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Distribuzione di beni alimentari in Sudan Distribuzione di beni alimentari in Sudan  

Don Zampini e il Pam: un Nobel alla carità per lo sviluppo dei popoli

Per il segretario aggiunto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, don Augusto Zampini-Davies, il premio del comitato di Stoccolma va ad un’agenzia delle Nazioni Unite - il Programma alimentare mondiale - che, contro la fame, “affronta i problemi e offre soluzioni”, progettando interventi insieme alle comunità locali

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

“Quello del Programma alimentare mondiale è un grandissimo lavoro di carità, direi anche di carità cristiana”, perché “affronta i problemi, offre soluzioni, apre nuovi cammini e porta speranza per il futuro”. Don Augusto Zampini-Davies, argentino, dall’aprile di quest’anno segretario aggiunto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, e coordinatore della Commissione per il Covid-19 della Santa Sede, e per il suo incarico ha avuto modo di lavorare con il Pam, che presto riceverà il premio Nobel per la Pace 2020.

Soluzioni di sviluppo che nascono insieme alle comunità

Nel dicastero guidato dal cardinale Turkson, donAugusto Zampini si occupa di economia e finanza, lavoro e movimenti sociali, popolazioni indigene e pace, nuove tecnologie. Papa Francesco lo ha scelto anche come uno degli esperti del Sinodo dei Vescovi per l'Amazzonia celebrato nell’ottobre 2019. E riconosce al Programma alimentare mondiale, in inglese World food programme, la capacità di progettare soluzioni di sviluppo insieme alle comunità locali, non imposte dall’alto. Lo spiega in questa intervista a Pope:

Ascolta l'intervista a don Zampini

R. - Voglio fare le congratulazioni al Programma alimentare mondiale per il Nobel per la pace, ma soprattutto per il loro grandissimo lavoro di carità e fare la connessione tra questo premio e le parole di Papa Francesco nell’ultima enciclica Fratelli tutti. La carità non conosce confini, la carità infatti affronta i problemi, le difficoltà, senza disperare e senza individualismi, e quindi dona soluzioni, apre nuovi cammini, porta luce, con speranza, guardando verso il futuro. Mi sembra che il World food programme ha fatto questo lavoro di sviluppo e di carità in base alla carità cristiana, anche se è un’organizzazione laica. Mi permetto di ricordare una parola di Francesco d'Assisi: dove c’è fame uno che può fare? Può portare cibo. Il Wfp fa questo: porta cibo dove c’è fame, specialmente ai poveri, senza distruggere l'ambiente. E noi sappiamo che il Wfp è attentissimo alla Casa comune. Francesco d’Assisi dice anche: dov’è conflitto devi portare la pace. Ma non puoi portare la pace se c’è fame. E in tantissimi conflitti, soprattutto in America Latina, Africa e Asia, la causa del conflitto è il cibo o la mancanza del cibo. Il World food programme porta pace e lo fa coinvolgendo i contadini locali senza imposizioni. Diceva ancora Francesco d'Assisi: dov’è disperazione devi portare speranza. Credo che il Wfp porta la speranza in un mondo diverso, una speranza concreta per un mondo più sano, più sicuro è più giusto, perché la gente abbia da mangiare. Noi come Dicastero siamo contentissimi e credo che sia un premio giusto a un'organizzazione che sta facendo tantissime cose buone.

Infatti il Pam non solo fornisce il pesce, per sfamare, ma anche insegna a pescare, come dice il famoso proverbio. Oltre all'emergenza alimentare immediata, aiuta anche lo sviluppo nei vari Paesi…

R. – Anche il Papa lo ha spiegato nell’enciclica Fratelli tutti: la carità non è soltanto donare qualcosa ai poveri. E’ pensare al futuro. Il Buon Samaritano non solo risponde immediatamente ai bisogni del ferito, ma gli trova un albergo e chiede ad altri di fare attenzione. Pensa a lungo termine. Questo è quello che fa il Wfp. Ma insegnare può essere un po' paternalista. Le persone del posto sanno come produrre il cibo, ma credo che quello che fa il Wfp sia lavorare con loro, con le comunità locali per una produzione sostenibile e sana

Lei è responsabile della commissione Covid-19 del Vaticano. La Fao e il Pam hanno lanciato prima dell'estate l'allarme che con questa pandemia c’è il rischio che si raddoppino gli affamati nel mondo. Quindi ancora di più è necessaria la loro azione, e anche quella dei leader mondiali, contro la fame?

R. – La pandemia ha evidenziato tantissimi problemi sociali, ma uno molto importante è il problema del cibo, la sua produzione e la distribuzione, collegato alla crisi economica. Il problema della sicurezza alimentare resta, e dobbiamo lavorare tutto insieme come Chiesa, col Wfp e gli altri organismi internazionali per prevenire una nuova crisi alimentare che, come sempre, colpirebbe prima i poveri. Secondo me questo premio è un incentivo per lavorare per la giustizia nella distribuzione degli alimenti. Dobbiamo continuare a lavorare per un sistema di produzione del cibo più giusto e più sostenibile. Il Coronavirus sappiamo che è legato all’uso di pesticidi per la produzione di alimenti, che favorisce lo sviluppo di nuovi virus. Quindi dobbiamo essere attenti soprattutto ad una produzione più sana di alimenti: sana non solo biologicamente, ma anche sana socialmente. Questo credo che il Wfp lo abbia capito: spero che lo possiamo capire tutti.

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09 ottobre 2020, 21:35