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Costa D'Avorio: cartelli esortano ad elezioni pacifiche Costa D'Avorio: cartelli esortano ad elezioni pacifiche 

Costa D’Avorio: cresce la tensione per le prossime elezioni

In Costa D’Avorio, il prossimo 31 ottobre, si svolgeranno le elezioni presidenziali, in un clima che sta diventando sempre più teso. Infatti una serie di proteste stanno attraversando il Paese, dopo la decisione del presidente, Alassane Ouattara, di candidarsi per un terzo mandato, nonostante la Costituzione preveda un limite di soli due mandati. L'esortazione della Chiesa alla fine delle violenze e al dialogo

Marina Tomarro - Città del Vaticano

In Costa D'Avorio via libera da parte della Corte Suprema alla terza candidatura del presidente, Alassane Ouattara. Mentre sono state proibite le candidature sia di dell'ex primo ministro ivoriano, Guillaume Soro, che dell'ex presidente, Laurent Gbagbo, con la motivazione di aver riportato entrambi delle condanne penali nel passato. Questa situazione ha scatenato violente proteste nel Paese, con diversi morti e feriti.

La Chiesa: elezioni senza violenze. Si al dialogo 

Il cardinale Jean Pierre Kutwa, arcivescovo di Abidjan, in Costa d’Avorio, ha espresso di recente in un messaggio preoccupazione per quanto sta accadendo nel Paese a poche settimane dalle elezioni presidenziali. “La vita socio-politica sta giungendo ad una svolta pericolosa", afferma il porporato, che denuncia la radicalizzazione delle posizioni delle fazioni politiche in campo, accentuatesi dopo la ricandidatura del presidente Alassane Ouattara, in corsa per il terzo mandato, e sfociate in violenti scontri. La ricandidatura di Ouattara ha visto su fronti opposti da una parte chi chiede il rispetto della Costituzione, che non prevede la possibilità di tre mandati consecutivi, e dall’altra chi si è schierato con il presidente, che non ritiene di violare la legge, essendo la nuova costituzione in vigore dal 2016, mentre i suoi due mandati sono precedenti. Il cardinale Kutwa definisce “violenze inaccettabili” quelle di quanti si sono resi colpevoli di veri e propri massacri. Addolorato per gli scontri che hanno provocato morti, feriti e ingenti danni materiali, il porporato invita alla non violenza, al dialogo e al rispetto del diritto e delle leggi, “tutte cose senza le quali non si può costruire uno Stato moderno e pacifico”. 

“Non si dirà mai abbastanza che non c’è pace senza giustizia e non c'è giustizia senza perdono - rimarca l’arcivescovo di Abidjan -. Questo è ciò che voglio ricordare a coloro che hanno tra le mani il destino delle nostre popolazioni, affinché si lascino sempre guidare nelle scelte serie e difficili che devono compiere dalla luce del vero bene dell’uomo, nella prospettiva del bene comune”. Il cardinale Kutwa lancia anche un appello alla coscienza individuale e collettiva affinché si ponga fine alla violenza e si faccia spazio al dialogo. “La riconciliazione è, lo crediamo tutti, l’atto che, dopo una crisi, consente agli antagonisti di unirsi e ricominciare da capo” aggiunge il porporato che ritiene deleterio l’attuale clima socio-politico in vista delle elezioni e invita ad una interpretazione univoca della costituzione, sulla base della corretta esegesi dei testi, non lasciata a correnti politiche. Quindi l’arcivescovo di Abidjan esorta tutti ad impegnarsi nella “ricerca di soluzioni a questa crisi, che non fa ben sperare per un domani migliore”.  “Qualsiasi ingiustizia, in qualunque forma si presenti, causerà disordine – conclude il porporato -. Solo la giustizia che riconosce a ciascuno i propri suoi diritti e doveri ci porterà la pace”.

Una situazione politica molto fragile

“Su 44 candidati - spiega Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi Africani - ne sono stati ammessi soltanto quattro e questo quindi contribuirà nei prossimi giorni ad aumentare le tensioni indubbiamente, in un Paese che ha dei trascorsi di guerra civile importanti e che avrebbe quindi bisogno di stabilità, di certezze e di fiducia, stando a quanto chiede gran parte della popolazione.

Ascolta l'intervista ad Anna Bono

"Speriamo che non si replichi il dramma delle elezioni del 2000 - ricorda la professoressa Bono - quando la forte contestazione dei risultati elettorali ha portato a mesi di guerra civile, di scontri violenti, che hanno visto migliaia di vittime e centinaia di migliaia di sfollati. Però, purtroppo, ci sono tutte le premesse perchè una situazione del genere possa ripetersi. La questione - continua - è che la Costa d’Avorio è la più forte economia della Comunità Economica dell'Africa Occidentale (Ecowas). È il primo produttore di cacao, è un grande produttore di cotone con una crescita del prodotto interno lordo costante nel tempo. Ma, contemporaneamente, è un Paese fragile, perché diviso, sia dal punto di vista religioso, sia per le rivalità etniche, e, difatti, il Paese all’inizio di questo millennio è stato devastato da una guerra civile durata fino al 2007 e che lo ha letteralmente diviso in due. Da queste elezioni ne potrebbe uscire molto sofferente".

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18 settembre 2020, 13:27