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Monsignor Claudo Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali Monsignor Claudo Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali 

Gugerotti: cardinale in nome di un Oriente spesso dimenticato

Il prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali sarà creato cardinale durante il Concistoro del 30 settembre: "La porpora rende onore ai fedeli dell'Oriente, molti dei quali si trovano difficoltà". Dalla missione che il Papa ha assegnato a Zuppi sull'Ucraina emerge "una visione strategica", sottolinea, mentre sul Nagorno-Karabakh la Santa Sede sta facendo il possibile

Michele Raviart - Città del Vaticano

La “cosa geniale” della missione che Papa Francesco ha assegnato al cardinale Zuppi per l’Ucraina, “è quella di aver messo finalmente insieme chi combatte sul terreno e le grandi potenze dalle quali gran parte dipende la guerra”. Ad affermarlo è monsignor Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, che domani 30 settembre sarà creato cardinale da Papa Francesco e che questa mattina ha incontrato i giornalisti nella Sala Stampa della Santa Sede.  Il cardinale eletto afferma anche che è difficile prevedere “quali possano essere gli sblocchi emotivi e psicologici, politici ed economici di questa iniziativa”, anche se la direzione è certamente la più giusta. In questo senso è stato “determinante il coinvolgimento della Cina, ma non tanto della Cina da sola”, quanto nel suo rapporto con gli Stati Uniti. Sulla fine della guerra Gugerotti vede una volontà, ma non una strategia politica. 

La Santa Sede sta facendo il possibile per il Nagorno-Karabakh

Sulla difficile situazione tra Armenia e Azerbaigian, ha affermato, “la Santa Sede si è messa in movimento”. Questo, tuttavia, “è un tassello di un mosaico. In questo momento il mondo è così destabilizzato che vedremo centinaia di fenomeni come questo. Quello che non riusciamo a vedere, a differenza di alcuni decenni fa è che esista una potenza internazionale che sia in grado, non dico di gestire, ma almeno in qualche modo di intervenire, perché le Nazioni Unite volontariamente vengono escluse e, quanto a forza intrinseca, non splendono per grande capacità di decisione, soprattutto per la questione dei veti. Per cui gli accordi su queste realtà non si fanno mai sul posto. Ci sono interlocutori molto potenti che sono coinvolti in queste cose”. “Certo”, ribadisce, “che la Santa Sede fa il possibile”. “Abbiamo anche rapporti con l’Azerbaigian”, ha sottolineato, e “anche recentemente ho avuto dei segni perché loro chiedono un contatto. Noi non lo negheremo il contatto, ma bisogna vedere a cosa porterà e in che misura noi saremo influenti nel gestire questo contatto”.

In meditazione per il Concistoro

Monsignor Claudio Gugerotti durante il Concistoro del 30 settembre sarà uno dei ventuno nuovi cardinali creati da Papa Francesco. A Pope, ha raccontato come si sta preparando a questo momento.

Ascolta l'intervista integrale a monsignor Claudio Gugerotti

Mi sto preparando meditando il rito che ci sarà domani e le parole, essendo in latino, sono cariche di suggestioni molteplici. Ci sono alcuni gesti che sono formidabili. Il messaggio che li accompagna è estremamente esplicito e mette in evidenza aspetti che noi molte volte trascuriamo. Il Concistoro non è una festa folcloristica. Non è neanche la creazione dei principi dello Stato della Città del Vaticano, ma è un mistero di aggregazione alla figura e alla missione del Papa che colpisce particolarmente. Quando il Papa dà l’anello dice delle parole che sono bellissime: “Ricevi questo anello dalla mano di Pietro e ricordati che attraverso la comunione con Pietro aumenta il tuo amore per la Chiesa”. Qui c’è tutta la teologia cattolica del primato del Papa come successore di Pietro, il rapporto diretto col successore di Pietro nell’esercizio del proprio ministero e, terza cosa, tutto questo in funzione del servizio alla Chiesa. Della crescita dell’amore per la Chiesa, che è quindi un dono di Dio e non un potere conferito.

La sua nomina mette ancora di più in risalto quella che è la missione del Dicastero che lei presiede. Quali sono le sfide e che cosa significa affrontarle “da cardinale”?

Affrontarle da cardinale è più che altro un segno che per l’Oriente è importante perché essere rappresentanti e collaboratori del Papa da cardinale dà all’Oriente non solo la percezione di un’importanza, ma soprattutto il sentirsi onorati e pensati, e quindi amati e che allora il Papa ha voluto concedere a chi si occupa di loro un segno particolare che li onora. In concreto il mio Dicastero si occupa delle situazioni più “disgraziate” che ci sono al mondo. Non dico “le più”, ma molte. Quasi tutte queste Chiese si trovano in territori di grande difficoltà, in situazioni di guerra, di destabilizzazione … Il cardinalato significa porre all’attenzione del mondo queste situazioni che, riguardando spesso popoli non considerati protagonisti, creano un silenzio gelido intorno alla loro esistenza, perché ci sono cento guerre oltre a quella tra la Russia e l'Ucraina di cui non parliamo mai.

Qual è il ruolo delle Chiese orientali nella pace? Abbiamo parlato della missione del cardinale Zuppi, ma qual è il loro ruolo nel territorio?

Dipende da Chiesa a Chiesa. Le Chiese orientali sia cattoliche che ortodosse hanno questa caratteristica di essere molte vicine alla gente. Questo dà loro una possibilità di convogliare messaggi che sono più in grado di raggiungere il cuore delle persone semplici di quanto non faccia la tradizionale diffidenza del popolo verso i governanti. Il ruolo che le Chiese orientali scelgono di acquisire avrà una funzione determinante anche sul modo psicologico di percepire le difficoltà e la speranza di uscirne.

Sulla crisi tra Armenia e Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh qual è la sua visione riguardo quanto sta accadendo?

La mia percezione è questa. La sofferenza delle persone, l’uccisione, è una cosa assolutamente inaccettabile. Il fatto che questa situazione si prolunghi da molto tempo e che in passato abbia coinvolto molto intensamente varie autorità occidentali che però non sono riuscite a combinare niente, sostanzialmente. Tanto che la situazione nel Nagorno-Karabakh è una situazione che dipende molto più dagli equilibri di altri Paesi che non sono tra quelli che si dovevano mettere d’accordo per trovare una soluzione, mette chiaramente in evidenza come gli equilibri sono molto diversi. Quello che noi dobbiamo capire è che se l’Occidente non si sintonizza sulla vera sensibiltà di coloro che vivono questa tragedia, continueremo a parlare a vuoto, perché in senso tecnico e cinico, un gruppo di persone che muore succede dappertutto. Bisogna capire innanzitutto che lì c’è una storia di dolore che comincia da tempi immemorabili e poi che se si scatena lì un gioco di potenze che sono estranee al blocco occidentale e ai suoi interessi, a pagare sarà proprio il blocco occidentale. È questo il punto. Siccome oggi è importante parlare di cose che ti servono, non di ideali, perché purtroppo questi si comprano e si vendono oggi, come le armi, la cosa fondamentale è capire che siamo noi in gioco. Non soltanto questa povera gente che si ritrova in queste condizioni.

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29 settembre 2023, 15:54