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Sud Sudan, la speranza del Natale per un popolo in 辫辞惫别谤迟à

Il Paese africano attende una visita di Papa Francesco, che sente solidale nelle sofferenze della guerra. Nell’intervista al missionario Federico Gandolfi, dei Frati minori, la reazione al messaggio congiunto di auguri natalizi ai leader politici del Paese

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Come è stato accolto in Sud Sudan il messaggio di auguri natalizi ai leader politici - diffuso il 25 dicembre e firmato dal Pontefice insieme al Primate anglicano Welby e al rev.do Chalmers, già moderatore della Chiesa Presbiteriana di Scozia - in cui si invoca il Principe della Pace che “illumini e guidi i vostri passi nella bontà e nella verità, affinché si renda possibile la nostra auspicata visita a codesto caro Paese”? “E’ stata ancora una occasione per sperare in una visita di Papa Francesco e del primate Welby in Sud Sudan”, spiega padre Federico Gandolfi, missionario francescano a Juba.

“Qui il processo di pace è faticoso, si va un poco avanti, poi di nuovo indietro. E’ molto difficile per noi capire gli andamenti della situazione politica. Di sicuro la situazione sociale è ancora devastata dalla povertà e causata anche da questa guerra civile che ormai continua dal 2013. Questi messaggi fanno bene a noi missionari perché non ci sentiamo così lontani e abbandonati, ma fanno bene soprattutto alla gente. Qui il Papa è percepito molto vicino, in realtà: lui parla del Sud Sudan, prega per il Sud Sudan, ha ospitato in Vaticano i diversi leader politici del Paese, è insomma diventato normale per il popolo che il Papa pensi a loro. E’ una cosa bella che il Pastore della Chiesa universale sia riuscito a farsi sentire così vicino, in maniera ordinaria, questo dà molta forza alla Chiesa locale, forza ad andare avanti rispetto a tutto ciò che crea divisione”.

Che Natale è stato per voi?

R: - Il Natale è stato, come sempre, un momento forte della nostra vita missionaria che ci vede molto impegnati perché tentiamo di raggiungere tutti i villaggi che la Chiesa ci ha affidato fino a quelli situati a 75 chilometri dalla nostra parrocchia. Ci vogliono ore, per arrivare, bisogna attraversare diversi check point militari, non sempre le situazioni sono delle più facili ma abbiamo visto che lo spirito natalizio coinvolge anche i soldati: ci hanno sempre assistito e alle volte ci hanno anche accompagnato nelle varie missioni. Anche a loro, speriamo, abbiamo portato un messaggio di pace e riconciliazione. In parrocchia, come nelle città, non c‘è il Natale pieno di luci a cui siamo abituati, del resto l’elettricità arriva solo in pochissime zone, però prima di Natale, il 21 dicembre, con una quarantina di ragazzi siamo andati in giro nelle strade attorno alla parrocchia, come fosse una via crucis, era in quel caso un modo per portare una testimonianza di pace cantando canti natalizi. La gioia è stata talmente tanta che è stato un crescendo, fino a correre, nei tratti ultimi, cantando, pregando e ballando nelle zone più povere del nostro territorio. Un momento davvero intenso. Non abbiamo portato luce elettrica ma siamo stati luce grazie a questi ragazzi che, nonostante quello che vivono nell’ordinario, sono ancora capaci di gioire perché il Signore abita nella nostra vita. E la gente che vedeva questo ci diceva: ‘Mi raccomando, ripassate allo stesso modo anche l’anno prossimo, portateci la gioia’.

Quale cammino da quello storico incontro in Vaticano, nell’aprile scorso, in cui Papa Francesco, insieme all’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, convocò i membri della Presidenza della Repubblica del Sud Sudan?

R: - Gli accordi sono andati avanti, c’è stato un momento di blocco a novembre che ha creato un po’ di tensione nel Paese ma si è riuscito a mantenere il dialogo aperto. Speriamo che a febbraio si faccia qualche passo in avanti. A volte guardandoci attorno e vedendo la disperazione della gente… un giovane stamattina è venuto qua da noi con le lacrime agli occhi per le difficoltà che ha dicendo: ‘Padre, qui non abbiamo un futuro’. Per un ventenne, che sta studiando all’università e che sta facendo molto bene, arrivare alle lacrime – che qui è un tabù, soprattutto per gli uomini – è qualcosa che tocca. Speriamo che le preghiere possano arrivare alla conversione dei cuori, ad una vita più facile, ad una comunione intensa. Qui le tensioni stanno distruggendo troppi giovani.

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27 dicembre 2019, 15:28