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Patti Lateranensi, il momento della firma Patti Lateranensi, il momento della firma  Editoriale

Editoriale: Patti Lateranensi, la “soddisfacente composizione”

L’11 febbraio ricorre il novantesimo anniversario dei Patti siglati in Laterano, grazie ai quali venne risolta la Questione Romana chiudendo una ferita durata più di mezzo secolo

Città del Vaticano – Andrea Tornielli

Il 10 ottobre 1962, alla vigilia dell’inaugurazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. l’allora arcivescovo di Milano, cardinale Giovanni Battista Montini, tenne un discorso in Campidoglio inaugurando un ciclo di conferenze sui concili ecumenici. Il futuro Paolo VI, ricordando la fine del potere temporale del Papa, avvenuta con la breccia di Porta Pia nel 1870, disse: “Parve un crollo; e per il dominio territoriale pontificio lo fu; e parve allora, e per tanti anni successivi, a molti ecclesiastici ed a molti cattolici non potere la Chiesa romana rinunciarvi, e accumulando la rivendicazione storica della legittimità della sua origine con l'indispensabilità della sua funzione, si pensò doversi quel potere temporale ricuperare, ricostituire”.

Ma, continuava il cardinale Montini, “la Provvidenza, ora lo vediamo bene, aveva diversamente disposto le cose, quasi drammaticamente giocando negli avvenimenti”. E, annotava ancora il cardinale arcivescovo di Milano, il papato “riprese con inusitato vigore le sue funzioni di Maestro di vita e di testimonio del Vangelo, così da salire a tanta altezza nel governo spirituale della Chiesa e nell'irradiazione morale sul mondo, come prima non mai”.

Per quasi sessant’anni quella ferita non si era mai completamente rimarginata. Montini osservava che “qualche cosa mancò alla vita italiana nella sua prima formazione, non foss’altro la sua interiore unità, la sua consistenza spirituale, la sua umanità patriottica, e di conseguenza la sua piena capacità a risolvere i problemi della sua società disuguale, tanto bisognosa di nuovi ordinamenti, e già fin d’allora attraversata da fiere correnti agitatrici e sovversive. Per nostra fortuna abbiamo raggiunto una soddisfacente composizione con la famosa conciliazione del 1929 e con l’affermazione della libertà e della democrazia nel nostro Paese”.

Il giovane Montini, già pienamente inserito nella vita della Segreteria di Stato, non aveva colto con lo stesso entusiasmo la notizia, al momento della firma dei Patti Lateranensi. Le trattative erano entrate nel vivo nel 1926. Pio XI si era servito dell’avvocato romano Francesco Pacelli - fratello maggiore di Eugenio, futuro Segretario di Stato e quindi Pontefice, in quel momento del nunzio apostolico a Berlino - che redige lo schema del trattato destinato a chiudere il conflitto tra il Papa e lo Stato italiano.

I Patti Lateranensi – composti da due distinti documenti, il Trattato, che riconosceva l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede fondando lo Stato della Città del Vaticano e il Concordato, che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il governo italiano – saranno firmati l’11 febbraio nel palazzo di San Giovanni in Laterano dal cardinale Pietro Gasparri e da Benito Mussolini. I Patti e il Concordato vennero accolti con un sospiro di sollievo da buona parte del mondo cattolico. Quello che non avevano fatto i governi liberali succedutisi lungo quasi sessant’anni di Stato unitario, lo faceva il governo fascista presieduto dall’ex socialista Mussolini.

Il Papa tornava a essere veramente sovrano, seppur di un chilometro quadrato di territorio: un fazzoletto di terra e nulla più, ma che serviva per rappresentare la sua piena indipendenza e autonomia da ogni altra autorità. Il Vescovo di Roma non aveva più, come un tempo, un consistente dominio temporale da amministrare, ma l’autonomia e la sovranità in quel chilometro quadrato rappresentava, in fondo, una vittoria postuma del beato Pio IX perché ammetteva che per svolgere in pieno la sua missione spirituale, il Pontefice non doveva essere soggetto ad alcuno Stato.
 

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11 febbraio 2019, 07:00