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Il cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo de L’Aquila Il cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo de L’Aquila

Petrocchi: Assicurare al malato una “alleanza terapeutica”

Messaggio dell’arcivescovo de L’Aquila ai partecipanti ad un convegno sul "fine vita"

Davide Dionisi – Città del Vaticano

“Una patologia inguaribile non è anche incurabile: infatti va assicurata al malato una efficace e integrata alleanza terapeutica, insieme ad un generoso e perseverante accompagnamento spirituale, psicologico e relazionale”. È il cuore del messaggio che il cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo de L'Aquila, ha inviato ai partecipanti al convegno-dibattito su “Fine vita, il silenzio del legislatore e il ruolo delle Regioni”, tenutosi sabato scorso nel capoluogo abruzzese.

Il malato non sia un peso

“È nota la condizione drammatica in cui può trovarsi un paziente a causa di malattie prolungate, dolorose e gravemente disabilitanti. La situazione diventa ancora più sofferta nella fase terminale e dove venga emessa una diagnosi di inguaribilità”, scrive il porporato. E aggiunge: “Anche l'aspetto sociale ed economico va preso nella dovuta e fattiva considerazione. Secondo la dimensione evangelica, occorre mobilitare una condivisa carità samaritana, capace di prossimità concreta e a tutto campo!". "Nella cura - continua il cardinale - è essenziale che il malato non si senta un peso, ma che abbia la vicinanza e l’apprezzamento dei suoi cari. In questa missione, la famiglia ha bisogno di aiuto e di mezzi adeguati”.

Importanza della medicina palliativa

Il cardinale Petrocchi parla poi dell’angoscia della condizione che ci porta sulla soglia del limite umano supremo, e delle scelte difficili che occorre assumere. Scelte, secondo l’arcivescovo de L’Aquila, che “ci espongono alla tentazione di sottrarci alla relazione. Ma, continua, “questo è il luogo in cui ci vengono chiesti amore e vicinanza, più di ogni altra cosa, riconoscendo il limite che tutti ci accumuna e proprio lì rendendoci solidali. E se sappiamo che della malattia non possiamo sempre garantire la guarigione, della persona vivente possiamo e dobbiamo sempre prenderci cura: senza abbreviare noi stessi la sua vita, ma anche senza accanirci inutilmente contro la sua morte. In questa linea”, indica Petrocchi, “si muove la medicina palliativa. Essa riveste una grande importanza anche sul piano culturale, impegnandosi a combattere tutto ciò che rende il morire più angoscioso e sofferto, ossia il dolore e la solitudine".

Soluzioni condivise

Quanto all’individuazione di strade comuni, il porporato osserva che: “In seno alle società democratiche, argomenti delicati come questi vanno affrontati con pacatezza: in modo serio e riflessivo, e ben disposti a trovare soluzioni, anche normative, il più possibile condivise".

L'uomo è custode, non padrone della vita

Infine, il passaggio fondamentale sugli insegnamenti della Chiesa: “Papa Francesco ha ribadito i contenuti etici basilari”, rileva Petrocchi. “La vita viene da Dio; l'uomo, avendola ricevuta, è chiamato ad accoglierla e portarla a compimento con l'aiuto della grazia. Pertanto la vita, dal concepimento fino alla sua conclusione naturale, costituisce un dono prezioso di cui l'uomo è custode, ma non padrone. In questa visione l'eutanasia (come suicidio assistito) non può trovare mai una sua legittimazione".

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12 luglio 2021, 12:32