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Nella vita religiosa, ritrovare la speranza donandosi agli altri

Oggi 2 febbraio, Giornata Mondiale della Vita Consacrata, il Papa presiede alle 17.30 nella Basilica Vaticana, la Messa con i religiosi e le religiose. Per il card. Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, la stanchezza dei religiosi nasce quando non si donano agli altri.

Bianca Fraccalvieri - Città del Vaticano

Oggi 2 febbraio, nella festa della Presentazione del Signore, in cui la Chiesa celebra la Giornata Mondiale della Vita Consacrata, il Papa presiede alle 17.30 nella Basilica Vaticana, la Messa con i religiosi e le religiose. Su questa Giornata, abbiamo chiesto al card. João Braz de Aviz, quali sono i motivi per ringraziare il Signore per il dono dei consacrati

Ascolta l'intervista al card. Braz de Aviz

R. – Prima di tutto io penso alla chiarezza di Gesù riguardo a questa vocazione dei consacrati. I consacrati sono di vari tipi: dall’ordo virginum fino agli istituti secolari, ai frati, alle suore, ai monaci, agli eremiti… Però tutto questo mondo così ampio di persone - perché sono quasi un milione di persone - è un mondo in cui adesso c’è un grande movimento di rinnovamento, ci sono problemi difficili riguardo a tante zone, tanti continenti con la difficoltà oggi di situarsi nel mondo, in questi cambiamenti… Quindi è necessario verificare se i valori che noi abbiamo scelto come vocazione sono valori che oggi possono essere testimonianza. E tutto questo costa perché questo ci fa muovere, anche da dove siamo, e ci porta verso un qualcosa di nuovo… Sotto c’è tutta la spiritualità che ha bisogno di una spinta nuova, c’è tutta la testimonianza che ci dice che bisogna uscire da questi problemi gravi della pedofilia e altre cose che sono presenti anche nella vita consacrata e così via, però la speranza è sempre che il Vangelo è una forza che porta al rinnovamento. Il Papa parla non di una speranza qualsiasi ma lui parla di questa speranza che proviene dall’incontro con lo sguardo personale di Gesù, uno sguardo d’amore che sceglie e che dopo ci sfida a un tipo di vita nuova, al servizio non di noi stessi ma della Chiesa. C’è anche tutto il ringraziamento per quello che già si sta rinnovando nella Chiesa dopo aver vissuto l’anno per la vita consacrata. Io penso soprattutto a questi quattro campi in cui abbiamo scelto di lavorare più da vicino: la formazione, perché diventi una formazione più chiara, più comunitaria, più autentica di discepoli di Gesù. Poi, la questione di rivedere autorità e obbedienza perché i rapporti devono essere visti in un altro modo: la questione del rapporto uomo-donna anche nella vita consacrata, che non deve essere di esclusione ma di integrazione e di complementarietà - perché avviene questo a tutti i livelli – e dopo anche la questione di rivedere tutto l’uso e il possesso dei beni. Sono cose molto concrete che stanno andando avanti nei vari capitoli, anche nelle varie decisioni che si prendono nelle costituzioni e nei vari carismi e nelle varie congregazioni. Questo è motivo per ringraziare.

Il Papa ai sacerdoti e religiosi a Panama parlava della stanchezza della speranza: lei come ha percepito queste parole del Santo Padre?

R. - Pietro per noi è sempre quello che conferma, conferma il cammino e le parole di Papa Francesco sono in questo senso preziose. Lui parla di Gesù che è lì con la samaritana davanti al pozzo, a mezzogiorno, col sole molto forte, con la stanchezza concreta che è la stanchezza anche del suo amore per le persone perché sta con il popolo, cura le persone ed è vicino a ognuno, coinvolge i suoi discepoli: la sua stanchezza è una stanchezza che proviene da un dedicarsi, da un donarsi alle persone. Però lui dice che nella vita consacrata, nel sacerdozio, nei movimenti ecclesiali, oggi, c’è una stanchezza della speranza: come se l’orizzonte fosse un po’ caduto, se questa passione per qualcosa di grande… è come se noi smarrissimo la strada, se non trovassimo più la direzione. Allora la domanda: che senso ha ancora questo tipo di vita? E qui viene veramente la risposta che dobbiamo dare. Il Papa dice: la speranza, come Gesù. Gesù stanco che però continua la strada, che è vicino, che annuncia il regno. La samaritana stessa dice a lui e lui anche dice alla samaritana: dammi da bere. E questa cosa noi la dobbiamo ancora dire a Gesù, cioè andiamo avanti con lui. Questo dipende dal cammino che stiamo facendo.
 

ULTIMO AGGIORNAMENTO. 2 febbraio ore 7.00

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01 febbraio 2019, 13:26