Pasolini: la vita eterna non solo “un premio futuro”, ma una realtà da scegliere ora
Pope
La vera sfida del nostro cammino non è solo attraversare la morte, ma riconoscere che la vita eterna inizia già qui. Spesso ci illudiamo che esistano solo due categorie di persone: i vivi e i morti. Il Vangelo di Giovanni, con la risurrezione di Lazzaro, sfida questa visione: i veri morti non sono solo coloro che smettono di respirare, ma anche chi è bloccato dalla paura, dalla vergogna e dal controllo. Lazzaro, avvolto in bende che limitano ogni movimento, rappresenta tutti noi quando ci lasciamo soffocare da aspettative e schemi rigidi, perdendo il contatto con la nostra libertà interiore.
Marta e Maria, di fronte alla morte del fratello, esprimono una fede condizionata: “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto” (Gv 11,21). Questa mentalità riflette l’idea di un Dio che dovrebbe intervenire sempre per risparmiarci il dolore. Ma Gesù non è venuto a eliminare la sofferenza, bensì a trasformarla: “Io sono la risurrezione e la vita” (Gv 11,25). La vera domanda, quindi, non è se moriremo, ma se stiamo già vivendo veramente, nella fiducia in Cristo e nella sua parola.
Questa sfida emerge anche nell’episodio dell’emorroissa, una donna malata da dodici anni che, nonostante tutto, osa toccare il mantello di Gesù per cercare la guarigione (Mc 5,25-34). La sua condizione rappresenta l’umanità intera: cerchiamo rimedi, cerchiamo vita, ma spesso ci affidiamo a falsi idoli che ci lasciano svuotati. Solo il contatto con Cristo può portare una guarigione vera, che non è solo fisica ma interiore: la capacità di affidarsi e di sentirsi accolti.
Gesù le dice: “Figlia, la tua fede ti ha salvata” (Mc 5,34), mostrando che la salvezza non è un intervento esterno di Dio, ma si esprime nella capacità di aprirci alla sua presenza. Lo stesso vale per la confessione e per ogni esperienza di riconciliazione: non basta un atto formale, occorre che il nostro cuore riscopra la fiducia in un Dio che ci vuole veramente vivi.
Il segno di Lazzaro e la guarigione dell’emorroissa ci pongono una domanda radicale: siamo morenti che aspettano la fine o viventi che hanno già iniziato a sperimentare la risurrezione? La vita eterna non è solo un premio futuro, ma una realtà che possiamo scegliere già adesso, vivendo con libertà, speranza e fiducia nel Dio che ci chiama alla pienezza.
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