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Sinodo, suor Cannavina (Clar): religiosi “in uscita” per servire le comunità

La suora colombiana Daniela Cannavina, uditrice, segretaria generale della Confederazione dei religiosi e delle religiose dell’America Latina (Clar), sottolinea l’importanza di incoraggiare i consacrati ad essere “sempre in uscita”, e di attivare equipe itineranti di religiosi, sacerdoti e laici per garantire la presenza della Chiesa in tutte le comunità dell’Amazzonia

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

A pochi giorni dalla conclusione dei lavori del Sinodo Speciale per la Regione Panamazzonica, chiediamo un primo bilancio alla suora colombiana Daniela Adriana Cannavina, uditrice, segretaria generale della Confederazione dei religiosi e delle religiose dell’America Latina (Clar), della Congregazione delle Suore Cappuccine di Madre Rubatto.

R. - Il bilancio che posso fare è che c’è stato un clima veramente di grande dialogo, molto ascolto, molto rispetto. Siamo state invitate in quasi 40 donne, e possiamo portare la voce della nostra gente, dei nostri popoli. Il tema trasversale del documento finale è quello della conversione: una conversione integrale che riporti al centro il Vangelo, una conversione pastorale, culturale, ecologica, socio-ambientale e soprattutto sinodale. Come Clar abbiamo una grande responsabilità al ritorno: trasmettere tutto quello che abbiamo vissuto alle diverse comunità religiose femminili e maschili. Abbiamo già in programma di realizzare un primo seminario continentale sul tema dell’ecologia integrale, che sarà a fine novembre in Costa Rica, che è uno dei paesi con la maggior biodiversità del mondo. E lì saremo portavoci anche del documento finale.

Le comunità indigene più isolate, oltre la visita del pastore, che può avvenire ogni due, tre mesi, chiedono maggiore presenza della Chiesa. Come favorirla?

R. - Come Confederazione delle religiose dell'America Latina dobbiamo animare e coordinare tutte le attività per un solo obiettivo, affinché la vita religiosa torni alle sue origini. E incoraggiare le religiose e i religiosi ad essere sempre "in uscita", e soprattutto a riconfigurare le proprie strutture per poter compiere queste scelte di vita nel territorio amazzonico, che è la missione che ci ha dato Papa Francesco. Inoltre ognuno di noi, e parlo anche a nome dei religiosi maschi, è consapevole della necessità di essere presenti qui. Esiste già un’equipe itinerante, composta da diverse congregazioni religiose,  sacerdoti e laici, che stanno facendo questo cammino. Si spostano ma garantiscono una presenza: sembra paradossale ma è la realtà di questi gruppi. Dobbiamo unirci a queste nuove esperienze: il Papa ci invita a cercare nuove strade, allora dobbiamo essere molto creativi quando si tratta di capire come svolgere il nostro compito ministeriale di presenza nelle diverse realtà.

La visibilità che questo Sinodo ha dato all’Amazzonia e alla sua Chiesa, può favorire anche nuove vocazioni indigene, tra i religiosi e le religiose?

R. – Dipenderà dal nostro impegno e dalla nostra presenza. Nessuno ama quello che non conosce, quindi quando le giovani e i giovani conoscono il nostro carisma, il messaggio di Gesù, molte di più vorranno unirsi a questo progetto di vita ed essere discepoli missionari. Ma è un cammino lento: tutta la Chiesa soffre questa carenza di vocazioni, e quindi dobbiamo rinnovare la nostra pastorale. Credo che questa pastorale “in uscita” inviti i giovani ad unirsi a questo progetto di vita che sia abbondante per tutte e tutti.

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24 ottobre 2019, 07:15