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Casa Sollievo della Sofferenza, opera voluta da Padre Pio, centro Covid per la provincia di Foggia Casa Sollievo della Sofferenza, opera voluta da Padre Pio, centro Covid per la provincia di Foggia

Casa Sollievo della Sofferenza: gli aiuti della Cei per arginare la pandemia

Intervista con monsignor Franco Moscone, arcivescovo di Manfredonia–Vieste-San Giovanni Rotondo: lo Stato equipari Casa Sollievo della Sofferenza, perlomeno per molti aspetti economici, agli ospedali pubblici

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Complessivamente, sono oltre 2 milioni e 400 mila euro i fondi, provenienti dall’otto per mille, garantiti recentemente dalla Conferenza Episcopale Italiana (Cei) per sostenere alcune strutture ospedaliere. Si aggiungono ai 6 milioni di euro già stanziati nelle scorse settimane. In particolare, i fondi messi a disposizione dalla Cei verranno utilizzati da Casa Sollievo della Sofferenza, voluta da Padre Pio, per far fronte a questa emergenza sanitaria legata alla pandemia. È quanto sottolinea monsignor Franco Moscone, arcivescovo di Manfredonia–Vieste-San Giovanni Rotondo e presidente della Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza. La situazione attuale relativa alla diffusione del virus, spiega il presule, è in progressivo miglioramento. Il contesto economico resta invece complesso: Casa Sollievo della Sofferenza - osserva monsignor Moscone - venga equiparata, per molti aspetti, agli ospedali pubblici.

Ascolta l'intervista a monsignor Franco Moscone

R. - Ringrazio la Conferenza episcopale italiana che si è ricordata anche dell'ospedale Casa Sollievo della Sofferenza come opera cattolica al servizio e impegnata nella lotta all’epidemia. Siamo centro Covid  per la provincia di Foggia ormai da due mesi e le spese sono gravose. I fondi, che arriveranno a fine mese, non so esattamente a quanto ammontino. Verranno utilizzati per l’urgenza di questo momento. Le spese legate ai dispositivi personali di sicurezza, per le medicine, per la messa a punto costante della rianimazione sono ingenti e sono aumentate rispetto a quella che era la normale e ordinaria attività del presidio ospedaliero.

Quindi i fondi verranno utilizzati, essenzialmente, per rendere possibile l’attività dell’ospedale come centro Covid. La situazione, economicamente, per Casa Sollievo della Sofferenza non era facile neppure prima di questa emergenza. Aver risposto immediatamente a questa urgenza ci ha anche fatto mettere alla ricerca di aiuti economici per assicurare il nostro contributo nel modo migliore e senza far mancare nulla.

Sono anche necessarie delle agevolazioni pubbliche da parte delle istituzioni statali. Anche questo è un fronte importante…

R. - Casa Sollievo della Sofferenza agisce come ospedale pubblico in convenzione con la Regione. Ma non abbiamo stessi privilegi e attenzioni che, invece, vengono garantiti agli ospedali pubblici. Tocca poi a noi farci carico di tanti altri aspetti che, da parte pubblica, non vengono coperti. Questo si riscontra già in un contesto di normalità e, a maggior ragione, in questa particolare situazione. Veniamo in parte considerati come una grande azienda. Però è un azienda al servizio del bene pubblico e non di interessi privati.

Area Covid nell'ospedale Casa Sollievo della Sofferenza
Area Covid nell'ospedale Casa Sollievo della Sofferenza

Cosa chiedete alle istituzioni, allo Stato?

R. - Che ci riconosca alla pari degli ospedali pubblici: facciamo lo stesso lavoro e per alcuni aspetti non solo in supplenza ma anche in anticipo. Chiediamo di essere equiparati, perlomeno per molti aspetti economici e non di essere considerati ad un livello inferiore.

Casa Sollievo della Sofferenza è una bella realtà al servizio del bene pubblico. Ricordiamo che in questo momento è uno dei centri Covid. Quale è la situazione attuale relativa alla diffusione del virus?

R. - La nostra impressione, come centro ospedaliero Covid, è questa: all’inizio dell’epidemia, la situazione era molto complessa e anche con rischi grandi. In questo momento, si assiste ad miglioramento: anche noi riscontriamo la situazione che emerge dai dati comunicati tutti i giorni dalla Protezione Civile. Dati che attestano una progressiva diminuzione della pressione sui presidi ospedalieri sia nelle terapie intensive sia in quelle subintensive. Verifichiamo anche noi questo. L’impressione è che si sta andando verso una situazione di maggior equilibrio, di maggiore tranquillità con una cura migliore ed anche vari effetti positivi, tra cui l’incremento del numero delle persone dimesse perché guarite. C’è quindi spazio per nuovi pazienti contagiati che quotidianamente, comunque, arrivano.

Medici e operatori sanitari di Casa Sollievo della Sofferenza
Medici e operatori sanitari di Casa Sollievo della Sofferenza

Alla cura di queste persone, colpite dal Covid, si aggiungono misure a favore del personale sanitario. Tra queste, il progetto “Una casa nella casa”. Di cosa si tratta?

R. - Si tratta di aver messo a disposizione una struttura che fa capo alla Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza e destinata a medici, infermieri e operatori sanitari. Una volta terminato il loro turno di lavoro in ospedale nella zona Covid, preferiscono non rientrare nelle loro case e utilizzano questa struttura per non rischiare di contagiare i loro familiari. Chi si trova nella zona Covid è infatti in una fortissima situazione di rischio. Può diventare un “trasportatore” involontario del virus.

Questa drammatica esperienza legata alla pandemia avrà un impatto anche a lungo termine sulla vita di Casa Sollievo della Sofferenza?

R.- Senza dubbio andranno riconsiderate le realtà non solo di Casa Sollievo della Sofferenza, ma anche tutti gli altri presidi ospedalieri. Non si può tornare alla situazione di prima. Bisogna essere preparati al ritorno, al ripresentarsi di situazioni di questo genere. E se siamo preparati, riusciremo anche ad affrontarle meglio con minori rischi e con maggior beneficio per tutti. Bisogna fare memoria e far tesoro di quanto si è appreso. Se pensiamo di tornare esattamente nella situazione di prima, sbaglieremmo molto e non avremmo imparato niente. Sarebbe un segno di ottusità mentale e non di apertura a quello che la storia ci sta insegnando. Credo che questo valga per tutto ed anche per la Chiesa, in generale, e per la pastorale.

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Casa Sollievo della Sofferenza, Centro Covid
28 aprile 2020, 12:44