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Centro Astalli sui migranti: ingiustificabile la chiusura dei porti in Europa

Ancora in attesa di sbarcare i 32 profughi a bordo della nave SeaWatch ferma nelle acque maltesi e, a poca distanza, i 17 soccorsi da un'altra imbarcazione. Parziali aperture di Malta e Olanda. Chiusura ribadita dall'Italia. Gli appelli delle organizzazioni umanitarie

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Un nuovo caso, e non sarà l’ultimo, che ripropone sempre lo stesso schema. Un’altra nave con a bordo alcune decine di profughi attende un gesto di accoglienza da parte di un Continente, nonostante tutto ancora ricco, ma che per paura di perdere ciò che ha, appare sempre più egoista. Italia compresa.

Le parziali aperture di Malta e Olanda 

"I porti italiani sono chiusi, abbiamo accolto già troppi finti profughi, abbiamo arricchito già troppi scafisti!”, risponde oggi il ministro dell'Interno Matteo Salvini al sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, che si è detto disponibile ad aprire il porto di Napoli per la nave di SeaWatch, da 13 giorni nelle acque del Mediterraneo. Ieri l’apertura da parte di Malta che autorizza l’imbarcazione ad entrare nelle proprie acque territoriali, ma non allo sbarco dei 32 naufraghi a bordo. Stessa concessione per una seconda imbarcazione della ong SeaEye con altre 17 persone soccorse in mare, ormai sei giorni fa, che è ferma a poca distanza, sempre in zona La Valletta. Con una precisazione del ministro dell’Interno maltese: "Malta non era l'autorità competente" per gli interventi di soccorso alle due navi. In serata l’Olanda annuncia di essere pronta ad accogliere alcuni dei 32 migranti della SeaWatch se altri Paesi faranno altrettanto.

Centro Astalli: ogni persona ha diritto di chiedere protezione

La questione non è però ancora risolta. Molte organizzazioni umanitarie parlano di “indifferenza” dell’UE. Ad esprimere preoccupazione e allarme per la sorte dei migranti è anche il Centro Astalli dei gesuiti che richiama al dovere di portare al più presto in salvo persone in condizioni di grave vulnerabilità. Persone che hanno il diritto di chiedere protezione. “E’ proprio così - dice ai nostri microfoni Donatella Parisi, portavoce del Centro Astalli - : lo dicono convenzioni internazionali che sono ovviamente norme vigenti per tutti gli Stati che le hanno ratificate. Per tutti gli Stati europei, la Convenzione di Ginevra del ’51 sancisce chiaramente il diritto di ogni individuo a chiedere asilo e protezione in un Paese sicuro, se scappa da un Paese che sicuro non è. Lo garantisce la nostra Costituzione all’articolo 10, lo garantisce la Carta dei diritti umani che ha compiuto da poco 70 anni di vita. Quindi su questo non ci sono dubbi: ogni uomo al mondo ha diritto di chiedere asilo e protezione. Poi la sua richiesta verrà valutata in maniera positiva o meno, ma la richiesta dev’essere consentita a tutti. Così come il Diritto del mare da sempre ci dice che un naufrago va soccorso, e sempre il Diritto internazionale ha come principio fondamentale, da sempre riconosciuto, il principio di non respingimento: l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra ci ricorda che nessun richiedente asilo può essere rimandato indietro prima che la sua richiesta venga presentata ed esaminata”.

Ascolta l'intervista integrale a Donatella Parisi

La mancata assunzione di responsabilità dell'UE

A mancare è soprattutto un’assunzione di responsabilità da parte dell’Europa nei confronti dell'intero fenomeno migratorio. Tanto è vero che ancora un accordo comune sulla sua gestione non c’è: “Esatto: un accordo non c’è - afferma Parisi -. Noi l’abbiamo definita una ingiustificabile prova muscolare che 49 persone debbano pagare questo prezzo altissimo perché gli Stati europei sono tutti concentrati a dimostrare il punto di non dovere accogliere, ci sembra veramente un atto ingiustificabile".

Minor numero di arrivi, ma a che prezzo? 

I numeri degli arrivi di profughi e migranti in Europa attraverso il Mediterraneo nel 2018 sono molto inferiori a quelli registrati nel 2017. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) sul suo sito web scrive oggi che le persone arrivate nel Continente lo scorso anno sono state 113.482, a fronte di 172.301 nel 2017. Qualcuno potrebbe pensare ad un successo ottenuto proprio grazie alle politiche di chiusura, non tenendo conto del prezzo pagato da tanti uomini, donne e bambini: “E’ vero, c’è stato un drastico calo degli arrivi, ma questo non può essere considerato una buona notizia. Di fatto - denuncia Donatella Parisi - c’è una narrazione politica e anche in gran parte mediatica che racconta solo l’ultimo pezzo della storia di queste persone: rappresentano un problema quando arrivano, ma non c’è nulla o molto poco in termini di informazione riguardo a quello che accade loro prima. E prima, appunto, vuol dire Paesi con regimi dittatoriali, con guerre, con privazioni gravi di diritti umani, vuol dire la Libia dove ci sono centri di detenzione illegali, dove un rifugiato su tre subisce violenze e torture: questo, noi, al Centro Astalli, lo certifichiamo ogni anno".

Garantire corridoi umanitari e vie legali d'ingresso

Il viaggio in mare, affidato a scafisti senza scrupoli, resta un viaggio pericolosissimo. Sempre l'Unhcr scrive che le morti in percentuale sono aumentate: 2262 le vittime nel 2018; 3139 le persone "morte o scomparse" nel 2017 nel tentativo di attraversamento. "L’Europa - conclude la portavoce del Centro Astalli - deve farsene carico chiedendo una corresponsabilità degli Stati membri, canali umanitari, vie legali di ingresso perché l’unico modo che c’è per eliminare il traffico di esseri umani, e quindi mettere uno stop all’illegalità dei viaggi e alla morte delle persone, è creare alternative legali”.
 

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03 gennaio 2019, 14:07