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Brasile, ai sopravvissuti del disastro di Brumadinho la croce del Papa

Monsignor Bruno Marie Duffé, segretario del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, ha visitato la comunità di Brumadinho, nel sud-est del Brasile, colpita in gennaio dal crollo della diga della miniera, che ha provocato 270 vittime. Ha donato una copia della croce pettorale di Papa Francesco: "è il segno della speranza più forte della morte"

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

“Ho portato alla comunità cristiana di Brumadinho la solidarietà e la fraternità della Chiesa e di Papa Francesco per la catastrofe del crollo della diga in gennaio che ha provocato 270 morti. E’ stato un momento di preghiera ma anche di riflessione sullo sviluppo delle miniere in Brasile e sulla tutela della vita umana e dei diritti dei lavoratori”. Monsignor Bruno Marie Duffé, segretario del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, parla a Pope di ritorno dallo stato di Minas Gerais, nel sud-est del Paese, dove ha visitato, a nome del Papa, i sopravvissuti al crollo delle dighe di contenimento delle acque di scarto della miniera di ferro Córrego do Feijão, della società Vale, il 25 gennaio di quest’anno.

Mons. Duffé: quella croce dice che il Papa è vicino 

Nella visita di sabato 18 maggio alle comunità di Córrego do Feijão e del Parque da Cachoeira a Brumadinho, l’inviato del Papa ha partecipato ad una celebrazione con i fedeli, presente anche monsignor Vicente de Paula Ferreira, vescovo ausiliare di Belo Horizonte, che ha scelto di vivere accanto alle comunità ferite dalla tragedia. Monsignor Duffé ha consegnato al parroco di San Sebastiano, padre René Lopes, una copia della croce pettorale di Papa Francesco, “per dire che il Papa è molto vicino a tutti… è il segno della speranza più forte della morte”. La croce passerà di famiglia in famiglia e sarà poi collocata nel memoriale che sarà costruito dall'arcidiocesi di Belo Horizonte. Al termine della Messa, monsignor Duffé e il vescovo ausiliare mons. Vicente hanno guidato la processione della comunità lungo le strade di Córrego do Feijão, scandendo i nomi di tutte le vittime. La processione avrebbe dovuto arrivare sulla valanga di fango, ma l'imprea Vale ha bloccato la strada. Mons. Duffé ha comunque pregato il più vicino possibile a quella grande "tomba di fango", benedicendola. Ecco come l’inviato di Papa Francesco racconta la sua visita a Brumadinho…

Ascolta l'intervista a mons. Bruno Marie Duffé

R. – È stata una visita pastorale, prima di tutto una visita di solidarietà verso la gente di Brumadihno dopo la tragedia del crollo della diga dello scorso gennaio, che ha provocato 270 morti. Ho fatto questa visita a nome del Papa per mostrare alla gente e alla comunità la solidarietà e la fraternità della Chiesa a seguito della catastrofe. È stato un momento particolarmente forte e profondo di preghiera, di condivisione dell’esperienza di questa comunità, per portare conforto e una parola di pace, di amore, a anche per provare ad aprire una riflessione riguardo questo sviluppo delle miniere in Brasile, che rappresentano un’attività molto forte e determinante per la vita di questo Paese. Dovremmo contribuire ad una riflessione profonda sugli effetti di questo sviluppo e sulle conseguenze della tragedia, con una diga di acque usate nell’estrazione che ha portato via la vita di tante persone che lavoravano e vivevano lì. Una riflessione sulla protezione della vita delle persone, con una considerazione per i diritti umani e per i diritti di tutte le persone che lavorano. Il messaggio è un messaggio di solidarietà e di fraternità, e anche un auspicio per la tutela della vita delle persone in questo Paese e in tutto il mondo. È una questione urgente, ed è molto importante continuare la riflessione a partire dall’Enciclica del Papa, la Laudato si’, continuare a seguire l’invito del Papa ad ascoltare tutte le persone che conoscono la sofferenza di una economia che guarda sempre più al denaro, al profitto, alla produzione.

Come vive la comunità di Brumadinho il suo rapporto con la miniera? Loro vivono di questa miniera ma certamente vorrebbero anche una miniera più sicura, una miniera che non porti alla morte, ma alla vita, e che quindi ci sia uno sfruttamento anche minore di queste miniere…

R. – La grande difficoltà e ciò che genera grande sofferenza è il fatto che questa comunità viva con l’attività di questa miniera da molte generazioni. Ma la comunità attualmente si trova in una situazione di totale sofferenza, in un momento di pena, di morte e di grandi punti interrogativi riguardo il futuro. Possiamo dire che questa comunità sia molto unita e forte, porta la croce, è “crucificada”. Posso dire questo.

In questa comunità lei ha portato la croce pettorale di Papa Francesco, che così ha dimostrato la sua vicinanza, non solo a parole ma anche con un gesto. Come è stato accolto questo gesto?

R. – Sì, è stato il momento più intenso di questa visita. Ho pensato che il segno più forte fosse quello di dare la copia della croce del Santo Padre. Era un modo per dire che il Papa è molto vicino a tutti. Questa è la croce del Buon Pastore, che conosce ogni persona, tutta la comunità che rappresenta anche lo Spirito Santo nell’alto della croce, che dà ispirazione per il futuro della comunità. Offrendola alla comunità, quest’ultima ha deciso di far passare la croce per le case di tutti; per pregare, per parlare, per condividere e vivere un momento di speranza. Questa croce è il segno della speranza più forte della morte.

Il seminario su "Miniere e cura della Casa comune"

Negli stessi giorni, il 17 e 18 maggio, il segretario del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale ha partecipato al seminario "Miniere e cura della Casa comune", presieduto dall'arcivescovo di Belo Horizonte, mons. Walmor Oliveira de Azevedo, nuovo presidente della Conferenza episcopale del Brasile, la CNBB. L' incontro, nell' aula magna dell'Università cattolica di Belo Horizonte, ha riunito i rappresentanti di molti settori della società per riflettere sulla missione della Chiesa cattolica in difesa della Casa comune e sulla sua presa di posizione “per una urgente revisione del modello economico estrattivo”. Oltre all’arcidiocesi, hanno organizzato l’incontro la Conferenza episcopale brasiliana e la rete Iglesias y Minerìa, una piattaforma ecumenica che unisce diverse Chiese dell'America Latina, nella missione di sostegno alle comunità colpite dalle attività minerarie, come è accaduto con le popolazioni di Mariana nel 2015 e di Brumadinho nel gennaio 2019. Oggi, una delle principali preoccupazioni è per la comunità di Barão de Cocais, che è esposta al rischio di crollo di un’altra diga mineraria della multinazionale Vale. Ecco la testimonianza di padre Dario Bossi, missionario comboniano in Brasile, coordinatore della rete Iglesias y Minería, che ha partecipato al seminario e agli incontri di mons. Duffé con le comunità di Brumadinho.

Ascolta l'intervista a padre Dario Bossi
Fra Peret: cambiare l'estrazione mineraria

Fra Peret: il Papa ha benedetto le foto delle 270 vittime

Al seminario ha partecipato anche fra Rodrigo Peret, minore francescano della rete Iglesias y Mineria e inserito nel Gruppo di lavoro minerario della CNBB, presieduto da monsignor Sebastião Lima Duarte. Fra Rodrigo, all’inizio di maggio, aveva partecipato in Vaticano, all’incontro su “L’ industria mineraria per il bene comune”, organizzato dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, che ha visto confrontarsi i rappresentanti delle industrie minerarie e quelli delle comunità locali. Il 3 maggio i partecipanti sono stati ricevuti da Papa Francesco, e fra Peret ha accompagnato Dari Laurindo Pereira, un sopravvissuto alla tragedia, che ha chiesto al Papa di benedire le foto delle 270 vittime. Ecco la testimonianza di fra Rodrigo Peret a Pope

Ascolta l'intervista a fra Rodrigo Péret

R. – La situazione in Brumadinho continua ad essere molto difficile. Si cerca molto di raggiungere un accordo di comportamento che alla fine possa escludere la possibilità di incriminare coloro che hanno commesso questo crimine, perché si sapeva già. Oggi dalle indagini fatte dalla polizia si è stabilito che la compagnia aveva un’idea chiara della possibilità della rottura. E’ assurdo, è uno scandalo che sotto la diga, a pochi metri, c’erano anche tutti gli uffici della compagnia, la mensa, la cucina … in verità, quello che è successo è che in meno di 30 secondi dopo, la rottura già era stata coperta. Ha ucciso 270 persone delle quali 35 sono ancora disperse, ha distrutto i mezzi di sostegno di tante famiglie, ha colpito l’economia locale perché lì si vive dipendendo dalle miniere: ciò vuol dire che le persone dipendono dalle miniere, circa al 90%. Ha inquinato l’area, il tutto si è riversato nel fiume Paraopeba ed è arrivato al fiume San Francesco, che è uno dei più lunghi del Brasile. Dopo questo evento, sono state chiuse quasi 40 dighe per il rischio di rotture: si incominciano a muovere e spostare le famiglie. Non è soltanto una questione tecnica di costruzione, di dove mettere i rifiuti e di questo utilizzo enorme di acqua che si fa nella stazione mineraria, ma è il modello minerario in se stesso che deve essere cambiato. Il potere della miniera è la narrativa che l’estrazione mineraria significa sviluppo e da questo viene la mentalità che queste zone sono aree di sacrificio. Allora, va bene, c’è rischio, però è lì che si trova questo minerale … Noi dobbiamo cambiare questa mentalità! Adesso l’arcivescovo di Belo Horizonte, mons. Walmor Oliveira de Azevedo, è stato eletto presidente della Conferenza episcopale del Brasile: è uno che è molto interessato. Lui chiaramente dice che esiste la necessità di cambiare il modello di sviluppo, altrimenti non c’è uscita.

E' la dimostrazione della scarsa attenzione dell'impresa verso l’ambiente e verso la gente del popolo ma anche verso i propri lavoratori, perché se sapevano che c’era questo rischio li hanno lasciati lì … 

R. – Chiaro. Perché se noi guardiamo quello che fanno queste grandi corporazioni multinazionali, esercitando pressioni sui governi per allentare un po’ le leggi ambientali, ne è un esempio quello che è successo tre anni fa, quando c’è stata la rottura dell’altra diga che ha ucciso 19 persone non molto lontano, è la dimostrazione che il potere economico cerca il profitto sempre di più impone la necessità di estrazione. Noi di Rete Chiesa in miniera, che lavoriamo a livello di America Latina, cerchiamo di appoggiare le iniziative e le lotte delle comunità colpite, noi proponiamo un processo di transizione. Dobbiamo uscire da questo tipo di estrazione predatoria per arrivare a un’estrazione più ragionevole. Ciò significa che dobbiamo avere il diritto di dire “no”, di avere aree libere dall’estrazione per poter così andare verso un tipo di estrazione del necessario. Non è che non vogliamo fare nessuna estrazione, però è necessario dire: “Di che cosa abbiamo bisogno?”. Perché si estrae più di quanto sia necessario! Noi siamo vicini ora al Sinodo per l’Amazzonia e abbiamo bisogno di discutere sia le difficoltà che vive la popolazione in Amazzonia e la necessità di dare potere alle comunità locali perché loro possano gestire la loro vita in comunione con la natura stessa. Teoricamente le aziende dicono che vogliono il dialogo: però quello che non crediamo, almeno noi di Chiese e miniere, è che questo dialogo sia veramente vero. A livello locale vediamo tutt’altro: ci sono comunità minacciate! Ci sono state anche compagnie minerarie che in Brasile hanno minacciato di uccidere i leader delle comunità! Allora, che tipo di dialogo è questo? Poi, noi sappiamo anche che le compagnie, queste grandi corporazioni, non rispondono di se stesse: loro dipendono anche dal mercato finanziario. Noi di Chiese e miniere cominceremo quest’anno una campagna internazionale di disinvestimento nella miniera; perché esistono soldi delle Chiese cristiane e altre che investono in questo. Allora dobbiamo domandare: che tipo di investimento? E’ un investimento etico? E’ un investimento che veramente crea, dà la possibilità non solo di profitto di coloro che hanno investito ma sono capaci di fare la vita della comunità. E molto grande la sofferenza delle comunità colpite: se guardiamo alla questione di Brumadinho, il vescovo che appartiene all’arcidiocesi di Belo Horizonte, Vicente, l’arcivescovo Walmor, è andato a vivere proprio lì, adesso, per essere accanto alla gente, per appoggiare e far vedere che c’è compassione ma anche solidarietà e ciò vuol dire cambiare la situazione ed essere con la gente nella lotta per un cambiamento.

Quindi la Chiesa locale è vicina ma sentite vicina anche la Santa Sede? Le parole del Papa sono di vicinanza e solidarietà

R. – Sì, molto, molto … abbiamo consegnato al Papa le fotografie delle 270 persone che sono state uccise da questo crimine: che per noi è un omicidio collettivo e un crimine ambientale. Ricevendolo, abbiamo percepito l’emozione del Papa e la sua solidarietà. Nel suo discorso, lui è stato chiaro nell’affermare che questo sistema nel quale noi viviamo dev’essere cambiato.

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L' inviato del Papa a Brumadinho
26 maggio 2019, 09:30