Il presidente del CELAM: ora con il Sinodo raggiungere chi sta ai margini
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Si è concluso stamattina in Vaticano l’incontro di due giorni della Segreteria del Sinodo con i presidenti e i coordinatori delle Assemblee sinodali continentali per preparare insieme la fase continentale, seconda tappa del processo sinodale che si concluderà con l’assise dei vescovi nel 2024.
Cabrejos Vidarte: un confronto fraterno e arricchente
Tra i partecipanti - circa una trentina - anche monsignor Hector Miguel Cabreiros Vidarte, presidente del CELAM, il Consiglio episcopale dell’America Latina e dei Caraibi, che ai microfoni di Pope racconta la sua impressione sull’esperienza vissuta in questi giorni:
Monsignor Cabrejos Vidarte, un incontro in Vaticano per condividere il percorso fatto fin qui, ciascuno nel proprio continente, e guardare ai prossimi passi: che cosa è stata per lei questa esperienza?
Per me è stata un'esperienza meravigliosa, autentica, di preghiera, di fratellanza, la cosa più importante è stata questa familiarità in tutto: le domande, le proposte, gli interventi, un faccia a faccia con questo gruppo e anche con la ricchezza di ognuno per esprimere i suoi desideri sul processo sinodale.
Avete portato ciascuno di voi il risultato del lavoro fin qui svolto...
Sì, come nelle altre parti del mondo l'anno scorso noi abbiamo fatto la prima Assemblea ecclesiale dell'America Latina e dei Caraibi e questo lavoro si è concluso con un testo, non diciamo documento, ma un testo dove si è messo tutta l'esperienza sinodale di questa Assemblea ecclesiale che è stata per noi come un laboratorio sinodale nell'America Latina, fatto di un grande ascolto del Popolo di Dio in cui si è messo un forte accento su due parole: ecclesialità, vuol dire tutti e tutte nella Chiesa, e anche Popolo di Dio. Allora abbiamo condiviso questo, ma abbiamo portato anche quello che faremo e che abbiamo già programmato da qui fino al termine dell'Assemblea continentale in preparazione all''Assemblea del Sinodo universale in Vaticano.
Ma quale sarà la caratteristica di questa fase continentale che appunto impegnerà ora tutta la Chiesa?
Questa mattina ci hanno parlato del metodo del dialogo spirituale, di questa forma di preghiera spirituale che noi dobbiamo fare e credo che questo sia molto importante, perchè è importante oggi per la Chiesa ascoltare, ascoltare tutti, e anche passare, come qualcuno dice, dall'io al noi, e poi sentire anche le risonanze dell'uno e dell'altro e infine costruire insieme, tutti. Allora noi cercheremo di applicare questo metodo della conversazione spirituale nei nostri prossimi incontri
Ecco, finora ci sono stati tanti incontri a livello parrocchiale, diocesano, nelle comunità, nelle associazioni in tutto il mondo. Adesso altri incontri verranno convocati, ma ci sarà qualche cosa di diverso da quelli precedenti?
Credo che all'inizio saranno praticamente gli stessi gruppi ad incontrarsi di nuovo, ma questo non vuol dire essere chiusi, l'impegno ora sarà anche quello di coivolgere le persone più ai margini, quelle che vivono più fuori, diciamo. È importante fare questo, tornare di nuovo all'ascolto, ma non per fare un documento, ma per entrare ancora di più nell'ascolto a cui far seguire il discernimento, quindi fare delle proposte ma incomplete, non totalmente finite, su quelle che sono le sfide e le preoccupazione del Popolo di Dio e questo credo sia una ricchezza che da ciascun gruppo torna poi nelle diocesi.
Lei è presidente del CELAM, come potrebbe sintetizzare ciò che è emerso finora dall'ascolto delle comunità dell'America Latina, facendo anche un accenno alle principali criticità indicate...
Come ho già detto, noi abbiamo fatto un certo cammino che non è perfetto e dobbiamo capire che tutto questo è un processo e questo, grazie a Dio, è una buona cosa. Ci sono alcune criticità, certamente, una per esempio è quella del mancato ascolto di quei gruppi che sono un po' ai margini e cercare di coinvolgere anche altre persone. Questo credo è ciò che bisogna fare adesso che siamo appunto nella fase sinodale continentale che ripropone di nuovo l'ascolto.
Proprio l'ascolto del Popolo di Dio è al centro, infatti, di questo Sinodo. Allora le chiedo, in tutto questo a che cosa serve la teologia e quale sarà il ruolo dei vescovi?
Il vescovo è il primo a doversi convertire alla sinodalità, c'è bisogno di una conversione. La sinodalità non è una teoria, è una pratica, ma c'è anche una ricchezza teologica e il vescovo deve essere come dice Papa Francesco: davanti, nel mezzo, dietro le pecore, immerso nel Popolo di Dio e credo che questa sia la chiave di tutto. I teologi devono aiutare, non fare testi teologici, non è questo lo scopo, bisogna fare una teologia pastorale per accompagnare il Popolo di Dio, per far capire il Popolo di Dio e soprattutto che non sono i criteri teologici e gli schemi teologici quello che conta di più, più importante è sentire quello che il popolo pensa, dice, crede. Questo è molto importante e poi illuminare tutte queste cose con la fede, con la Parola di Dio come magistero. Credo che lì sta la chiave di tutto: ascoltare il Popolo di Dio e illuminare quello che si ascolta con la Parola di Dio, con il magistero, e dopo attuare, discernere.
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