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Braccio della morte Braccio della morte 

Abolita la pena di morte in Virginia. Plauso dei vescovi americani

“Un passo coraggioso verso una cultura della vita” è quanto si legge in una nota dei presuli statunitensi dopo l’abolizione della pratica nello Stato, il primo nel sud a compiere questo passo. La Virginia, dopo il Texas, vantava il più alto numero di esecuzioni. Noury (Amnesty international): restare vigili, nonostante la tendenza favorevole

Benedetta Capelli e Antonella Palermo – Città del Vaticano

E’ stata una lunga battaglia quella che per anni i democratici della Virginia hanno portato avanti.Ieri il governatore Ralph Northam, nel corso di una cerimonia nel centro di Greensville dove 102 persone sono state messe a morte, ha scritto la parola fine firmando la legge che abolisce la pena capitale. La Virginia diventa così il primo Stato del Sud e il 23.mo a bandire questa pratica, mentre altri tre Stati hanno in vigore delle moratorie.

Una pena applicata in modo sproporzionato

Dai tempi in cui era una colonia, in Virginia sono state 1400 le esecuzioni. Dal 1976, quando la Corte Suprema ha reintegrato la pena di morte, 113 persone sono state uccise, un triste primato superato solo dal Texas. Solo due uomini restano nel braccio della morte della Virginia, le loro sentenze saranno ora convertite in ergastolo senza condizionale. “Non c'è posto oggi per la pena di morte in questo Commonwealth, nel Sud o in questa nazione”, ha detto il governatore, per il quale la pena capitale è stata applicata in modo sproporzionato a persone di colore, con handicap mentali e di bassa estrazione sociale a causa anche di un sistema giudiziario difettoso. Sono 170, in 48 anni, i detenuti rilasciati dal braccio della morte dopo la scoperta della loro innocenza come Earl Washington Jr – ha raccontato Northam – 17 anni di prigione, a 9 giorni dall’esecuzione riconosciuto non colpevole.

Il centro di detenzione di Greensville, in Virginia
Il centro di detenzione di Greensville, in Virginia

Difendere la cultura della vita

“Un passo coraggioso verso una cultura della vita” scrive in una l’arcivescovo Paul Coakley, presidente del Comitato per la giustizia interna e lo sviluppo umano della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti. “In questa Quaresima ci viene ricordato che Dio ama ogni persona, e noi possiamo rispondere a questo amore con il rispetto per la dignità di ogni vita umana, non importa quanto spezzata o disperata possa sembrare quella vita. Mentre ci prepariamo alla Pasqua - conclude il presule - continuiamo a costruire una cultura della vita”.

Restare vigili

Riccardo Noury, Portavoce di Amnesty International Italia, commenta l'iter che ha portato a questo provvedimento: 

Ascolta l'intervista a Riccardo Noury

R. - E' un segnale molto importante perché giunge dopo 1390 esecuzioni negli ultimi quattro secoli; ricordiamo che dopo la ripresa delle esecuzioni nel '76, la Virginia era stata seconda solo al Texas per numero di esecuzioni. In America, è il primo Stato del Sud ad abolire la pena di morte. Prosegue così questa tendenza per cui almeno uno Stato degli Usa ogni anno si aggiunge alla lista degli abolizionisti, è un esempio nobile, quello dato dal governatore della Virginia che si unisce a questo movimento, di base e di istituzioni, che si dichiara contro la pena di morte. Credo sia stato decisivo anche quel finale saguinoso di esecuzioni federali che ha lasciato la presidenza Trump. La Virginia è approdata al successo in tempi molto rapidi. Ci sono movimenti in questa direzione anche in altri Stati americani, soprattutto sono centinaia di giorni in cui non c'è una esecuzione a livello statale negli Usa. Segno che qualcosa sta veramente cambiando la storia in quel Paese.

E in altre aree del mondo?

R. - E' un cammino costante ma lento. Non si tratta solo di numeri ma di vite umane. Il colore nero, quello della pena di morte, è ancora presente in vaste aree del pianeta: in Medio Oriente, in Iran, in Iraq, in Arabia Saudita, in molti paesi dell'Asia, soprattutto in Cina. E ogni giorno ci sono vite in pericolo: in Iraq, per esempio, da oltre cento giorni uno scienziato di nazionalità iraniana svedese, che ha lavorato anche in un'università italiana Ahmadreza Djalali rischia di essere impiccato per un'accusa assolutamente falsa di spionaggio. Dobbiamo esere vigili, perché nonostante la tendenza favorevole, ci sono vite che vanno salvate.

Concretamente, cosa significa essere vigili?

R. - Significa firmare le petizioni sul sito di Amnesty e lavorare a livello politico sulla tradizione abolizionista di molti Stati che possono, nelle relazioni bilaterali, influenzare le decisioni in quei paesi che ancora mantengono la pena di morte. Significa anche, in quei Paesi in bilico - come la Corea del Sud o Taiwan, così come in diversi paesi dell'Africa sub sahariana - fare quell'ultimo passo per arrivare a togliere la pena di morte dalle leggi. Il 2020 per il Giappone è stato un anno a zero esecuzioni, speriamo che questo continui. 

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25 marzo 2021, 07:50