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Da sinistra a destra: Moema Maria Marques de Miranda, Victoria Lucia Tauli-Corpuz, il cardinale Pedro Ricardo Barreto Jimeno, Cristiane Murray, padre Giacomo Costa e Paolo Ruffini Da sinistra a destra: Moema Maria Marques de Miranda, Victoria Lucia Tauli-Corpuz, il cardinale Pedro Ricardo Barreto Jimeno, Cristiane Murray, padre Giacomo Costa e Paolo Ruffini

Al briefing sul Sinodo la varietà di temi e opinioni nel segno del camminare insieme

Tanti i temi al secondo briefing sul Sinodo per l’Amazzonia. Ad intervenire stamani alla Sala Stampa vaticana il cardinale Pedro Ricardo Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo in Perú, Victoria Lucia Tauli-Corpuz, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene, Moema Maria Marques de Miranda, Assessore della REPAM e di “Chiese e minerazione” in Brasile, Paolo Ruffini e padre Giacomo Costa

Debora Donnini – Città del Vaticano

Non bisogna avere paura delle opinioni diverse e a testimoniarlo sono san Pietro e san Paolo sulla questione della circoncisione. Lo ricorda il cardinale Pedro Ricardo Barreto Jimeno, dando così una chiave importante per comprendere a fondo il Sinodo che, sottolinea anche Paolo Ruffini, è uno spazio per discernere insieme, nella preghiera, non una discussione. Una ricchezza di opinioni e anche di temi, mette in evidenza padre Giacomo Costa, segretario della Commissione per l'Informazione: in questo momento si passa da un tema all’altro con i singoli interventi di 4 minuti, non c’è un discorso continuativo.

Prima di tutto, c’è l’ampio spazio al tema della formazione dei laici e dei sacerdoti per nutrire le comunità ecclesiali locali, dice il prefetto del Dicastero per la Comunicazione ricordando che ogni padre sinodale esprime il suo punto di vista e quindi ci sono sfumature e anche posizioni diverse su alcune questioni, come quella sui cosiddetti “viri probati” : tutti riconoscono che c’è una domanda di sacerdoti in rapporto all’ampiezza del territorio e si cerca una risposta. La questione fondamentale è comunque che non ci siano cattolici di prima e seconda classe, chi può partecipare all’Eucaristia e chi no. La richiesta di una presenza permanente e non solo visitante arriva da comunità senza persone che possano celebrare l’Eucaristia. Basti pensare che in territori grandi come l’Italia ci sono 60-70 sacerdoti, e alcune comunità vedono un sacerdote una volta l’anno, o anche meno.  Tra le proposte avanzate quella di diaconi locali temporanei. E’ stato messo anche in rilievo la necessità di non cadere in una visione funzionalista del sacerdozio.Tra gli altri temi quello della inculturazione, di una Chiesa dal volto indigeno, e poi quella dell’ecologia integrale, per una cultura di sostenibilità contro l’estrattivismo.

Nel suo intervento il cardinale Barreto, che è anche Vice Presidente della Rete Ecclesiale Panamazzonica, ricorda come la Chiesa si stia preoccupando non solo da ora: nel 1741 Benedetto IX ha scritto una lettera di accompagnamento alla sofferenza dei popoli indigeni, san Pio X scrisse un’Enciclica favore degli indios per il problema dei caucheros, gli sfruttatori di caucciù. Ci sono stati, quindi, tanti martiri, ma anche delle ombre. L’annuncio del Vangelo non può mai essere imposto e Papa Francesco sta invitando la Chiesa e il mondo ad ascoltare, rileva ancora, sottolineando in questo senso l’importanza della figura di san Francesco d’Assisi e la speranza. Poi rispondendo alla domanda di un giornalista che ha parlato di una ventina di popoli amazzonici che praticano l’infanticidio, il cardinale Barreto afferma che non è tutto di color rosa fra i popoli originari, dicendo  però di non aver mai ascoltato che in questo momento vi siano 20 popoli amazzonici che stanno praticando l’infanticidio. E rimarca comunque che ogni vita umana è sacra. E se qualcuno afferma dentro la Chiesa che queste pratiche sono possibili, sta disconoscendo l’essenza del Vangelo.

A testimoniare le sofferenze dei popoli indigeni è stata sicuramente Victoria Lucia Tauli-Corpuz, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene, proveniente dalle Filippine, e invitata speciale. Racconta la sua esperienza in queste Regioni e i diversi problemi: dal mercurio nel sangue dei bambini ai luoghi dove il fiume si è seccato a causa di una diga fino all’esperienza in Ecuador di pozzi petroliferi. Esprime quindi la convinzione che la Chiesa debba parlare al mondo e che gli indigeni vadano protetti.

Anche Moema Maria Marques de Miranda, laica francescana, parla con forza delle ferite, mettendo in luce l’opportunità rappresentata da questo Sinodo: un dialogo profondo e un ascolto di quello che proviene dal cristianesimo, dalla scienza e dai popoli indigeni che ci possono insegnare a convivere e difendere il pianeta, vivendo da millenni nella foresta. E, quindi, se da una parte c’è un progetto di estrattivisimo e deforestazione, dall’altra si delinea la possibilità di un progetto sostenibile. 

E nel pomeriggio il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, ha precisato “in merito alla domanda fatta oggi durante il briefing sui lavori sinodali, circa la presenza di rappresentanti delle Nazioni Unite nei Sinodi precedenti", che "in passato ci sono già stati due invitati speciali, specificamente nella Assemblea Speciale per l'Africa, nel 2009":  Rodolphe Adada, già Rappresentante Speciale Congiunto del segretario Generale delle Nazioni Unite e Presidente della Commissione dell’Unione Africana nel Darfur  e Jacques Diouf, direttore generale della FAO.

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08 ottobre 2019, 16:45