La santità del popolo fedele e la potente testimonianza della comunità cristiana
Adriana Masotti - Città del Vaticano
La riflessione di fra Luciano Manicardi, monaco di Bose, ha aperto la sessione mattutina del convegno di studi "Dimensione comunitaria della santità" promosso dal Dicastero delle Cause dei Santi all'Istituto Patristico Augustinianum di Roma. "La mistica di vivere insieme" - questo è il titolo dell'intervento - Manicardi la riferisce nel contesto di una concreta comunità ecclesiale, quella comunità di cui Gesù ha detto: “Voi siete tutti fratelli”, espressione alla base della chiamata della Chiesa ad annunciare il Vangelo. Gesù, prosegue il monaco di Bose, dice anche dei cristiani: "Voi siete il sale della terra, la luce del mondo" e lo sì è nella misura in cui si vive lo spirito delle Beatitudini. "La testimonianza per il mondo della santità della comunità ecclesiale, espressa nel testo evangelico con le immagini del sale e della luce - commenta fra Manicardi - risiede tutta nella fraternità vissuta al suo interno". La testimonianza al mondo dipende dalla relazioni all'interno della Chiesa. "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli..."
La potenza della testimonianza di una comunità
I cristiani sono chiamati a formare un solo corpo e la testimonianza di questa realtà è potente, supera le capacità dei singoli, prosegue Manicardi, si esprime nel servizio reciproco e diventa nei momenti di grazia "luogo di passaggio dello Spirito", ma è anche una realtà fragile. Le comunità infatti sperimentano squilibri, disfunzionamenti, divisioni, doppiezze, ipocrisie, protagonismi, Gesù ne aveva messo in conto il fallimento: "se il sale perdesse il sapore..." La santità comunitaria è un evento sempre in divenire, per questo secondo fra Manicardi "la mistica del vivere insieme nella comunità cristiana richiede l'assunzione delle virtù teologali: credere l'incredibile, sperare l'insperabile, amare il non amabile, cioè il nemico". Essenziale, osserva il relatore, è agire nell'oggi avendo presente la meta da raggiungere. "E la meta coincide con il cammino". La fraternità è un evento dinamico che deve ricrearsi ogni giorno e dice: "Ho vissuto 40 anni in una comunità monastica e ho sperimentato che occorre riscegliere ogni giorno il lavoro di diventare fratello dell'altro".
L'umanità di Gesù rivela il volto di Dio
Come in ogni tempo, anche nel nostro emerge una particolare comprensione e quindi un'immagine di Dio. Oggi, sostiene il monaco di Bose, è il momento di sottolineare Gesù nella sua piena umanità e il Vangelo come "scuola di umanizzazione". Una visione che non è minimalista, spiega, ma apre alla conversione di tutti gli aspetti dell'essere umano "il suo parlare e agire, il suo rapportarsi al mondo, agli altri e alla natura, il suo guardare e ascoltare, il suo amare e il suo pensare. Insomma, il suo modo di declinare l'umano che è il luogo dell’immagine e somiglianza con Dio". Come parlava, come amava, come agiva Gesù? Dietro alle Beatitudini c'è il suo vissuto: l'umanità di Gesù è il modello delle relazioni umane, del vivere insieme.
La mistica del vivere insieme come trasformazione dell'umano
L'ultima parte della riflessione del monaco di Bose evidenzia le tante ragioni per cui l'uomo da sempre cerca la comunità per concludere, citando l', che “Il modo di relazionarci con gli altri che realmente ci risana invece di farci ammalare, è una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano". E sottolinea alcuni elementi della mistica della fraternità come l'esercizio della parola per creare prossimità, la mitezza del dialogo, la ricerca della comunione attraverso l'ascolto e la condivisione. È necessario afferma ancora il relatore, dare nuovo significato al concetto di prossimo, che oggi deve includere anche le generazioni future e la natura, della fragilità che "è la cornice entro cui avviene la vita" e che sollecita la presa in carico, la "responsabilità della cura". Fra Manicardi parla di "prassi di resurrezione" in cui trova sostanza la mistica del vivere insieme le cui parole chiave sono "perdono, consolazione, cura, compassione" tese tutte "a ricreare relazione là dove essa è rotta o incrinata, a riportare salute là dove essa è menomata, a ridare speranza là dove essa è morta, a ricreare amicizia dove c’è inimicizia".
La santità nel magistero di Papa Francesco
La "classe media della santità"
La santità del popolo credente
Borghesi cita un brano di Francesco a proposito di questo concetto di santità: "Accanto, o meglio, in mezzo a questa moltitudine di credenti, che ho definito 'santi della porta accanto', vi sono coloro che la Chiesa indica come modelli, intercessori e maestri. Si tratta dei Santi beatificati e canonizzati". Borghesi afferma: "la santità ordinaria non esclude quella straordinaria", e "non è solo quella ordinaria che si nutre di quella stroardinaria (...), è vero anche l'inverso: la santità canonica è resa possibile dalla sua immersione nella santità del popolo cristiano." I santi canonici sono diventati tali, dunque, "grazie al legame affettivo che li ha uniti ad una compagnia di amici senza i quali la loro testimonianza non sarebbe stata possibile". Diventano così simboli del popolo credente, il Pueblo fiel, simboli di "una fede comunitaria vissuta".
I santi della vita quotidiana
Borghesi cita ancora le parole di Francesco: "La santità germoglia dalla vita concreta delle comunità cristiane. I Santi non provengono da un 'mondo parallelo'; sono credenti che appartengono al popolo fedele di Dio e sono inseriti nella quotidianità fatta di famiglia, studio, lavoro, vita sociale, economica e politica". E una caratteristica imprescindibile della santità è la gioia e il cuore aperto alla speranza. "Il malumore non è segno di santità", scrive Papa Francesco. Borghesi sottolinea quindi un'altra caratteristica comune a tanti grandi santi: l'unione tra contemplazione ed azione al cui centro è Cristo. E concludendo cita ancora Francesco che ha affermato: "Non possiamo capire la santità senza capire questo scandalo: che Dio si è fatto Cristo, cioè uomo come noi".
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