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Giovani donne a Abidjan, Costa D'Avorio Giovani donne a Abidjan, Costa D'Avorio  

Voto in Costa D'Avorio, i vescovi chiedono più coesione sociale

In una lettera pastorale a tre mesi dalle presidenziali nel Paese africano, la conferenza episcopale parla a popolo e istituzioni e

Isabella Piro - Città del Vaticano 

La Chiesa in Costa d’Avorio al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”: questo il titolo della  che la Conferenza episcopale ivoriana (Cecci) ha presentato alla stampa il 21 luglio. Il documento, che arriva mentre a tre mesi dalle elezioni presidenziali, previste per il 31 ottobre, vuole sottolineare l’importanza di consolidare il Paese con “la coesione sociale” per “costruire una società sempre più fraterna, aperta a tutti, rispettosa della dignità e dei diritti della persona umana e attenta a stabilire, tra tutti i cittadini, legami di amicizia, fiducia e rispetto reciproco”. Dai presuli anche il richiamo a "guardare insieme e con obiettività alla situazione di crisi” che la nazione sta vivendo da molti anni: le sue conseguenze, infatti, ha detto padre Emmanuel Wohi Nin, segretario generale della Cecci, durante la conferenza stampa, “segnano tutti”.

Chiesa al servzio di comunione, riconciliazione, pace

Pubblicata in formato libro, la Lettera pastorale è composta da 79 pagine, 83 punti e 3 parti: nella prima, si descrive la Chiesa “chiamata a vivere la comunione con Dio, con gli altri e con il Creato”; nella seconda, si riflette sulla Chiesa “al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”; mentre nella terza si richiama “l’impegno di tutti a costruire una società pacifica”. Ma non solo: i presuli indicano anche soluzioni concrete per giungere alla riconciliazione: essa, infatti, “dovrà essere inclusiva e partecipativa nel senso che non deve escludere alcun antagonismo, e dovrà essere accompagnata da atti coraggiosi e onesti”. Di qui, la sottolineatura dell’importanza “dell’ascolto e dell’incontro reciproco, dell’accettazione di un passato doloroso, della considerazione delle sofferenze di ciascuno”.

La proposte dei vescovi

Proposte concrete vengono avanzate dalla Cecci anche per quanto riguarda la giustizia che potrà realizzarsi solo grazie alla “promozione di un giusto ordine, al rispetto del principio di sussidiarietà e alla lotta alla corruzione”. I vescovi ivoriani, inoltre, deplorano quei rappresentanti del governo che, negli ultimi anni, “hanno cercato di manipolare la giustizia secondo i propri interessi”, magari contrastando un avversario politico e lasciando, invece, in libertà “persone responsabili di crimini”. Per questo – è il monito della Cecci – “non è sufficiente organizzare le elezioni perché il Paese sia in pace”. Ciò che occorre, piuttosto, è “coltivare l’amore e la fraternità attraverso parole, azioni e relazioni improntate alla convivialità”.

Ognuno può fare la sua parte

Tutti, dunque, sono chiamati a costruire e a consolidare la pace: “La Chiesa – sottolineano infatti i presuli – potrà contribuire in modo credibile alla costruzione e al consolidamento della coesione sociale in Costa d’Avorio solo se i pastori e i fedeli laici si riconciliano tra loro”, dando così valore alla “missione profetica” della Chiesa stessa. I vescovi – ha spiegato padre Wohi Nin – desiderano “fare la loro parte ed assumersi le loro responsabilità” perché “solo un'autentica riconciliazione realizzata nella verità e nella giustizia porterà una pace duratura alla società ivoriana”. “Siamo nati a pugni chiusi – ha aggiunto – e ci vuole una vita per imparare ad aprirli. La fraternità, infatti, è un cammino disseminato di rotture, di sofferenza e di perdono, di ferite e di cicatrici. Ma dobbiamo imparare a diventare uomini e donne di mediazione e di comunione per trarre dalla nostra fede quella forza che smuove le montagne", ha concluso il segretario generale della Cecci, annunciando poi che la 116.ma Assemblea Plenaria dei vescovi si terrà dal 26 al 31 luglio 2020 a Yamoussoukro.

La povertà nel Paese

Primo Paese al mondo produttore di cacao, la Costa d’Avorio vede tuttavia il 40% della popolazione vivere al di sotto della soglia di povertà. Dopo la crisi del 2011, quando il presidente uscente Laurent Gbagbo si è rifiutato di lasciare il potere al vincitore delle elezioni, Alassane Quattara, il Paese è entrato in una fase di forte destabilizzazione. A marzo di quest’anno, la decisione di Ouattara di ritirarsi dalla corsa alle prossime presidenziali ha placato ulteriori tensioni, ma la morte del primo ministro Amadou Gon Coulibaly, avvenuta l’8 luglio, ha riacceso gli scontri con l’opposizione, che lamenta minacce e intimidazioni. In tutto questo, la pandemia da Covid-19 ha visto il contagio di 15mila persone, la guarigione di circa 9mila pazienti ed il decesso di 93 malati.

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25 luglio 2020, 08:00