Sinodo, "non i soldi ma l'abbondanza di carismi sono la ricchezza della Chiesa"
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
È la comunione la prima e l’ultima parola del processo sinodale, l’origine e il senso del camminare insieme. Lo ha detto Anna Rowlands, docente di Dottrina Sociale della Chiesa alla Durham University in Gran Bretagna, questa mattina nel corso della quarta Congregazione Generale. La professoressa ha offerto ai partecipanti al Sinodo sulla sinodalità gli spunti teologici per affrontare la riflessione sul tema “Una comunione che si irradia. Come essere più pienamente segno e strumento di unione con Dio e di unità del genere umano?”, al centro del modulo B1 dell’, lo strumento di lavoro contenente i temi principali dell’assemblea.
Ricchezza della Chiesa è l'abbondanza dei carismi
Vivere la comunione richiede coraggio: “il coraggio di guardare in faccia la realtà, così come è realmente”. “La ricchezza della Chiesa non sono i soldi, ma l’abbondanza dei doni, dei carismi e delle grazie che Dio riversa e distribuisce nella comunità dei fedeli e che noi siamo chiamati a discernere”, tutti i battezzati mettono “le mani in questa cassa comune”. La comunione è dunque secondo Anna Rowlands, “il nostro agire e il nostro essere”, “è il modo in cui comprendiamo il disegno ultimo di Dio per tutta l’umanità” per rinnovare la faccia della terra.
Comunione, una bellezza non mondana
La bellezza della diversità nell’unità descrive la comunione, secondo la docente: “In un mondo moderno che tende al tempo stesso all’omogeneità e alla frammentazione, la comunione è un linguaggio di bellezza, un’armonia di unità e pluralità”.
Umiltà e servizio contraddistinguono la comunione secondo la Rowland, in logica opposta a quella del mondo secondo il quale la forza della competizione e del possesso prevale sulla relazione: “Dio, ci attira in una comunione di umiltà e di servizio”. La Trinità infatti irradia una comunione non competitiva e ciascuno nella Chiesa è chiamato a ricercare questa bellezza non mondana.
Il banchetto della Comunione
I partecipanti al Sinodo sono dunque invitati a riflettere con i vulnerabili, i sofferenti, i deboli e sulle vulnerabilità della Chiesa: in altre parole su “come farci più vicini ai più poveri, più capaci di accompagnare tutti i battezzati in una varietà di situazioni umane”. La drammaticità della condizione umana è il luogo in cui la Chiesa nasce e vive, ha spiegato la docente della Durham University. Come in un banchetto Dio ci invita a “gustare e vedere, prendere e mangiare”, fa appello ai nostri sensi: è infatti nell’Eucarestia che si incontrano le varie dimensioni della comunione. “La descrizione biblica della festa è un’immagine che sovverte quello che è percepito come ordine naturale delle cose. Nel banchetto coloro che non hanno potere, i disprezzati e i sofferenti saranno i primi” in ragione della vicinanza di Dio.
C'è sempre più verità da conoscere
A tal proposito la professoressa Rowlands ha citato due esempi di vita concreta: racconta di un sopravvissuto agli abusi da parte di un sacerdote che alla vigilia del Sinodo le ha scritto di “non aver paura di insistere sul bisogno di guarigione” perché “è l’Eucarestia che salva”. In secondo luogo ha condiviso la sua esperienza in un centro di accoglieinza legato alla Chiesa cattolica a Londra dove, a differenza di altri centri, i rifugiati le hanno confidato di sentirsi accolti perché chiamati per nome. L’invito è a non escludere nessuno: “Accogliere la verità vuol dire che c’è sempre più verità da conoscere”, ha precisato.
Le testimonianze
All’intervento di Anna Rowlands sono seguite, dopo una pausa di silenzio, quattro testimonianze. Nel segno della speranza l’intervento di Sōnia Gomes de Oliveira del Consiglio Nazionale dei Laici del Brasile che ha condiviso con l’aula la sua esperienza di assistente sociale tra gli ultimi e la gioia di vivere il processo sinodale nella Chiesa del suo Paese: “Molti laici hanno scoperto di essere corresponsabili della missione della Chiesa”, ha detto. "La sinodalità", ha proseguito, "d’ora in avanti non deve essere solo un momento, ma una prassi della Chiesa”, “dobbiamo essere presenza di Gesù, aperta all’ascolto e all’accoglienza” nei luoghi di dolore e sofferenza, anche in quelli che non riusciamo a raggiungere tra le persone che hanno lasciato la Chiesa e hanno il cuore ferito: tra le donne vittime di violenza e pregiudizi come tra i poveri e gli indigeni.
Segno di speranza tra gli ultimi
Gomes de Oliveira ha quindi raccontato di quando ha avvicinato una prostituta per coinvolgerla nel processo sinodale. La donna, superata un’iniziale diffidenza ha risposto: “Adesso ho capito, la Chiesa e Papa Francesco vogliono sapere come sto e cosa penso della presenza della Chiesa. Parlerò, forse qualcosa cambierà”. Lo stesso è accaduto con un detenuto che al termine dell’incontro ha chiesto una corona del rosario della Madonna, "Madre che non abbandona": “Io forse non uscirò dal carcere - ha detto l’’uomo - ma voi là fuori potete aiutare la mia famiglia”.
L'intervento del delegato fraterno
Subito dopo ha preso la parola uni dei delegati fraterni, Job Getcha, metropolita di Pisidia, del Patriarcato ecumenico, copresidente della Commissione mista internazionale di dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, il quale ha messo in luce le differenze di interpretazione del concetto di “sinodalità” da parte degli ortodossi. Sinodo per la Chiesa ortodossa, ha detto, “è una riunione deliberativa di vescovi, non un’assemblea consultiva clero laici” in cui la “concordia riflette il mistero trinitario della vita divina”. Il metropolita ha quindi citato alcune circostanze storiche in cui la Chiesa ortodossa ha coinvolto il clero e i laici nel processo sinodale.
Voci dall'Asia
Nel segno del dialogo interreligioso la testimonianza del sacerdote malese Clarence Davedassan che dall’Asia, continente di 4 miliardi di persone dei quali solo il 3,31% sono cattolici. “L’enfasi asiatica sull'essere relazionali - con Dio, con se stessi, con gli altri esseri umani e con il cosmo - è caratteristica - ha osservato -di una Chiesa sinodale e porta all'unità della famiglia umana e all'unità dei popoli dell'Asia”. “La Chiesa - ha proseguito - non è minoranza insignificante, ma in molti luoghi è al servizio dello sviluppo umano integrale e del bene comune”, cerca di diffondere il messaggio evangelico nonostante le sfide". "Il dialogo ad intra e ad extra", ha spiegato mettendo in guardia dal rischio dell’autoreferenzialità, "è una caratteristica della Chiesa in Asia alle prese con le sfide di costruire ponti e di un crescente clima di intolleranza religiosa e sociale".
Sempre dall’Asia è risuonato in aula l’intervento di Siu Wai Vanessa Cheng. Ascolto vuol dire “rispetto”, ha evidenziato richiamando la necessità di dare attenzione a chi rimane in silenzio per paura di non essere accettato o essere considerato irrispettoso nei confronti dell’autorità. “La sinodalità porta speranza alle persone”, ha proseguito citando l’esempio della Chiesa di Hong Kong aiutata dal processo sinodale a ripartire dopo due anni di disordini sociali.
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