Giubileo, a colloquio con lo scenografo Dante Ferretti "maestro di fantasia"
Eugenio Murrali – Città del Vaticano
Ogni volta ha creato un mondo, ha reinventato e migliorato la realtà e la fantasia con le sue scenografie, capaci di forgiare il nostro immaginario. Le avventure del barone di Munchausen (1988) di Terry Gilliam, Il nome della rosa (1986) di Jean-Jacques Annaud, otto film con Pasolini, sei con Fellini, quasi duecento premi, tre Oscar lui e tre sua moglie Francesca Lo Schiavo per The Aviator (2004) e Hugo Cabret (2011) di Martin Scorsese e per Sweeney Todd (2008) di Tim Burton.
Dantino, che hai sognato stanotte?
Se si pensa a Cinecittà non si può che veder apparire Fellini con il suo megafono, il Teatro 5, lo spazio che più amava. La prima collaborazione di Ferretti nel ruolo di scenografo risale al 1978, con Prova d’orchestra, ed è proseguita fino alla morte del regista. Anni prima, però, il giovane Dante si era già fatto notare come aiuto sul set di Fellini Satyricon (1969). Così il maestro racconta a Pope il suo rapporto con l’artista, che era solito domandargli “Dantino, che hai sognato stanotte?": “La prima e la seconda volta risposi ‘Mah non mi ricordo’, alla terza mi dissi che voleva sapere qualcosa, allora cominciai a inventare i sogni. Più che inventare, mi tornava in mente quando io, bambino, nelle Marche, a Macerata, andavo a fare la spesa al mercato, dalla macellaia, o andavo a comprare le anguille”. Queste immagini e altre inventate potevano poi prendere forma nelle pellicole felliniane: La città delle donne (1980), E la nave va (1983), Ginger e Fred (1986), La voce della luna (1990).
Bellezza imperfetta. Io e Pasolini
Il primo grande regista a cui Dante Ferretti ha legato il suo nome è, però, Pier Paolo Pasolini. Con lui ha iniziato come aiuto scenografo lavorando per Il vangelo secondo Matteo (1964), Uccellacci e uccellini (1966) ed Edipo Re (1967). Il Vangelo - spiega nel suo libro uscito lo scorso dicembre, Bellezza imperfetta. Io e Pasolini (a cura di David Miliozzi, Bologna, Pendragon, 160 pp., 18 euro) - ha cambiato il suo rapporto con la fede: “una spiritualità che aleggia in ogni inquadratura e che mi ha accompagnato fino a Silence di Scorsese (2016), anche nell’uso magistrale della luce". Dal poeta-cineasta Ferretti ha imparato l’importanza dell’imperfezione e alla nostra domanda sul valore dell’errore, afferma: "Quando tutto è perfetto sembra tutto finto. L'imperfezione fa sì che tutto quanto sia giusto". I mezzi del futuro non lo spaventano: "Una volta era tutto più realistico. Ora usando un tipo di tecnologia, uno immagina qualcosa e lo ricostruisce con l’intelligenza artificiale. Io preferisco cose che uno tocca, vere. Oggi quello che uno vede al cinema è nuovo, ma allo stesso tempo tutto uguale".
L’arte sacra e la scenografia
Nella poetica cinematografica di Pier Paolo Pasolini il riferimento è spesso l’arte, così Ferretti ha studiato e tenuto presenti grandi pittori, Piero Della Francesca, Caravaggio, Pontormo, Rosso Fiorentino, El Greco: “L’arte sacra ha avuto sempre un ruolo molto forte, in quasi tutte le pellicole cui ho lavorato, perché mi ha guidato a volte anche in film che non avevano niente a che fare”.
Dire grazie a Gesù
“La mia vita spirituale è sempre molto vicina a me”, anche nel suo lavoro di scenografo Ferretti sente questa dimensione verticale e ci confida la centralità della fede nella sua vita: “Ogni domenica vado a messa. È la prima cosa che faccio. Vado a inginocchiarmi di fronte alla statua della Madonna che tiene in braccio Gesù Cristo, Maria, la Vergine, che piange. Ogni volta che vado lì, la domenica, vivo qualcosa di toccante. Io non posso fare a meno, perché Gesù mi ha dato tutto nella vita: tutto, tutto, tutto”.
Lo studio a Cinecittà
Ferretti è pieno di progetti e se ci si sofferma con lui su questo Giubileo dice: "Io credo nella speranza, è fondamentale". Quanto al film cui è più legato, risponde: "Il prossimo". Ha girato il mondo, conquistato Hollywood, ma Cinecittà per lui è come una casa, un luogo legato a tantissimi sogni, a tantissimi ricordi e persone, come Elio Petri, Luigi Comencini, Ettore Scola, Liliana Cavani. Negli studi romani è anche il suo laboratorio: "Sono 49 anni che ho questo studio, non l'ho mai lasciato. Sono molto legato a Cinecittà, Cinecittà è stata tutta la mia vita".
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