Spiritualità e consapevolezza della fede in aumento tra i giovani
Roberta Barbi – Città del Vaticano
In quasi 5 mila hanno risposto alle domande tra novembre e dicembre dello scorso anno: sono i giovani provenienti da Argentina, Brasile, Italia, Kenya, Messico, Filippine, Spagne e Regno Unito intervistati per la ricerca sulla spiritualità giovanile condotta dall’Università Pontificia della Santa Croce e da altri sette atenei partner nel mondo. L’originalità di questa ricerca - che viene presentata oggi, giovedì 29 febbraio - risiede proprio nell’essere stata condotta su un campione internazionale con una metodologia di ascolto continuo, e rimanda una fotografia incoraggiante della gioventù.
“Negli ultimi anni la spiritualità tra i giovani si è mantenuta stabile, quando non è addirittura aumentata, nell’83% dei casi", commenta con Pope la professoressa Gema Maria Bellido, docente di Fondamenti della Comunicazione istituzionale e responsabile del progetto Footprint che ha commissionato la raccolta dati. "La maggior parte dei ragazzi e delle ragazze crede in Dio e ha una percezione positiva della Chiesa, vista come guida e non come istituzione politico-temporale”. Tra i risultati generali della ricerca, anche l’aumento del senso civico e dell’interesse verso le questioni sociali.
La religione influenza le scelte morali
Sono le questioni sociali e la preghiera, secondo il dossier presentato, i temi sui quali i giovani si fanno maggiormente guidare dalla religione e dalla spiritualità quando devono fare scelte di tipo morale: anche se sono i credenti ad ammettere l’esistenza del peccato e non gli atei, la maggioranza (67%) crede che sia la coscienza a determinare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Per questo, ad esempio, la guerra è considerata ingiustificabile come pure la corruzione politica e i problemi ambientali: “Queste sono le tematiche ricorrenti che abbiamo rilevato e che accomunano tutti i giovani indipendentemente dalla loro fede o dall’assenza di fede”, precisa la professoressa Bellido, affermando che molti dei temi specifici saranno approfonditi in ricerche successive. Così, ad esempio, la pena di morte è meno accettata dai cattolici, mentre la contrarietà alla legalizzazione della prostituzione è un altro tema comune a tutti.
La fede vissuta con convinzione e non come tradizione
Nonostante emerga come forte fattore d’influenza la provenienza geografica dei giovani intervistati sulle loro risposte, la ricerca registra un aumento generale delle fede vissuta per convinzione e praticata, ad esempio, per i cristiani andando a Messa e prendendo parte ai Sacramenti (soprattutto Riconciliazione ed Eucaristia) e non come tradizione o consuetudine: tendenza che si profila come risultato originale di questo studio. “Su questa questione i Paesi risultano divisi in tre gruppi – spiega ancora la docente – se Kenya, Filippine e Brasile manifestano una forte religiosità e una grande pratica religiosa, notiamo che in Italia e Spagna una percentuale di giovani inferiore si identifica come credente, ma manifesta al tempo stesso anche una consapevolezza più profonda della fede; Messico e Argentina, infine si pongono in una posizione intermedia e il Regno Unito è un caso unico”.
Gli atei, gli agnostici e la preghiera
Interessante anche il dato secondo cui molti giovani si ritrovano a pregare in alcune circostanze: tendenza comune a tutti, atei e agnostici compresi. In particolare, si definiscono atei e agnostici per il 56% gli uomini e sono localizzati soprattutto in Italia e Spagna che risultano dunque - tra quelli presi in esame - i Paesi a maggior tasso di secolarizzazione. Uno dei principali motivi per non credere che vengono esplicitati dagli intervistati è l’impossibilità di comprendere il mistero della fede: “Questo dato emerge soprattutto in Italia e nel Regno Unito”, specifica Bellido, che però non si dice convinta di questa motivazione portata alla base della ragione del non credere da parte di atei e agnostici, ma indicata come una difficoltà anche dai credenti.
Il paradigma dell’ascolto continuo
La ricerca è consistita in un progetto continuativo basato sull’ascolto continuo, si tratta di una metodologia importante e al tempo stesso originale: “Il motivo è la capacità di coniugare l’aspetto quantitativo e quello qualitativo dei dati raccolti”, afferma infine l'esperta, che annuncia come nei prossimi mesi, sempre in collaborazione con le università partner, saranno approfonditi alcuni temi con indagini specifiche. “Ci occuperemo dei giovani e le relazioni e i giovani e il lavoro e il bene comune", conclude, "l’obiettivo dell’indagine per le università partecipanti è adeguare la propria offerta formativa alle esigenze reali che vengono manifestate dai giovani”.
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