Ruolo delle Chiese cattoliche orientali. Parolin: un ministero profetico
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
E' entrato nel vivo, ieri, con i primi interventi nella sede del Pontificio Collegio Ucraino di San Giosafat a Roma, l'incontro annuale dei vescovi orientali cattolici in Europa sul tema della missione ecumenica, "una sfida" come l'ha definita, parlando a Pope, il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il cardinale Leonardo Sandri, "specialmente in Europa, dove ci sono tante possibilità ecumeniche, ma anche tanti richiami perché vediamo tante divisioni in corso".
"Pregare" e "darsi da fare" è l'obiettivo di questi giorni insieme" perchè " l'unità appartiene alla missione essenziale dell'intera Chiesa" ha indicato, aprendo i lavori, il cardinale Angelo Bagnasco arcivescovo di Genova e Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, organizzatore dell'incontro insieme alla Chiesa greco-cattolica ucraina. Il porporato citando il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali si è soffermato quindi sulla parola "insieme", quale "criterio e verifica per un cammino che voglia essere ecumenico", una "vera strada di comunione" in cui la " comunione" - ha specificato -" non è un mero sentimento, ma un percorso di carità e di verità perché risponde e corrisponde alla verità di Dio.
Tra gli interventi della giornata anche quello del cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani sul tema "I modelli per il rinnovamento dell'unità della Chiesa" e quello di Sua beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo Maggiore di Kyiv-HaliÄŤ e capo della Chiesa greco-cattolica ucraina che ha elevato una preghiera allo "Spirito Santo, Spirito di unità", perchè "possa sanare le ferite del passato", "sanare le ferite della comunione frantumata della Chiesa di Cristo”.
Diplomazia e dialogo ecumenico
Sul ruolo specifico delle Chiese orientali nel contesto dei rapporti ecumenici si è soffermato invece nel suo intervento di ieri, il Segretario di Stato Vaticano, tracciando un "approccio tra pastorale e diplomazia" in stretta relazione tra loro "come l'azione del Papa mostra". Il cardinale Pietro Parolin ha parlato innanzitutto di una certa comunanza di scopi tra diplomazia della Santa Sede e cammino ecumenico, che ruota intorno alle parole "pace", "perdono", "speranza", "centralità della persona umana", "difesa della dignità umana", e poi ad un metodo comune, ovvero il "dialogo" che "presuppone - ha detto il porporato - una comune volontà di incontrarsi sul piano della verità nella carità; altrimenti tutto si riduce ad uso distorto della parola con cui tendo a piegare la volontà dell'altro al fantasma di verosimiglianza che gli agito davanti".
La virtù della pazienza
Oltre agli scopi e al metodo, il cardinale Parolin nel suo intervento ha individuato anche una virtù che - ha detto - è " comune a entrambi i cammini", la "pazienza". La descrizione che ne fa Cesare Ripa nella sua celebre Iconologia, ha rimarcato il porporato, con il volto di una donna dall'età matura, le mani che mostrano la sofferenza che sta vivendo, seduta su un masso con i piedi sulle spine e un giogo sulle spalle, è "una buona descrizione di come molte volte ci si trovi nella diplomazia e nel dialogo ecumenico! Ci sono molte spine - ha detto - che feriscono i tentativi di dialogo, molti pesi sulle spalle che devono essere sopportati perchè si possano ottenere risultati duraturi". E la "pazienza" che è insieme "testimonianza e sofferenza", nutre il dialogo di pari passo alla "speranza" sia in campo ecumenico che diplomatico. E quante volte i Papi si sono rivestiti - ha fatto notare il Segretario di Stato - "della tunica del martirio della pazienza", coinvolgendo diplomazia e collaborazione interreligiosa e tra le Chiese. Ne sono esempio almeno due iniziative di Papa Francesco che il porporato ha citato per l'occasione: l'indizione della , il 7 settembre 2013, e , il 12 febbraio 2016 a L'Avana.
Chiese cattoliche orientali: avamposti di profezia
Quindi, andando al cuore del suo intervento, il cardinale Parolin ha indicato alcune delle potenzialità che le Chiese orientali cattoliche possiedono per rendere più efficace l'azione ecumenica e diplomatica della Santa Sede. La loro collocazione geografica in aree ad alta tensione geopolitica, in situazioni di diaspora, di lotta per l'identità culturale, le rende un "avamposto di profezia". E poi c'è la "loro storia", in molti casi , come per le Chiese di origine slava, "luminosa testimonianza suprema del martirio" e infine la "loro propria natura", l'essere cioè - ha detto il cardinale- "terre di mezzo, di incontro, con le Chiese ortodosse". "Nell'ottica della testimonianza della pazienza - ha rimarcato il cardinale Parolin - le risorse che le Chiese cattoliche orientali possono dispiegare sono enormi e non possiamo farne a meno. Esse hanno l'orizzonte comune di comprensione della tradizione liturgica e spirituale orientale e, oltre ad essere una ricchezza per tutta la Chiesa cattolica latina, sono indispensabili per indicare le giuste coordinate per un proficuo dialogo ecumenico".
Chiesa ortodossa e Islam
Questo vale tanto per il confronto appunto con la Russia che, mutatis mutandis, in Medio Oriente con il mondo islamico: " l'esperienza delle Chiese che vi convivono - ha voluto sottolineare il cardinale Parolin - da quattordici secoli è un servizio che va al di là di ogni irenismo irresponsabile ma che cerca, come sempre dovrebbe essere, la realtà come terreno di partenza". Lungi dunque dal considerarsi esaurito - ha concluso il porporato nel suo intervento - il ruolo delle Chiese cattoliche orientali prende i connotati di un ministero profetico per l'ora e il tempo che il Signore ci sta donando di vivere. Questo deve essere un punto fermo".
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