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Una famiglia di sfollati sudanesi nel nord Darfur Una famiglia di sfollati sudanesi nel nord Darfur

Terres des Hommes: stop fondi UsAid, a rischio 15 mila famiglie

Il blocco imposto dall’amministrazione Trump ai sussidi destinati alla cooperazione internazionale è una decisione che sta mettendo a dura prova tutto il sistema degli aiuti umanitari. La fondazione attiva nella difesa dei diritti dei bambini e nella promozione dello sviluppo esprime forte preoccupazione per una scelta che mette a repentaglio la vita di tante persone che vivono in contesti di estrema fragilità. Il direttore Ferrara: “Dobbiamo tornare a far sentire parole di pace”

Gianmarco Murroni - Città del Vaticano

Oltre 15mila famiglie rischiano di essere in pericolo di vita a causa del blocco ai fondi della Us Agency for International development (Usaid), l'agenzia degli Stati Uniti per la cooperazione internazionale. È la preoccupazione espressa da Terres des Hommes Italia, fondazione attiva nella difesa dei diritti dei bambini e nella promozione dello sviluppo, i cui programmi potrebbero essere sospesi dopo lo stop ai finanziamenti deciso dall'amministrazione Trump. “Gli Stati Uniti sono il più grande donatore a livello internazionale. Circa 42 miliardi di dollari passano dal sistema della cooperazione americana. Questo significa che moltissimi progetti sono stati bloccati, progetti che vanno a finanziare, ad esempio, ospedali, interventi nei campi profughi, programmi a sostegno di persone che stanno scappando da una guerra o attività che hanno a che vedere con il sostegno di Paesi poverissimi”. A parlare è Paolo Ferrara, direttore generale di Terres des Hommes Italia. “Si stima che circa 90 milioni di persone siano colpite da questa decisione che interessa non solo progetti futuri, ma soprattutto progetti in corso”.

Sospensione aiuti

“In questo momento noi abbiamo progetti che sono stati fermati nei campi profughi iracheni o in contesti come quello libanese, dove il recente conflitto tra Hezbollah e Israele ha ulteriormente esasperato la situazione. Stimiamo che ci siano almeno migliaia di persone, la maggior parte bambini, che non saranno più sostenuti attraverso i nostri interventi che prevedono distribuzione alimentare, sostegno psicologico, educazione. Ed è una situazione che peggiorerà nei prossimi mesi”, prosegue Ferrara, che spiega come i fondi siano bloccati a più livelli: “Le Nazioni Unite stanno tagliando il personale e i loro interventi per la mancanza di fondi americani. Le decisioni del governo americano nei prossimi mesi diventeranno strutturali, questo porterà a un vero e proprio abbandono degli interventi umanitari in varie zone del mondo”.

Paesi più colpiti

I Paesi maggiormente colpiti sono soprattutto quelli che si trovano in situazioni di guerra o che escono da conflitti. In particolare, il continente africano: “È lì che andavano la maggior parte dei fondi americani ed è lì che probabilmente vedremo peggiorare la situazione. Uno tra i Paesi più colpiti è il Sudan, uno stato che attraversa ormai decenni di guerra, con un livello di povertà che è catastrofico. Ma anche l’Etiopia o il Congo, che in questo momento sta vivendo un’altra guerra civile e dove gli aiuti umanitari sono fermi. Ci sono molti Paesi, soprattutto africani, in cui il sistema sanitario dipendeva fortemente dagli aiuti degli Stati Uniti”. Il problema, secondo Ferrara, è che “difficilmente altri donatori dell’Ue o altri governi potranno integrare questa quota gigantesca messa a disposizione dal sistema statunitense. Gigantesca, ma davvero molto piccola rispetto al budget federale Usa: parliamo di meno dell’1% del budget”.

Ascolta l'intervista a Paolo Ferrara

Dramma in Palestina

Una situazione che rischia di essere ancora più drammatica in Palestina: “In questo momento noi abbiamo fermi alle frontiere della Giordania, nonostante gli annunci di sblocco dei convogli umanitari, quintali di medicinali. Stessa situazione si vive nella Striscia di Gaza. Gli annunci di Trump di voler trasformare un territorio come quello della Striscia, abitato da 2 milioni di persone, in un nuovo grande villaggio turistico non aiutano. Tutto ciò crea incertezza, preoccupazione e rabbia e rende davvero difficile intervenire”. Inoltre, “questo contribuisce a provocare l’interruzione dei negoziati di pace e c’è il rischio che la tregua che era stata instaurata si interrompa di nuovo, bloccando ulteriormente quei pochi aiuti umanitari che queste settimane siamo riusciti a portare. Parliamo di vite umane: ne abbiamo già perse tante in questi mesi, ma ci sono ancora centinaia di migliaia di persone la cui vita rischia di non tornare mai più a essere normale”.

Parole di pace

Lo stesso Papa Francesco, d’altronde, ricorda spesso come sia fondamentale trasformare le spese militari in investimenti contro fame e mancanza di cure. “Il Papa ci illumina con le sue parole: pensiamo che il budget dei nostri governi per le spese militari è significativamente più alto di qualsiasi aiuto umanitario. Il nostro impegno deve essere quello di ricordare tutti i giorni l’importanza della pace. La pace crea sviluppo, crea benessere, crea le condizioni perché tutto il nostro pianeta possa vivere in maniera più dignitosa. Le spese militari non fanno che esasperare il clima di conflitto, non fanno che esasperare una sorta di gara a urlare e minacciare sempre più forte e tolgono risorse non soltanto agli aiuti umanitari, ma anche al welfare dei nostri Paesi, all’educazione e all’istruzione dei nostri figli. Dobbiamo tutti tornare a far sentire forti le parole del Papa, le parole della pace: soltanto così possiamo provare a ricostruire un mondo davvero a misura di esseri umani”.

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14 febbraio 2025, 12:49