Mese missionario, Filoni: tutti sono chiamati ad evangelizzare
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Si apre stasera, con la celebrazione dei Vespri presieduta da Papa Francesco nella Basilica di San Pietro e introdotta dalla Veglia missionaria e da varie testimonianze, il mese missionario straordinario indetto dal Santo Padre. Nel giorno in cui la Chiesa ricorda santa Teresa del Bambino Gesù, dichiarata patrona dei missionari, siamo invitati a riflettere sul tema “Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”.
Ritrovare il senso missionario
La finalità di questo mese missionario, come si legge nella , è quella di “riprendere con nuovo slancio la trasformazione missionaria della vita e della pastorale”. Tutti i fedeli, auspica Francesco, "abbiano veramente a cuore l’annuncio del Vangelo e la conversione delle loro comunità in realtà missionarie ed evangelizzatrici".
Mese missionario scandito da tre eventi
Papa Francesco ha annunciato l’intensione di promuovere il mese missionario straordinario all’ per “alimentare l’ardore dell’attività evangelizzatrice della Chiesa ad gentes”. A scandire questo mese sono tre eventi: i Vespri presieduti oggi dal Papa, il rosario internazionale nella Basilica di Santa Maria Maggiore il prossimo 7 ottobre e la celebrazione, il 20 ottobre, della Giornata missionaria mondiale.
Cardinale Filoni: ogni battezzato è missionario
Il mese missionario straordinario è stato presentato, stamani, nella sala stampa della Santa Sede, da rappresentanti della Chiesa e del mondo missionario. Padre Frédéric Fornos, direttore internazionale della Rete mondiale di preghiera del Papa ha sottolineato che la preghiera è l'anima dell'esperienza missionaria e rinnovato l'invito che Francesco lancia nel videomessaggio per l'intenzione di preghiera del mese di ottobre. Il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, ha ricordato che tutti siamo chiamati ad essere missionari:
R. - La dimensione missionaria non è qualcosa che bisogna delegare o lasciare ad altri. Il Papa pensa che la Chiesa non può vivere per deleghe ma assumendo il compito missionario in tutta la sua forma, potenzialità, ricchezza e capacità. Ognuno deve assumersi in qualche modo un ruolo, una funzione. Prendiamo coscienza che per il Battesimo noi siamo missionari.
Sviluppando proprio le linee principali di questa missionarietà, tutti quindi siamo chiamati ad essere missionari alle genti, tra le genti e nella Chiesa…
R. - Una volta c’era la delegabilità perché passare mari e andare oltre diventava fondamentale in quanto c’erano delle società abbastanza omogenee. Aalmeno in occidente c’era un’omogeneità sulla dimensione cristiana, cattolica. C’erano una identificazione ed una compattezza di visione. Poi, pian piano questo è cambiato perché le persone non tutte si sono sentite parte della realtà della Chiesa ed altri popoli sono arrivati. Allora a questo punto entra la seconda dimensione: non più ad gentes, cioè andare verso le moltitudini, ma entrare nella dimensione dove noi siamo interculturali, quindi inter gentes. Passiamo al terzo elemento: quello all’interno della Chiesa. Nella stessa realtà nella quale viviamo che comunque non è più omogenea, abbiamo bisogno anche di prendere coscienza che l’evangelizzazione o rievangelizzazione ha bisogno di essere riconsiderata, rivista, rivitalizzata.
Sono diversi gli eventi che scandiranno questo mese missionario. Il prossimo 7 ottobre lei, eminenza, guiderà un rosario internazionale. La preghiera è l’anima della missione...
R. – Già una giovane donna laica, Pauline Jaricot, subito dopo la rivoluzione francese attorno al 1820, diceva: io come donna francese e semplice operaia, che cosa io posso fare con il mio Battesimo nell’opera missionaria? E la prima che pensò era la preghiera. Quindi, in questo senso, lei creò la catena missionaria: ogni persona, ogni ragazza che era con lei, si impegnava a recitare un rosario. E allora si creava una catena di preghiera del rosario missionario in sostegno all’opera missionaria. La preghiera è un po’ l’energia di quest'opera. Questa idea non è mai venuta meno, ma la dobbiamo riscoprire. Allora l’idea del rosario missionario vuole in qualche modo riproporre questa idea originaria e che coinvolge tutti coloro che lo desiderano.
Padre Meroni: Chiese locali chiamate ad essere creative
Il mese missionario straordinario è anche uno stimolo, per la Chiesa, a crescere nella creatività. Padre Fabrizio Meroni, del Pontificio istituto missioni estere (Pime) ha ricordato che il mese missionario interpella in particolare le Chiese locali con uno scopo:
R. - Provocare e stimolare la creatività delle chiese locali. Le Chiese locali sono sfidate a chiedersi: a che punto stiamo noi con la missione?
Da questa creatività cosa ci può arrivare?
R. - Anzitutto, un rimettere la fede al cuore della preoccupazione sulla missionarietà della Chiesa. Questo Papa Francesco lo dice chiaramente: si è battezzati e inviati. Il Battesimo è la comunicazione della vita divina di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo che nella missione del Figlio e dello Spirito Santo, coinvolgono coloro che credono. Quindi il problema della missione è un problema della fede, non solo come convinzione personale che è il cuore della mia adesione. Ma è una convinzione personale del fatto che Gesù Vristo è la vera risposta al mondo. Fede nel senso di essere preoccupati per la salvezza del mondo, avere a cuore il mondo.
Questo mese missionario straordinario sarà scandito da diversi eventi. Tra questi, il prossimo 20 ottobre, la Giornata mondiale missionaria. Quest’anno, questa giornata su quali accenti in particolare si poserà?
R. - Invito tutti e chiunque a prendere sul serio il messaggio dato dal Papa alla Chiesa il 9 giugno scorso nella solennità di Pentecoste. Si tratta del messaggio per la Giornata mondiale missionaria. L’accento è posto sulla fede e sulla fede in rapporto con il mondo. Il Battesimo non è solo un rito, anzi di più: il Battesimo è proprio vera vita data. C’è la questione dei fedeli battezzati di cui abbiamo sempre più bisogno come reali testimoni: non solo con le prediche ma con una fede convinta, Ed con una vera competenza professionale, con una capacità di penetrare dal di dentro del mondo conoscendolo anche attraverso l’esperienza umana fondamentale che è l’amore coniugale, che è il matrimonio. Il valore diventa una reale idea perché si è competenti in quello che si dice. Il secondo aspetto del messaggio è questa coincidenza provvidenziale del mese missionario straordinario e del Sinodo sull’Amazzonia. Il Papa quando pensa all’Amazzonia è seriamente pastore, è preoccupato della evangelizzazione.
Suor Brambilla: la missione in Africa mi ha cambiato la vita
La voce dei missionari non è solo il ritratto di una parte di mondo diversa dalla nostra. È soprattutto la testimonianza di semi gettati e di frutti colti. Suor Simona Brambilla, missionaria della Consolata, superiora generale delle missionarie della Consolata, ha spiegato che è fondamentale mettersi in ascolto dei missionari, cogliere la testimonianza di esperienze vissute alla luce del Vangelo:
R. – Credo sia importante, in questo mese missionario, aprirci all’ascolto dei missionari, dei missionari con la loro esperienza. Credo profondamente che un cammino missionario si faccia non con una ma con due gambe. Una è la gamba della riflessione teologica, importantissima, imprescindibile. Però questa riflessione teologica va fatta dialogare con l’esperienza di campo, l’esperienza pastorale dei missionari. Poco si tende a dare spazi ai missionari che magari tornano nelle terre di origine. Si tende poco ad dare spazio ad un ascolto dell’esperienza. E questo credo sia una perdita ma anche una chiamata ad essere più attenti: il missionario che rientra ha molto da dare. Ha da dare alla sua Chiesa di origine l’esperienza di incontro di dialogo, di interscambio con una cultura e una spiritualità diversa. Cultura e spiritualità diversache aiuta ad illuminare e a guardare in modo più diverso, più completo, l’esperienza cristiana: questa raccolta che il missionario fa, non solo dei semi del verbo, ma dei frutti del verbo, perché spesso ci imbattiamo non tanto in semi da annaffiare, ma in frutti da cogliere.
Parliamo della sua esperienza missionaria personale che si è declinata in Africa: quali frutti ha raccolto?
R. – La mia esperienza missionaria è stata in Mozambico, parecchi anni fa, dal 2000 al 2002. Un'esperienza breve, ma sono stati due anni molto intensi. Mi ha cambiato la vita. La mia prima raccolta è stata la mia trasformazione spirituale, la mia apertura di cuore che è avvenuta grazie ad un incontro, l’incontro con i miei confratelli e consorelle che da molti più anni di me vivevano la missione. Ma poi l’incontro con il popolo. Io vivevo in un villaggio del nord del Mozambico, a contatto con un popolo bantu, un popolo che come mentalità, come pensiero, come affetto e come spirito è profondamente matriarcale. Dio è una madre, quindi è una madre misericordiosa, che non può mai, in nessun modo, abbandonare un figlio,Ma che sempre ama incondizionatamente questo figlio. Dio ha molte caratteristiche femminili, Dio è un dio accogliente, è un dio delicato, fine, ma anche un dio forte, come una donna sa essere, quando deve difendere i suoi piccoli. Allora, questa percezione di Dio che viene da questa spiritualità e che poi si travasa nel cristianesimo e lo illumina, dandogli un altro riflesso, mi ha fatto un bene immenso. Mi ha dilatato personalmente nel mio rapporto con Dio ad un’esperienza più intensa, più profonda, più colorata da aspetti diversi.
Dio ci ama perché siamo tutti suoi figli, in qualunque longitudine e latitudine. Questo è ciò che sperimenta il missionario…
R. – Sicuramente, si sperimenta innanzitutto che siamo tutti uomini e donne:i al di là delle appartenenze di religione, di etnia, siamo fratelli e sorelle. Ciò che ci unisce è infinitamente di più, e più importante di quello che potrebbe differenziarci o, addirittura dividerci. In questa ottica, in questa percezione, le differenze divengono celebrazione: celebrazione di sfumature diverse. Si può vivere tra diversi in comunione. Questo lo possiamo testimoniare.
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