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Il cardinale Ranjith Il cardinale Ranjith 

Sri Lanka: card. Ranjith, dal governo allarme per rischio nuovi attentati

Il cardinale Albert Malcolm Ranjith ha celebrato ieri la Messa nella cappella dell’arcivescovado di Colombo, seguita in tv dai fedeli che non possono recarsi nelle chiese, ancora chiuse per motivi di scurezza: “non ho voluto esporre la comunità cattolica al rischio di un’altra strage”, dice a Pope parlando anche della solidarietà delle istituzioni, delle comunità musulmane e di quelle buddiste

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Gli estremisti islamisti che sarebbero dietro gli attentati suicidi compiuti la domenica di Pasqua a Colombo, con un bilancio di oltre 250 vittime, potrebbero commettere nuovi attacchi a breve, utilizzando kamikaze in uniformi militari. È l’ultimo allarme lanciato dalla polizia dello Sri Lanka, proprio mentre l’arcivescovo di Colombo, il cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, chiede ancora una volta alle autorità del Paese di garantire la sicurezza della comunità cristiana. “La situazione qui non è chiara perché il governo ci ha fatto sapere che ancora ci sono rischi di attacchi”, riferisce il card. Ranjith a Pope. In questo momento, commenta, “non c’è né paura né fiducia, stiamo ancora galleggiando” (Ascolta l'intervista al card. Ranjith).

Oggi l’incontro con i monaci buddisti, ieri la Messa in tv

Il porporato ha incontrato nelle ultime ore un gruppo di monaci buddisti, che rappresentano la tradizione religiosa maggioritaria in Sri Lanka: “sono molto turbati, hanno espresso il loro senso di smarrimento per quanto successo e la loro vicinanza a ciascuno di noi”. Ieri ha celebrato la Messa nella cappella dell’arcivescovado della capitale, seguita in diretta tv dai fedeli che non possono recarsi nei luoghi di culto, ancora chiusi dopo le stragi. “Non ho voluto esporre la comunità cattolica al rischio di un’altra strage - spiega - perciò ho chiesto di non celebrare le Messe nelle chiese, di pregare in casa e di seguire la celebrazione tramite la televisione”. Il rito è stato celebrato dal cardinale Ranjith alla presenza del capo di Stato Maithripala Sirisena, del primo ministro Ranil Wickremesinghe e del leader dell'opposizione, Mahinda Rajapaksa. “Si sono mostrati solidali con noi, provando di essere interessati ancora della situazione e - prosegue - hanno voluto partecipare a quella che è stata la celebrazione nella prima domenica successiva agli attentati”. Alle 8.45, ora della prima esplosione a St. Anthony a Colombo, le campane di tutte le chiese del Paese hanno ricordato le vittime. “Alle 8.45 abbiamo acceso le candele. Dopo, il Presidente, il primo ministro e i leader dell’opposizione sono andati a deporre fiori alla chiesa di St. Anthony”.

Messe in privato e buona volontà

I cristiani del Paese hanno comunque potuto assistere alle celebrazioni in altri luoghi, diversi dalle chiese, come scuole, case private. “Qualche parroco ha celebrato Messe private nelle varie zone parrocchiali: piccoli gruppi possono proteggersi meglio”. In questo quadro, le comunità musulmane sono scese “in strada per mostrare la loro solidarietà, anche con dimostrazioni, e - racconta - ci hanno invitato ad andare nelle loro moschee, mostrando così la loro buona volontà”.

Rischio strumentalizzazioni

Il Presidente Sirisena ha vietato da oggi il Niqab, il velo islamico che copre anche il volto: “la gente sente la paura”, aggiunge il cardinale Ranjith. Secondo le informazioni divulgate dalle autorità e riportate dai media, a portare a termine eventuali nuovi attacchi potrebbero essere delle donne kamikaze: nei raid antiterroristici condotti dopo le esplosioni di Pasqua, in una delle abitazioni coinvolte sono stati trovati capi di abbigliamento femminile. In momenti come questo, prosegue l’arcivescovo di Colombo, “c’è il rischio” di strumentalizzazioni: “organizzazioni che non possiamo esattamente identificare, ma che sono sicuramente dietro queste cose, strumentalizzano la religione e i giovani, che poi vanno a suicidarsi non sapendo nemmeno per quale ragione queste cose succedano”.

Amore e vicinanza

Rivolgendosi ai fedeli cristiani, il porporato alla Messa domenicale ha sottolineato pure come in questo momento “nei cuori umani” possa sorgere la domanda “se Dio ci ama ancora o se ha compassione per noi”. “Può succedere nel caso di una strage di questo genere, perché la gente è turbata. La risposta - assicura - è aggrapparsi alla Parola del Signore e poi cercare di mostrare l’amore e l’affetto di ognuno di noi verso il prossimo e in tal mondo far sentire l’amore e la vicinanza di Dio in modo tangibile”.

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29 aprile 2019, 14:47