Sulla chiamata alla santità nella nostra Casa Comune
Mons. Kevin W. Irwin - Washington, D.C.
L’“umile obiettivo” dell’esortazione afferma Papa Francesco, “è far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità, cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità” (GE 2). Il Papa ha sottolineato gli aspetti più contemporanei e attuali della santità in molti dei suoi scritti e discorsi, ma soprattutto, ha messo in pratica i suoi insegnamenti con il suo esempio personale.
In GE (nn. 63-94), la sua straordinaria descrizione delle Beatitudini si rifà al (2007), firmato dai vescovi del Consiglio Episcopale Latinoamericano (Celam), documento che Francesco ha curato quando era arcivescovo di Buenos Aires. Il Documento Aparecida dichiara con un ardore unico che “la santità non è una fuga verso l’egocentrismo o l’individualismo religioso, o un abbandono della realtà incalzata dagli enormi problemi economici, sociali e politici dell’America Latina e del mondo, né tantomeno una fuga dalla realtà per rinchiudersi in un mondo esclusivamente spirituale” (Aparecida n. 148).
Non dobbiamo dimenticare, tra gli aspetti positivi, che nel quarto capitolo di (nn. 89-120), Francesco si sofferma lungamente sul “passaggio lirico” dell’amore, che è l’inno di San Paolo (1 Corinti 13:4-7).
Questi testi riflettono l’auto-trascendenza della santità, che contrassegna la maggioranza degli scritti di Papa Francesco, così come il suo concreto impegno personale nelle questioni e nei problemi pressanti che attanagliano il mondo di oggi.
Questo genere di santità, approfondito con dovizia e acume in “Gaudete et Exsultate”, risulta coerente con la grande enciclica . Oltre un anno dopo, i tratti principali della santità sono stati delineati con maggiore forza nel messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale della Preghiera per la Cura del Creato del 2016: . L’enciclica e il messaggio sviluppano molte questioni significative attinenti all’ecologia nel contesto odierno, ma le affrontano dalla prospettiva della fede cattolica e, al contempo, le pongono sotto la lente della tradizione teologica e spirituale cattolica.
Misericordia e il Misericordioso
Le Beatitudini che Gesù menzionava nel Discorso della montagna recitano “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5:7). Grazie alla misericordia ricevuta e offerta, siamo uniti al Padre. “Niente unisce maggiormente con Dio che un atto di misericordia – sia che si tratti della misericordia con la quale il Signore ci perdona i nostri peccati, sia che si tratti della grazia che ci dà per praticare le opere di misericordia in suo nome” (Usiamo misericordia n. 5).
In “Gaudete et Exsultate”, Papa Francesco mostra come Gesù si sofferma su questa Beatitudine nella sua trattazione successiva del giudizio (Mt 25:31-46, GE n. 95). Sarà proprio la misericordia che fornirà un metro di giudizio su di noi e sul nostro operato, sarà proprio lei che ci farà giudicare soprattutto per la cura che ci siamo presi degli affamati, degli assetati, degli stranieri, dei nudi e di chi è in carcere (Mt 25:35-36). Su questo stesso tema, il Papa parafrasa San Giacomo “la misericordia senza le opere è morta in sé stessa”. In seguito, si sofferma sulle opere citate in Matteo 25, affermando che “a causa dei mutamenti del nostro mondo globalizzato, alcune povertà materiali e spirituali si sono moltiplicate: diamo quindi spazio alla fantasia della carità per individuare nuove modalità operative. In questo modo la via della misericordia diventerà sempre più concreta”.
Per quanto riguarda le nuove espressioni concrete della misericordia, così necessarie al giorno d’oggi, Papa Francesco ci indica la strada da intraprendere in modo chiaro e completo. Si concentra sulla nostra casa comune. Durante un ritiro per il Giubileo dei Sacerdoti del 2016, ha sottolineato che:
E’ vero che di solito pensiamo alle opere di misericordia ad una ad una, e in quanto legate ad un’opera: ospedali per i malati, mense per quelli che hanno fame, ostelli per quelli che sono per la strada, scuole per quelli che hanno bisogno di istruzione, il confessionale e la direzione spirituale per chi necessita di consiglio e di perdono… Ma se le guardiamo insieme, il messaggio è che l’oggetto della misericordia è la vita umana stessa nella sua totalità.
La stessa vita umana e tutto ciò che comprende: questa è la portata che si prefigge “Laudato si’. In questa opera, il Santo Padre ci chiama a considerare il Creato come una creatura, non come un oggetto o una cosa. Al tempo stesso, ci invita a prendere provvedimenti risolutivi per evitare che vada perduto, sia sfruttato e depauperato o abbandonato.
In “Usiamo misericordia verso la nostra Casa Comune”, il Papa si spinge fino a compiere un passo importante, infatti, aggiunge la cura della nostra casa comune alle tradizionali sette opere corporali e alle sette opere spirituali di misericordia, facendola diventare l’ottava opera di misericordia, che assume una natura sia corporale, che spirituale.
Quale opera spirituale di misericordia, la cura della nostra Casa Comune richiede una “contemplazione riconoscente del creato” (LS n. 214) che “ci permette di scoprire attraverso ogni cosa qualche insegnamento che Dio ci vuole comunicare” (LS n. 85). Siamo chiamati ad apprezzare tutto ciò che vive nella nostra Casa Comune, sia oggi, che in futuro.
Quale opera corporale di misericordia, la cura per la casa comune richiede “semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo”. E poiché sappiamo che le condizioni della nostra Casa Comune contribuiscono ad affamare la nostra sorella, a isolare in modo spaventoso il nostro fratello, ad alimentare l’ansia dei nostri bambini – a causa “della realtà incalzante degli enormi problemi economici, sociali e politici” che affliggono ogni parte del mondo, come hanno notato i vescovi del Celam – questa cura “si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore” (LS nn. 230-231). Di conseguenza, sta a noi dissetare il fratello assetato, aiutare la sorella gettata in carcere. Sta a noi occuparci del pianeta, tentare di sanare e migliorare le condizioni del mondo che è la nostra Casa Comune … e “nostra” coinvolge anche le future generazioni.
Vedere, giudicare, agire
All’inizio del Documento Aparecida, i vescovi del Celam affermano che “in continuità con le precedenti conferenze generali dei vescovi dell’America Latina, questo documento utilizza il metodo vedi-giudica-agisci” (Aparecida n. 19), formalmente riconosciuto da San Giovanni XXIII in “Mater et Magistra” del 1961.
La struttura stessa di “Laudato sì” ruota attorno a questa metodologia: vedere, nei capitoli uno e due, “Quello che sta accadendo alla nostra Casa” e “Il Vangelo della Creazione”, giudicare, nei capitoli tre e quattro, “La radice umana della crisi ecologica” e “Un’ecologia integrale” e agire, nei capitoli cinque e sei, con “Alcune linee di orientamento e di azione” ed “Educazione e spiritualità ecologica”.
Questa stessa triade può essere utilizzata nella nostra ricerca individuale e comune della santità. “Gaudete et Exsultate” propone “la chiamata alla santità, cercando di incarnarla nel contesto attuale” (GE n. 2), e in pratica, questo comprende “i rischi, le sfide e le opportunità” dell’ecologia per il bene di coloro che condividono la nostra Casa Comune.
Il metodo vedi-giudica-agisci ci invita a vedere e percepire dove siamo – ovvero, a capire che tutto il creato è interconnesso e riflette la Gloria di Dio. I Salmi sono eccellenti per ricordarci della bellezza del creato e della grandezza di Dio Creatore. Per esempio, il Salmo 148 invita le altre creature a unirsi a noi nel lodare Dio, come fa San Francesco d’Assisi nel suo Cantico delle Creature, il cui terzo verso inizia con le parole “Laudato sì”: “Lodatelo, sole e luna, lodatelo, voi tutte, fulgide stelle. Lodatelo, cieli dei cieli, voi, acque al di sopra dei cieli. Lodino il nome del Signore, perché al suo comando sono stati creati” (148:3-5, vedere LS n. 72).
Il metodo “vedi-giudica-agisci” ci invita a giudicare ciò che abbiamo fatto e ciò che non stiamo facendo, nell’esercizio della nostra responsabilità nei confronti del pianeta e di tutti coloro che vi abitano. Il secondo, terzo e quarto capitolo di “Laudato sì” possono costituire un ottimo materiale per un ritiro e una lettura spirituale, che ci aiuterà ad adottare e realizzare un atteggiamento profondamente cattolico, un vero e proprio impegno cattolico, nei confronti della nostra Casa Comune. E ciò sarà alla base dei nostri atti che prevedono l’azione di giudicare.
“Laudato sì” prende le mosse dalla portentosa chiamata di San Giovanni Paolo II a concentrarci sulle condizioni naturali, ma anche morali della vita, aprendoci a una “ecologia umana” che sia veramente così. Papa Francesco amplia e approfondisce l’insegnamento del suo predecessore, partendo dall’ecologia umana per arrivare all’“ecologia integrale” nel quarto capitolo di LS.
Ecologia integrale significa che “un antropocentrismo dispotico che non si interessi delle altre creature” deve fare spazio all’uso di una prospettiva grandangolare attraverso cui vedere il mondo – una prospettiva in cui tutto è interconnesso (LS 68). Papa Francesco guarda anche all’eredità spirituale per nutrire la santità oggi. “In questi racconti [biblici] così antichi, ricchi di profondo simbolismo, era già contenuta una convinzione oggi sentita: che tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri” (LS n. 70).
Il metodo vedi-giudica-agisci ci invita ad agire sia a livello individuale che collettivo. Le azioni personali intraprese a favore dell’ecologia sono contrapposte e mettono in discussione “la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo” (LS n. 230). Ma azione significa anche parlare a nome della terra; fare patrimonio per la conservazione delle risorse naturali a rischio di esaurimento; e dare voce a chi voce non ha, nei corridoi del potere politico, economico, sociale e culturale. Assumere un atteggiamento che vada contro la cultura dominante odierna che esalta l’economia di mercato sregolata è un obbligo morale alla luce dell’insegnamento di Papa Francesco. È anche un imperativo spirituale, se dobbiamo mostrare misericordia nei confronti della nostra Casa Comune.
Stabilire un nesso tra santità e cura del creato è opera ardua, in quanto richiede una conversione continua e costante. “La sfida è vivere la propria donazione in maniera tale che gli sforzi abbiano un senso evangelico e ci identifichino sempre più con Gesù Cristo” (GE 28). Quindi, in “Laudato sì”, Papa Francesco conclude parlando di una spiritualità ecologica che racchiude davvero in sé, in modo solido, il farsi santo prendendosi cura della nostra Casa Comune.
Se ciò può apparire un’impresa ostica all’inizio, il Santo Padre ci ricorda “Colui che chiede tutto dà anche tutto” (GE n. 175). Costruire e proteggere la nostra Casa Comune significa diventare santi, ma al tempo stesso, aiutare gli altri a raggiungere la santità.
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