Saranno beati 13 nuovi martiri uccisi in Spagna e Guatemala
La Chiesa avrà 13 nuovi Beati. Papa Francesco, ricevendo ieri il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha autorizzato il Dicastero a promulgare i Decreti riguardanti il riconoscimento del martirio dei Servi di Dio Benedetto di Santa Coloma de Gramenet (al secolo Giuseppe Doménech Bonet) e 2 Compagni, dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, uccisi in odio alla fede, durante la guerra civile in Spagna, fra il 24 luglio e il 6 agosto 1936, e dei Servi di Dio Giuseppe Maria Gran Cirera e 2 Compagni, sacerdoti professi dei Missionari del Sacratissimo Cuore di Gesù, e 7 Compagni laici, uccisi in odio alla fede in Guatemala tra il 1980 e il 1991.
Benedetto di Santa Coloma de Gramenet
Benedetto di Santa Coloma de Gramenet nato il 6 settembre 1892 proprio a Santa Coloma in Spagna, entrò nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini nel 1909 e, il 23 febbraio 1913, emise la professione religiosa solenne. Fu ordinato sacerdote il 29 maggio 1915. Svolse gli incarichi di Maestro dei Novizi; Definitore Provinciale e Guardiano del convento di Manresa che, il 22 luglio 1936 fu occupato e devastato dai miliziani anarchici e marxisti. Riuniti i religiosi, il Servo di Dio ordinò allora l’immediata evacuazione dal convento. I frati trovarono rifugio in luoghi più sicuri mentre Benedetto si recò in una casa di campagna detta Casajoana nei pressi di Manresa dove, il 6 agosto 1936, un gruppo di miliziani fece irruzione con violenza. Volevano obbligarlo a bestemmiare, ma egli rifiutò categoricamente. Fu condotto così nel luogo detto La Culla, dove venne ucciso senza pietà. Pochi giorni prima di lui, mentre portava la comunione ad una clarissa fu rapito e poi fucilato anche Giuseppe Oriol di Barcellona. Nella notte tra il 27 e il 28 luglio la stessa sorte toccò all’altro compagno, Doménech di Sant Pere de Riudebittles, al secolo: Joan Romeu y Canadell.
In Guatemala persecuzione sistematica e prolungata
Tra i dieci martiri del Guatemala ci sono invece tre sacerdoti della Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore di Gesù e sette laici, tra cui Juan barrera Méndez un ragazzino di appena 12 anni, appartenente all’Azione cattolica. Tutti furono uccisi fra il 1980 e il 1991 nel corso di una prolungata e sistematica persecuzione della Chiesa fortemente impegnata nella tutela della dignità e dei diritti dei poveri. In particolare José María Gran Cirera nato a Barcellona il 27 aprile 1945, emise la prima professione nella Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore l’8 settembre 1966 e quella perpetua l’8 settembre 1969. Fu ordinato sacerdote il 9 giugno 1972 a Valladolid. Dopo un periodo di servizio pastorale a Valencia, nel 1975 fu inviato in Guatemala, dove esercitò il ministero presso S. Cruz del Quiché, fino al 1978. Successivamente fu destinato alla parrocchia di San Gaspar di Chajul. Fece suo il programma della comunità religiosa e della diocesi a fianco dei più poveri e degli indigeni, massacrati dal silenzioso genocidio messo in atto dalla autorità militari. Il Servo di Dio fu assassinato il 4 giugno 1980 insieme al sacrestano, Domingo del Barrio Batz, mentre rientravano a Chajul dopo una visita pastorale presso i villaggi della parrocchia. Quando morì aveva solo 35 anni.
Una Chiesa di martiri
Ricordare i martiri di ieri e di oggi, sentirci in comunione con loro, e a loro “chiedere la grazia di vivere e morire con il nome di Gesù nel cuore e sulle labbra” è l’esortazione che il Papa ha rivolto ai fedeli dalla finestra dell’Angelus, lo scorso 26 dicembre, in occasione della festa di Santo Stefano, protomartire. Francesco cita spesso anche i “martiri nascosti”, quelli di cui nessuno sa il nome che per aiutare i fratelli e le sorelle in difficoltà vengono perseguitati dai Sinedri moderni. Dice anche che la nostra Chiesa è una Chiesa di martiri e che “ci sono più martiri oggi che alle origini del cristianesimo” e tanti Stefano nel mondo, ad ogni latitudine, continuano a morire per la loro fede, perseguitati solo perché cristiani. “Oggi – ha affermato ancora il Pontefice - la Chiesa è Chiesa di martiri: loro soffrono, loro danno la vita e noi riceviamo la benedizione di Dio per la loro testimonianza”. Oltre ai martiri spagnoli e guatemaltechi, il Papa ha autorizzato il Dicastero a promulgare anche i Decreti relativi al riconoscimento delle virtù eroiche di sei religiosi. Il primo è il Beato Giovanni Tavelli da Tossignano, dell’Ordine dei Gesuati, vescovo di Ferrara.
La vita e le virtù di Giovanni Tavelli
Nato nel 1386 a Tossignano, presto iniziò gli studi giuridici a Bologna che lasciò quasi subito perché si sentì chiamato ad entrare nell’Ordine dei Gesuati, fondato dal Beato Giovanni Colombini a metà del XIV secolo. Il Beato Giovanni Tavelli rimase affascinato dallo spirito di penitenza e dalla carità di questa famiglia religiosa, nella quale entrò con il desiderio di essere santo, pur ponendosi contro il volere dei genitori. Nel 1408 iniziò il percorso formativo a Venezia. Nel 1426, fu trasferito a Ferrara come priore del convento “S. Girolamo”. Il 28 ottobre 1431, fu nominato vescovo di Ferrara da Eugenio IV, che lo stimava moltissimo. Si distinse in particolare per aver riportato lo zelo nell’ambito della vita consacrata e per la celebrazione del sinodo diocesano. Partecipò ai Concili di Basilea, e di Ferrara-Firenze, dimostrandosi fedele al Papa, in un periodo di turbolenze. Fu maestro di dottrina cristiana. Si dedicò alle visite pastorali, che portarono benefici nella vita spirituale dei fedeli. Fondò l’Arcispedale, che tanto bene portò alla popolazione, afflitta a causa di frequenti e violente pestilenze. Morì il 24 luglio 1446 a Ferrara. Umiltà, silenzio, nascondimento, penitenza corporale e mortificazione gli consentirono di rimanere in quotidiano dialogo con il Signore. Alla profonda vita contemplativa unì una vivace carità; intensa fu la sua attività di soccorso ai bisognosi. L’amore di Dio e del prossimo fu il motore di ogni scelta del Beato, anche quando fu chiamato al ministero episcopale. L’amore verso il prossimo raggiunse il suo apice sino al sacrificio della vita quando, durante l’epidemia di peste, si prodigò personalmente nell’assistenza degli ammalati ferraresi, senza alcun timore di contagio. Fu un pastore zelante, animato dalla preghiera, attento alle necessità del popolo di Dio. Alla morte del Beato, vista la grande fama di santità e di segni di cui godeva, il Duca di Ferrara, Ercole I, decise di promuovere il processo di canonizzazione. In vista della canonizzazione occorrerà un miracolo attribuito all’intercessione del Beato Giovanni Tavelli da Tossignano.
Gli altri Decreti
Tra gli altri religiosi: il Servo di Dio Gioacchino Masmitjá y Puig, canonico della Cattedrale di Girona, fondatore della Congregazione delle Missionarie del Cuore di Maria, nato a Olot (Spagna) il 29 dicembre 1808 e morto a Girona il 26 agosto 1886; il Servo di Dio Giuseppe Antonio Plancarte y Labastida, sacerdote diocesano, fondatore dell’Istituto delle Suore di Maria Immacolata di Guadalupe, nato il 23 dicembre 1840a Città del Messico e qui morto il 26 aprile 1898; il Servo di Dio Giuseppe Pio Gurruchaga Castuariense, sacerdote diocesano, fondatore della Congregazione delle Ausiliatrici Parrocchiali di Cristo Sacerdote, nato a Tolosa (Spagna) il 5 maggio 1881 e morto a Bilbao il 22 maggio 1967; il Servo di Dio Antonio Maria da Lavaur (al secolo Francesco Leone Clergue), sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, nato a Lavaur (Francia) il 23 dicembre 1825 e morto a Tolosa (Francia) l’8 febbraio 1907. Le loro biografie sono state pubblicate sul .
Carmen Caterina Bueno
Ultimo decreto è per la Serva di Dio Maria del Monte Carmelo della Santissima Trinità, al secolo Carmen Caterina Bueno, monaca dell’Ordine delle Carmelitane Scalze, è nata a Campinas in Brasile il 25 novembre 1898. Nel 1917 comprese la sua vocazione al Carmelo e nel 1930 emise la professione solenne. Da lì a poco venne eletta priora e maestra delle novizie nel monastero di Tremembé. La Serva di Dio cercò di esercitare le virtù, in particolare l’umiltà. Emise tre voti particolari – quello di essere sempre mansueta, di offrire la sua opera per la gloria di Maria e di abbandonarsi fiduciosamente a Dio – che le servirono nel cammino spirituale, caratterizzato dai tratti tipici della spiritualità carmelitana. Condusse una vita di pietà e di fervore eucaristico. La costante preghiera la custodiva nel dialogo con Dio. Semplice, obbediente, ebbe un elevato senso della giustizia e del rispetto dei diritti altrui. Nonostante la salute cagionevole, non venne mai meno ai propri doveri. L’opera più importante compiuta dalla Serva di Dio fu la fondazione del monastero del “Volto Santo e Pio XII”. Morì il 13 luglio 1966 a Taubaté, in seguito ad un'emorragia cerebrale.
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