Ucraina, Krajewski: missione conclusa, il Papa contento che sia arrivata la sua vicinanza
Salvatore Cernuzio e Benedetta Capelli - Città del Vaticano
Torna a Roma con il camion vuoto e il cuore pieno, il cardinale Konrad Krajewski, che ha concluso la sua missione in Ucraina dove ha consegnato alla popolazione al freddo e al buio generatori elettrici e magliette termiche. Ancora una volta, dallo scoppio della guerra, l’elemosiniere si è fatto messaggero della carità del Papa per gli abitanti del “martoriato” Paese. E proprio il Papa, in contatto costante con il porporato sin dall’inizio del viaggio il 17 dicembre scorso, ha voluto personalmente ringraziarlo con un messaggio vocale, inviato da un cellulare: “Il Santo Padre mi ha inviato un messaggio tramite WhatsApp. Era contento di ‘essere qui’, di essere vicino al popolo ucraino attraverso il suo elemosiniere, di poter confermare la gente nella fede, pregare con loro, stare con loro, mangiare con loro, soffrire con loro, perché qui soffrono tutti. Basta pensare a questi grandi palazzi senza luce, senza acqua con la gente che non può nemmeno andare in bagno”, racconta il cardinale al telefono con Pope.
In cammino verso Roma
La linea va e viene e il cardinale è sempre in movimento: il contatto con Krajewski avviene a Kyiv, dove ha trascorso il Natale, in uno dei rari momenti di sosta e con il Wi-Fi disponibile. In queste ore, l’elemosiniere sta facendo ritorno a Leopoli – prima tappa del suo viaggio – e da lì si dirigerà, alla guida di un furgone, verso casa, a Roma. “Ho girato un po’… Adesso incomincio a mettermi in cammino da Kyiv a Leopoli, dove incontro i sacerdoti greco-cattolici. Sono pronto a fare questi 2000 km fino a Roma”.
Il cardinale ripercorre i giorni appena passati, soprattutto le festività natalizie trascorse nella capitale, alla fine di due giorni di continui trasferimenti. “A Leopoli ho portato tutti i generatori e le magliette termiche che potevo. Poi con la macchina piena di indumenti termici sono arrivato a Kyiv e ho consegnato tutto alla Caritas. Loro hanno cominciato a distribuire nelle varie parti dell’Ucraina, soprattutto nelle zone di guerra”.
Natale a Kyiv
“La notte di Natale, nel pomeriggio – racconta ancora il porporato polacco – sono andato fuori da Kyiv, a 80 km, in una località chiamata Fastiv, dove ci sono i domenicani che hanno una parrocchia e una casa per i rifugiati. All’inizio della guerra, tantissime persone si fermavano da loro e loro hanno organizzato diversi pullman per far uscire la gente fuori dal Paese”. Alle 21 del 24 dicembre il cardinale ha celebrato la Messa: “Eravamo nella Chiesa con i generatori, non c’era la luce, per noi è difficile capire questo… Quando non c’è la luce, non ci sono i riscaldamenti, non si può cucinare. Per fortuna coi soldi inviati un mese e mezzo fa al nunzio dalla Elemosineria a nome del Santo Padre, sono stati comprati i generatori grandi. Abbiamo usato uno di questi per celebrare la Messa e dare luce alla casa dove ci sono i profughi”.
La cena con i volontari
Prima della celebrazione, si è tenuta una cena con il menù a base di cibo ucraino: “Siamo stati due ore insieme, mi hanno raccontato delle storie che per me sono edificanti”. Con Krajewski e i domenicani c’erano anche 150 volontari da varie nazioni e varie religioni. Ragazzi e ragazze che “hanno formato una comunità in questi 300 giorni di guerra che aiuta, cucina, che 2-3 volte a settimana va a Zaporizhzhia, Odessa, a portare cibo e vestiti. Anche una parte delle magliette le ho portate a loro e le daranno ai soldati ucraini e alla gente che abita lì, rimasta senza niente”.
Il Rosario del Papa
Per il cardinale è stato un momento “bellissimo”: “C’era la pace. Anche se siamo in un posto spesso bombardato, c’era tranquillità”. Alla Messa erano presenti invece circa 300 persone, che prima delle 23 sono tornati a casa per il coprifuoco. Krajewski ha fatto dono alla comunità di un Rosario di perla da parte del Papa: “Ho chiesto che ogni famiglia, ogni persona, presente lì, prenda questo Rosario almeno 24 ore a casa, anche se sono di diverse religioni, come segno di unione con il Santo Padre. Ho spiegato che la Madonna non solo ha partorito Gesù ma è stata davanti alla Croce, quindi sa cosa vuol dire la sofferenza”.
La luce dove c'è il buio
Dunque anche un aiuto spirituale e non solo materiale quello portato in Ucraina dall’inviato papale. Il messaggio, cioè, della “speranza di risorgere” e della “luce che Gesù ci porta al mondo, mentre in Ucraina è il buio totale”. “Quando sono tornato a Kyiv - riferisce ancora il cardinale - non si vedeva nulla, è pericoloso pure camminare, ogni cosa è un ostacolo, poi c’era pure la pioggia.... Tutti aspettano il giorno, ho pensato che è come noi cristiani che aspettiamo la nascita di Gesù per vedere le strade giuste per camminare”.
"Missione compiuta"
Sempre a Kyiv, l’elemosiniere ha fatto visita alle Missionarie della Carità, le cosiddette suore di Madre Teresa anche loro impegnate per gli aiuti. Gestiscono infatti un dormitorio con una trentina di persone, proprio nella zona di guerra. Accolgono coloro che hanno perso i familiari e ospitano circa 150-200 persone tre o quattro volte a settimana per il pranzo. “Ho celebrato la Messa con loro, poi il pranzo in Nunziatura e nel pomeriggio sono andato a trovare altre comunità religiose: i cappuccini, le suore della famiglia di Nazareth. Ho girato un po’… Dappertutto si sentono i rumori dei generatori. Parecchi sono venuti dall’Italia grazie alla generosità incredibile della gente. Tutti quelli che abbiamo portato noi, sono stati già distribuiti e funzionano. Direi che la missione è compiuta”.
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