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Bolivia tra pandemia e divisioni sociali: la Chiesa in preghiera

Nel Paese dell’America Latina, la pandemia e le tensioni sociali rendono la situazione sempre più preoccupante. Con noi, il sacerdote boliviano padre Ariel Beramendi, che a Roma concelebra questa sera la Messa con la comunità boliviana locale in memoria delle vittime e per la pace e la giustizia del Paese

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano

La Bolivia si appresta a vivere le celebrazioni per la festa nazionale dell'indipendenza il 6 agosto, in uno scenario fortemente e drammaticamente segnato dalla pandemia. Si stima che, complessivamente, i casi accertati siano oltre 81 mila e i decessi almeno 3200.  È una situazione aggravata anche dal fatto che il sistema sanitario non sembra in grado di rispondere a questa emergenza. Il Paese, che ad ottobre andrà alle urne, è inoltre scosso da divisioni ideologiche e da tensioni sociali. È quanto sottolinea a Pope il sacerdote boliviano padre Ariel Beramendi incaricato della comunicazione alla segreteria del Sinodo dei vescovi e che stasera alle 19.00 concelebrerà l'Eucaristia in Santa Maria in Monserrato degli Spagnoli, con tutta la comunità boliviana. " Un momento - dice - per essere in comunione con il nostro Paese e per ricordare le vittime e i malati di Covid-19". Un pensiero speciale anche monsignor Eugenio Scarpellini, missionario italiano, vescovo di El Alto, morto il 15 luglio scorso in ospedale a La Paz dopo aver contratto il coronavirus.

Ascolta l'intervista a padre Ariel Beramendi

R. - Il 6 agosto si celebrano 195 anni della fondazione della Bolivia. È l’anniversario della nazione. La sera prima, la comunità boliviana e noi boliviani a Roma pregheremo. Faremo questo segno di comunione con la nostra Chiesa. Vogliamo celebrare l’Eucaristia per tutte le persone che soffrono -  tante persone sono morte - a causa di pandemia. Pregheremo per i sacerdoti, per i religiosi e per le religiose che hanno dato la vita, che sono morti per questa malattia. Ricorderemo certamente anche monsignor Eugenio Scarpellini, vescovo della diocesi di El Alto. È questa una iniziativa per essere in comunione con tutta la Bolivia, che in un momento così triste celebra questo anniversario.

È questo un anniversario importante in un momento difficile. Ha citato monsignor Scarpellini. Quale è la sua eredità come missionario e quale è l’opera umana e religiosa che lascia al Paese?

R. - Forse molti non sanno che la comunità boliviana più grande in Italia è a Bergamo. C’è una grande fratellanza con la chiesa boliviana perché Bergamo ha dato tanti missionari e anche tanti vescovi. Uno di questi era monsignor Eugenio Scarpellini, un missionario che poi è stato chiamato al servizio episcopale per essere pastore di una delle diocesi più grandi e socialmente più importanti della Bolivia. È stato un vescovo che ha saputo anche mediare, mantenere in alto e attivo il ruolo della Chiesa nella società. Penso alla recente storia della Bolivia che è molto complicata. Non si parla molto della Bolivia nei mezzi di informazione internazionali. Monsignor Scarpellini è stato un vescovo molto dinamico. Ha dato testimonianza di una Chiesa dialogante che cerca unità e, soprattutto, il bene comune.

Resta difficile la situazione dell’America Latina, che vive un dramma profondo. La solidarietà internazionale si sta muovendo. Anche la Chiesa si sta impegnando. Che notizie avete sulla situazione in Bolivia?

R. - La situazione in Bolivia è doppiamente critica. In questo contesto di pandemia, con gli ospedali al collasso totale, negli ultimi mesi almeno 3000 persone sono morte nelle loro case o nelle strade. Questo succede perché il sistema sanitario non può dare risposte adeguate. C’è poi in corso una ‘battaglia’ elettorale. Le elezioni si sarebbero dovute tenere ad agosto. Sono state recentemente posticipate ad ottobre. Tanti settori sociali, in questi giorni, si sono attivati per organizzare manifestazioni, bloccare le strade. E questo succede mentre il Paese è scosso dalla pandemia, mentre la gente sta morendo, anche nelle strade.

Cosa possiamo fare per sostenere il Paese? Cosa si può fare a livello internazionale o ecclesiale?

R. - Come persone di fede e di buona volontà, possiamo almeno stimolare l’unità ed evitare le divisioni nel nostro Paese. In questo momento, nel mezzo di una pandemia, viviamo un contesto segnato da criticità, da divisioni. Possiamo promuovere la pace, l’unità ed evitare le divisioni. Soprattutto quelle ideologiche e politiche. Questa situazione, in un momento come quello attuale, sta facendo molto male.

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05 agosto 2020, 08:00