Parolin: la democrazia è in crisi, anche ai cattolici il compito di riempirla di valori
Antonella Palermo - Città del Vaticano
"A volte sembra che il lavoro diplomatico produca piccoli esiti ma non dobbiamo stancarci o cedere alla tentazione della rassegnazione"; la pace è compito di ciascuno di noi a partire dal vissuto quotidiano, nelle nostre città, nei nostri Paesi, nel mondo. Così il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin nel suo intervento oggi, 2 luglio, a Roma presso l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, in occasione della quinta edizione del Premio Letterario degli Ambasciatori presso la Santa Sede. Il riconoscimento quest'anno è andato al giornalista Rai Piero Damosso, per il suo libro “Puo? la Chiesa fermare la guerra? Un’inchiesta a sessant’anni dalla Pacem in Terris” (San Paolo).
La Pacem in Terris è un testamento
Il cardinale Parolin ha ricordato la genesi e il contesto storico in cui è maturata l’ che "si sviluppa su uno spartito fatto di molti altri pronunciamenti". Ha ribadito che la pace universale è un bene che interessa tutti indistintamente. Ha pure fatto memoria del radiomessaggio, in quel 13 aprile 1963, sabato santo, in cui l'allora pontefice scandiva la necessità della pace con Dio, con tutti i popoli, nelle famiglie. Quella enciclica, sostiene il segreteario di Stato, "è un testamento". E osserva che "quelle parole così intense di Roncalli sono un patrimonio da custodire e far crescere, ciascuno assumendosi le proprie responsabilità". Ha invitato a insistere, negli attuali scenari di conflitto in corso in varie parti del pianeta, con l'azione diplomatica, nella convinzione che porterà frutto e richiamato alla coralità, alla sinergia, alla cooperazione per essere davvero artigiani di pace come vuole Papa Francesco. Ha elogiato il libro premiato questa sera che, ha detto, "ha il merito di far affiorare nuovamente il desiderio profondo della pace con un metodo interessante" facendo parlare diversi testimoni e accademici. Emerge un volume che è una riflessione a tutto tondo sulla pace.
La fraternità come prospettiva di giustizia
Proprio il metodo di indagine e analisi utilizzato dall'autore (oltre cinquanta interviste) è stato apprezzato dalla giuria che nella motivazione ha osservato: "La Chiesa, pur non avendo il potere reale di arrestare i conflitti, può richiamare la coscienza umana universale ad agire per abbattere i muri dell’odio e dell’inimicizia, indicando la fraternità come prospettiva sicura di giustizia, solidarietà, inclusione e cura della terra. Attraverso la sua indagine, l’autore evidenzia anche come la potenza della preghiera del popolo di Dio possa generare coraggiosi progetti di incontro e di negoziato". La cerimonia si è svolta alla presenza dell'ambasciatore Francesco Di Nitto, dell’ambasciatrice dell'Unione Europea presso la Santa Sede Alexandra Valkenburg e della presidente della Luiss School of Low, Paola Severino, avvocata e giurista, la quale ha dato un importante contributo a questo testo, insieme ad altre due donne del dialogo Edith Bruck e Dacia Maraini. Damosso, dal canto suo, ha voluto fare un appello vero e proprio sui temi della difesa delle minoranze, sul disarmo e sul ruolo attivo delle istituzioni internazionali.
Parolin: il concetto di 'guerra giusta' è in revisione
Prima dell'evento, il cardinale Parolin si è fermato qualche minuto con i giornalisti e, interpellato sui conflitti in Ucraina e Medio Oriente, ha scandito che la guerra non è mai una guerra giusta. Alla luce del documento diffuso dalla Commissione Giustizia e Pace di Terra Santa in cui si contesta l’uso improprio della espressione 'guerra giusta' a proposito della violenza su Gaza, Parolin ha dichiarato: “Sappiamo che sul concetto di guerra giusta c’è molta discussione oggi, la guerra giusta è la guerra di difesa. Però oggi con le armi che ci sono a disposizione diventa molto difficile questo concetto, credo che non ci sia ancora una posizione definitiva ma è un concetto in revisione".
In Libano è prioritario un nuovo presidente
Reduce dalla visita in Libano, gli viene chiesto che soluzioni immagina per il Paese dei Cedri che è al confine con Israele. "La prima soluzione è l’elezione del presidente della Repubblica. L’importante è l’urgenza di avere un presidente, di chiudere questa crisi istituzionale che sta danneggiando un po’ tutto, tutto il Paese", ha risposto il segretario di Stato vaticano. Auspica un ruolo attivo dei cristiani all’interno del sistema libanese. "Non sarà certamente la soluzione magica ma si cominceranno ad affrontare i problemi con tutte le cariche istituzionali al loro posto", ha dichiarato. Ha confermato che il cardinale Mar Bechara Boutros Al Rai è un attore attivo in quel contesto, "ha sempre cercato di unire i cristiani e sembra che ci sia volontà da parte dei partiti cristiani di unirsi, di proporre uno o più candidati accettati comunemente". Alla domanda di un cronista se c’è dialogo con la comunità sciita, Parolin ha fatto intendere che il dialogo non manca ma "il problema è soprattutto dalla parte degli hezbollah, loro sono in gioco e hanno il loro candidato, si tratta di trovare un cadidato che sia accettato da tutte le parti".
Ucraina, "penso ci potranno essere altri rilasci di prigionieri"
Con i giornalisti presenti alla sede dell'Ambasciata italiana presso la Santa Sede, il cardinale Parolin parla anche di Ucraina, in particolare rispondendo a una domanda relativa alla proposta del Primo Ministro ungherese Orbán, in qualità di presidente di turno dell’Unione europea, al presidente ucraino Zelenski per un cessate il fuoco rapido in modo da facilitare un negoziato di pace. "Da quanto ne so, finora gli ucraini si sono sempre rifiutati", ha detto il diplomatico vaticano rammentando che per il governo ucraino se non ci sono garanzie "questo potrebbe essere soltanto una sosta per ricominciare poi in maniera ancora più cruda, più dura. Noi speriamo davvero - si augura ancora Parolin - ci possa essere una tregua, e poi un negoziato". Alla luce dello scambio di prigionieri di cui la Santa Sede si è resa mediatrice con successo, il cardinale immagina all'orizzonte che ci potranno essere altri rilasci "perché è un meccanismo che funziona - spiega - che è distinto da quello dei bambini. In quel caso ci sono varie realtà coinvolte. Nel caso dei prigionieri è essenzialmente uno scambio di liste che vengono consegnate alle due parti, quindi immagino che continuerà un po’ questa attività che credo molto positiva e che può creare condizioni che potrebbero favorire anhe una pace ed eventuali negoziati".
La democrazia è in crisi, bisogna riempirla di valori
Il colloquio con i cronisti tocca anche l'imminente 50ma Settimana sociale dei cattolici in Italia, a Trieste, che sarà suggellata dalla visita del Papa domenica 7 luglio. Il tema sul tavolo è la democrazia, un argomento ritenuto da Parolin di stringente attualità "perché - osserva - la democrazia è in crisi in molte parti del mondo e credo che tocchi molto anche i cattolici ribadire l’importanza e la necessità di essere a favore della democrazia e soprattutto di riempirla di valori. La democrazia - chiosa - non è un semplice esercizio matematico, chi ha più e chi ha meno, ma è soprattutto un esercizio di valori, un ispirarsi a dei valori che rendono possibile la convivenza sociale. Quindi credo che il contributo che possono portare i cattolici sia molto valido, spero che venga qualcosa di buono da queste Settimane sociali".
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