Scicluna: nostro sacro dovere proteggere e garantire la giustizia
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
"Ci è stata affidata la cura del nostro popolo. È nostro sacro dovere proteggere il nostro popolo e garantire la giustizia di quanti siano stati abusati". Facendo appello all'assunzione di responsabilità per la prevenzione e il trattamento dei casi di abuso sessuale, mons. Charles J. Scicluna, arcivescovo di Malta, segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della Fede e membro del Comitato organizzativo dell'incontro in Vaticano che ha preso il via oggi, apre la sua relazione dal titolo La Chiesa come ospedale da campo. Assunzione di responsabilità.
Prudenza e Best practice
Nel "ripercorrere le principali fasi dei processi dei singoli casi di abusi sessuali su minori da parte di membri del clero", mons. Scicluna fornisce suggerimenti pratici "dettati dalla prudenza, dalle best practice e dalla primaria preoccupazione per la salvaguardia dell'innocenza dei nostri bambini e dei nostri giovani". Colonna portante della relazione, la di Benedetto XVI, citata più volte dall'arcivescovo di Malta. "Solo esaminando con attenzione i molti elementi che diedero origine alla presente crisi - scriveva Benedetto XVI - è possibile intraprendere una chiara diagnosi delle sue cause e trovare rimedi efficaci. Certamente, tra i fattori che vi contribuirono possiamo enumerare: procedure inadeguate per determinare l’idoneità dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa; insufficiente formazione umana, morale, intellettuale e spirituale nei seminari e nei noviziati; una tendenza nella società a favorire il clero e altre figure in autorità e una preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali, che hanno portato come risultato alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona. Bisogna agire con urgenza per affrontare questi fattori, che hanno avuto conseguenze tanto tragiche per le vite delle vittime e delle loro famiglie e hanno oscurato la luce del Vangelo a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione".
La segnalazione di atti di cattiva condotta sessuale
"E' essenziale - afferma l'arcivescovo di Malta - che la comunità sia informata del fatto che ha il dovere e il diritto di denunciare l’atto di cattiva condotta sessuale a una persona di riferimento nella diocesi o nell'Ordine religioso". "Contatti che devono essere di publico dominio". Consigliabile, agiunge mons. Scicluna, riferire direttamente al vescovo o al superiore religioso e che, questi ultimi, "riportino le informazioni all’interlocutore designato". Due aspetti dovrebbero essere sempre osservati in ogni momento. Il primo: i protocolli stabiliti devono essere rispettati. Il secondo: devono essere rispettate le leggi civili o nazionali. "È importante - aggiunge - che ogni accusa sia esaminata con l'aiuto di esperti e che l'indagine sia conclusa senza inutili ritardi. Il discernimento dell'autorità ecclesiastica deve essere collegiale".
L'indagine sulla cattiva condotta
"In base al - ricorda Scicluna - il risultato dell'indagine sulla cattiva condotta sessuale del clero con minori di 18 anni deve essere riferito alla Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF). In questi casi, l'ordinario è autorizzato dal Diritto Canonico ad applicare misure cautelative (CIC 1722) che limitano o vietano l'esercizio del ministero". Per mons. Scicluna, in questi casi, l'ordinario "dovrebbe consultare i suoi esperti canonici", in grado di aiutare inoltre il vescovo o il superiore religioso "a condividere con la CDF tutte le informazioni necessarie e lo aiuteranno ad esprimere il suo parere sia sul merito delle accuse che sulle procedure da adottare".
Processo penale canonico
"Nella maggior parte dei casi riferiti alla CDF, la Santa Sede autorizza un processo penale canonico", la cui "essenza" consiste nel rispetto dei diritti della vittima e dell'imputato e che sia svolto in modo "tempestivo e secondo il diritto canonico".
Confronto con la giurisdizione degli Stati
Il confronto con la giurisdizione dello Stato è aspetto essenziale - afferma mons. Scicluna - con il rispetto della competenza delle autorità statali: "Le norme che regolano la comunicazione delle denunce dovrebbero essere seguite attentamente e uno spirito di collaborazione andrà a beneficio sia della Chiesa che della società in generale". La "differenza di leggi relative ai termini di prescrizione", spiega, "è un altro motivo di diversità di risultati di un medesimo caso deciso in giurisdizioni diverse" e aggiunge che "il potere del CDF di derogare alla prescrizione ventennale è ancora invocato in un certo numero di casi storici, ma è vero che essa non dovrebbe essere la norma ma, piuttosto, l'eccezione".
Attuazione dei provvedimenti canonici
Mons. Scicluna non usa mezzi termini sull'attuazione della sentenza di colpevolezza: "La sentenza che stabilisce la colpevolezza dell'imputato e la pena inflitta devono essere attuate senza indugio. Le sentenze che stabiliscono l'innocenza dell'imputato devono essere anch'esse debitamente rese pubbliche". Ma il presule non sottovaluta le conseguenze di chi è stato "ingiustamente accusato": "Sappiamo tutti che è molto difficile risanare il buon nome di un sacerdote che potrebbe essere stato ingiustamente accusato". Ritornando alle vittime, mons. Scicluna mette in evidenza il ruolo positivo che la comunità può avere: "La questione dell’assistenza successiva in questi casi riguarda anche la cura delle vittime che sono state tradite negli aspetti più fondamentali e spirituali della loro personalità e del loro essere. Anche le loro famiglie sono profondamente colpite e l'intera comunità deve condividere il peso della loro vita e accompagnarli verso la guarigione".
Le parole profetiche di Benedetto XVI
E' nelle parole di Papa Benedetto XVI che il relatore riscontra elementi fondamentali per raggiungere la verità e, al tempo stesso, la conferma che molti sono i sacerdoti che non si macchiano di queste terribili colpe: "Le parole di Benedetto XVI ai Vescovi d'Irlanda, il 28 ottobre 2006, risuonano oggi più profetiche: (...) è importante stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi. (...) L'ottimo lavoro e il generoso impegno della grande maggioranza dei sacerdoti e dei religiosi in Irlanda non devono essere oscurati dalle trasgressioni di alcuni loro fratelli. Sono certo che la gente lo capisce e che continua a guardare al suo clero con affetto e stima".
Prevenzione dell’abuso sessuale e difesa
Con alcuni suggerimenti, mons. Scicluna affronta il tema della prevenzione, ma senza dimenticare il dovere di dare la vita per proteggere il popolo di Dio: "Nonostante la mancanza di candidati al sacerdozio in alcune parti del mondo, ma anche in vista di una fioritura di vocazioni in altre zone, la questione della scelta dei futuri candidati rimane essenziale". Attenzione dunque alla selezione e alla formazione. "La comunità di fede affidata alla nostra tutela deve sapere che facciamo sul serio. Devono conoscerci come paladini della loro sicurezza e di quella dei loro figli e dei loro giovani. Li coinvolgeremo con franchezza e umiltà. Li proteggeremo a ogni costo. Daremo la nostra vita" per quanti ci sono affidati.
Il ruolo dei laici
Prima di terminare la propria relazione e sempre sulla scia di quanto scritto da Papa Benedetto nella Lettera ai Vescovi d'Irlanda in cui dichiarava che "si deve ammettere che furono commessi gravi errori di giudizio e che si sono verificate mancanze di governo", l'arcivescovo di Malta suggerisce quanto richiesto da molti: "Un altro aspetto della corresponsabilità nella prevenzione è la selezione e la presentazione del candidato alla missione di Vescovo. Molti chiedono che il processo sia più aperto al contributo dei laici della comunità".
Conclusioni
Alle parole di Papa Francesco, affida le conclusioni dell'intervento, citando la del 20 agosto 2018: “E’ imprescindibile che come Chiesa possiamo riconoscere e condannare con dolore e vergogna le atrocità commesse da persone consacrate, chierici, e anche da tutti coloro che avevano la missione di vigilare e proteggere i più vulnerabili. Chiediamo perdono per i peccati propri e altrui. La coscienza del peccato ci aiuta a riconoscere gli errori, i delitti e le ferite procurate nel passato e ci permette di aprirci e impegnarci maggiormente nel presente in un cammino di rinnovata conversione".
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