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L’impegno internazionale contro la pena di morte

Un evento a margine della 75.ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha analizzato l’impatto negativo della pena capitale sullo stato socio-economico delle donne. Intervista al portavoce di Amnesty international Italia, Riccardo Noury

Elvira Ragosta – Città del Vaticano

L’evento è organizzato dall'Italia, in collaborazione con l'Ufficio dell'Alto Commissario per i Diritti Umani e Un Women, e co-sponsorizzato da Gambia, Unione Europea e Amnesty International e rientra nel ciclo di iniziative di sensibilizzazione contro la pena di morte promosse, negli ultimi anni, in occasione della presentazione all'Assemblea Generale della risoluzione biennale per una moratoria universale dell'uso della pena di morte.

Quest'anno, in coincidenza con il 25.mo anniversario della Conferenza di Pechino, l'evento ha approfondito l'impatto della pena capitale sulle donne, analizzando leggi, politiche e pratiche discriminatorie che hanno un impatto negativo sul loro stato socio-economico  e sulla possibilità di ottenere giustizia. “La pena di morte colpisce le donne anche se i numeri non sono elevati” afferma Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international Italia. “Ci sono delle leggi – continua - basate su politiche discriminatorie che colpiscono le donne per reati quali l’adulterio e l’apostasia e abbiamo visto tanti casi noti. Poi, anche quando la pena di morte impatta prevalentemente sugli uomini, ci sono famiglie, donne e figlie, che restano senza percepire reddito”.

Ascolta l'intervista a Riccardo Noury

L’Impegno internazionale

“In generale- prosegue il portavoce di Amnesty Italia – l’uso della pena di morte è sempre più circoscritto a una manciata di Stati, non sono mai più di 20 ogni anno. In diversi continenti, penso all’Africa e a parti dell’Asia, i progressi vanno avanti”. Intanto, all’evento a margine dell’Assemblea generale, da parte dell’Italia è stato confermato il massimo impegno per sostenere la campagna internazionale per una nuova moratoria universale della pena di morte, nella prospettiva della sua abolizione in tutto il mondo. Una campagna, ha sottolineato il ministro degli esteri italiano Di Maio, che riguarda i diritti e la dignità di ogni essere umano.

Il Kazakistan verso l’abolizione

Il presidente kazako, Kassym Jomart Tokayev, nel suo video messaggio all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha annunciato l’adesione del Paese ad un protocollo che prevede l'abolizione della pena di morte. Soddisfazione per questa decisione è stata espressa dalla Comunità di Sant’Egidio. “Col Kazakistan - dice ancora Noury – sono 107 i Paesi che hanno abolito del tutto la pena di morte, a cui ne aggiungiamo altri che la mantengono solo per i reati in tempo di guerra o che hanno istituito delle moratorie , il che porta a 142 il totale dei Paese, che è una grande maggioranza della Comunità internazionale”.

Negli Usa riprese le esecuzioni federali

Mentre alcuni stati procedono verso l’abolizione della pena capitale, altri riprendono le esecuzioni come gli Stati Uniti dove è stata eseguita una condanna a morte, la prima di un detenuto afroamericano e la settima da luglio, dopo che è stata ripristinata la pena capitale dall'amministrazione Trump. Nei giorni scorsi i vescovi statunitensi avevano lanciato un appello per mettere fine alla pratica. “Come Chiesa – si legge in una nota della Conferenza episcopale locale – dobbiamo dare un aiuto concreto alle vittime e incoraggiare la riabilitazione di coloro che commettono violenza”. I presuli affermano che “la responsabilità e la legittima punizione sono parte di questo processo”, ma affinché la guarigione del reo avvenga davvero, bisogna fermare le esecuzioni capitali, che sono “inutili e inaccettabili”.

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25 settembre 2020, 13:08