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P. Zollner: sulla lotta agli abusi si gioca la missione stessa della Chiesa

Intervista a padre Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, dopo la pubblicazione del Rapporto sugli abusi sessuali nelle diocesi della Pennsylvania.

Alessandro Gisotti – Città del Vaticano

Dolore, vergogna, rabbia. Sono i sentimenti prevalenti nella comunità cattolica e nella società civile statunitense dopo la pubblicazione del Rapporto sugli abusi sessuali in Pennsylvania. In tanti hanno espresso il proprio sgomento scrivendo ai giornali o sui social media. Una reazione che sottolinea tutta la gravità di un fenomeno terribile. Pope ha intervistato il padre gesuita Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la tutela dei minori e presidente del Centro per la protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana.

R. - Certamente sono numeri scioccanti, terrificanti, che ci mostrano una dimensione di cui fino a qualche anno fa non ci rendevamo conto. Questo rapporto segue la linea di altri rapporti che abbiamo visto. Ad esempio, segue quello della Commissione reale del governo australiano e di altri rapporti che praticamente confermano che un numero tra il 4 e 6 percento dei sacerdoti nell’arco di una settantina di anni è stato accusato o condannato per abuso di minori. Dobbiamo renderci conto che molte persone che avevano il compito di proteggere i più piccoli li hanno abusati! Dobbiamo renderci conto che per molti decenni nella Chiesa non abbiamo agito seriamente nella lotta contro questi crimini, non abbiamo punito, anzi, molte volte queste persone – gli abusatori – sono state difese, anche da parte della gerarchia, dai vescovi o dai provinciali.
 

Padre Zollner, ovviamente c’è un tema di regole, di normative, di controlli. Però forse ancora più forte della mentalità, di cambiamento dell’atteggiamento…

R. - Non si tratta solamente di eseguire le norme, ma dobbiamo renderci conto che la protezione dei minori è un compito centrale della missione della Chiesa e i primi che devono portare avanti questa missione sono i sacerdoti, i chierici e tutte le persone che lavorano all’interno della Chiesa.

Molti fedeli si chiedono come sia stato possibile. Colpisce quello che ha detto il presidente dei vescovi USA, il cardinale DiNardo, che ha parlato di “catastrofe morale”. Come ci si rialza da una catastrofe morale di credibilità… che credibilità ha la Chiesa oggi di fronte al mondo, alla gente?

R. - Effettivamente è qualcosa di molto misterioso, tristemente misterioso. Come mai all’interno della Chiesa per tanti anni sia stato possibile un tale comportamento da parte di alcuni sacerdoti. E altri, molti altri, chissà se avevano saputo e avevano in qualche maniera permesso che questo male andasse avanti … Anche i responsabili che hanno trasferito un sacerdote abusatore da una parrocchia all’altra, da una diocesi all’altra … Questo veramente deve finire, non solo per la credibilità della Chiesa, ma anche per la sua stessa esistenza e missione perché così non segue l’esempio del suo Maestro che - come dice proprio il Vangelo di oggi - vuole che i più piccoli, i bambini, vengano da Lui.  Andare a fondo significa chiedere al Signore della storia cosa vuole dirci. Penso che veramente non si tratti solamente di una questione di credibilità o meno, perché la credibilità cresce quando uno fa quello che dice. Con tutte queste rivelazioni e rapporti, giustamente la gente è delusa e si chiede: “Ma cosa fanno questi sacerdoti e i vescovi che dicono una cosa, proclamano il Vangelo, ma concretamente fanno il contrario?”

 

Qual è dunque la sfida più importante ora, secondo lei?

R. - Una delle sfide più importanti è non cadere in questo momento nella “trappola” di voler risolvere tutto e puntare solamente su un’azione superficiale. Bisogna andare in fondo e chiedere tramite la preghiera, in silenzio, con tutta la vergogna, con tutta la tristezza e con tutta la sincerità possibile al Signore cosa vuole da noi, cosa dovrebbe essere un sacerdote oggi, come dobbiamo formare i nuovi sacerdoti, a che cosa dobbiamo puntare. Questa non è una cosa che dobbiamo o possiamo risolvere noi. Sono profondamente convinto che c’è qualcosa di più grande e che il Signore ci chiama a ripensare il nostro sentire e il nostro pensare la Chiesa.

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18 agosto 2018, 14:10