere visibili, se non tendesse la mano alle famiglie, ai vecchi abbandonati, ai malati nell’anima e nel corpo e soprattutto  ai  giovani  in  cerca  di  felicità,  si  potrebbe  forse  preferirgli  qualcun  altro,  secondo  te,  con atteggiamenti diplomatici o politici diversi, ma io che ho potuto conoscerlo bene, non posso mettere in questione la sua integrità personale, la sua consacrazione alla missione e soprattutto il carisma e la pace che lo abitano per la grazia di Dio e il potere del Risorto.

In  risposta  al  tuo  attacco  ingiusto  e  ingiustificato  nei  fatti,  caro  Viganò,  concludo  dunque  che l’accusa è una montatura politica priva di  un  reale  fondamento  che possa incriminare il Papa, e ribadisco che  essa  ferisce  profondamente  la  comunione  della  Chiesa.  Piaccia  a  Dio  che  questa  ingiustizia  sia rapidamente  riparata  e  che  Papa  Francesco  continui  ad  essere  riconosciuto  per  ciò  che  è:  un  pastore insigne, un padre compassionevole e fermo, un carisma profetico per la Chiesa e per il mondo. Che Egli continui con gioia e piena fiducia la sua riforma missionaria, confortato dalla preghiera del popolo di Dio e dalla solidarietà rinnovata di tutta la Chiesa assieme a Maria, Regina del Santo Rosario.

Marc Cardinale Ouellet

Prefetto della Congregazione per i Vescovi,

Festa di Nostra Signora del Santo Rosario, 7 ottobre 2018.

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07 ottobre 2018, 10:30