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Briefing Incontro minori: occorre concretezza e ascolto

Presso l’Istituto Patristico Augustinianum di Roma, si è svolto il primo briefing dedicato all’Incontro su “La protezione dei minori nella Chiesa”. Tra i temi al centro dell’appuntamento la prossimità con le vittime, la “road-map” suggerita da Papa Francesco e “l’impegno del cuore” dei vescovi

Barbara Castelli – Città del Vaticano

“La prevenzione è fondamentale, altrimenti l’emorragia sarà inarrestabile”; ed ancora, “quando si ascolta con il cuore non si può non essere trasformati”. Queste due frasi, rispettivamente di mons. Charles J. Scicluna, arcivescovo di Malta, segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede e membro del Comitato organizzativo, e di padre Hans Zollner, presidente del Centro per la protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana, membro della Pontificia Commissione per la tutela dei minori e referente del Comitato, fissano il clima che si è respirato questa mattina nell’aula nuova del Sinodo, dove è stato inaugurato l’Incontro su “La protezione dei minori nella Chiesa”. Durante il , presso l’Istituto Patristico Augustinianum, il presule e il gesuita chiariscono che la concretezza e l’ascolto hanno caratterizzato i lavori, svoltisi in un clima intenso, desideroso di fare un cammino insieme, consapevoli dell’importanza dell’appuntamento.

L’ascolto delle vittime, un terreno sacro

Le testimonianze delle vittime, rimarca l’arcivescovo di Malta, sono “voci potenti” e tutti noi “avevamo bisogno di sentire l’esperienza dei sopravvissuti, un terreno sacro”. Toccare “le ferite di Cristo” vuol dire assumere le proprie “responsabilità”, e comprendere che è fondamentale “agire insieme”, senza “lasciare soli” i “vescovi nell’affrontare i casi di abusi”, soprattutto quando di tratta di realtà piccole. “Il vescovo”, insiste il membro del Comitato organizzativo, “deve essere amico della sicurezza e nemico di chi minaccia l’innocenza dei bambini”. “La cultura del silenzio” può essere “comprensibile”, ma non “accettabile”: bisogna avere il coraggio e l’umiltà di condannare “cattivi comportamenti”. “Stiamo parlando di un nuovo modo di essere Chiesa”: aggiunge, nel suo intervento, l’arcivescovo di Brisbane, mons. Mark Benedict Coleridge, “c’è bisogno di una visione, altrimenti si tratta di semplice amministrazione, e di una tattica, perché senza la concretezza tutto evapora”.

Vescovo pastore e non manager

Il presule australiano approfondisce l’aria di “esplorazione” che si respira tra i presenti all’incontro, provenienti da diversi contesti e con diversi approcci, e il desiderio che c’è di “abbracciare tutte le differenze culturali”. Come vescovi, sottolinea, dobbiamo essere “pastori” e toccare le ferite di quanti vogliono anzitutto essere ascoltati, creduti, ma non di rado, “non per scelta”, il vescovo si ritrova più a fare il “manager che il pastore”. Anche in questo orizzonte, è importante accettare l’aiuto dei laici, e creare “una reale collaborazione con lo Stato” per quello che concerne le indagini.

La road-map di Papa Francesco

Durante i singoli interventi, così come durante le domande dei giornalisti presenti, è emersa anche l’importanza delle linee-guida suggerite da Papa Francesco: una sorta di “road-map”, come le definisce mons. Charles J. Scicluna. Anche Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione, e padre Federico Lombardi, presidente della Fondazione vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI e moderatore dell’Incontro, parlano dei 21 punti messi a fuoco dal Pontefice, “impulsi forti” che “devono uscire da questo Incontro”, anche permettendo una revisione dei “protocolli” già esistenti.

Categorie e peccati

Tra i diversi temi toccati, anche quello del celibato dei sacerdoti e dell’omosessualità. Sollecitato dalle domande dei giornalisti, relativamente a questo ultimo ambito e a una possibile connessione con gli abusi, l’arcivescovo di Malta rimarca che, a suo avviso, “non ci sono categorie che predispongono al peccato”, perché tutti siamo esposti alle tentazioni.

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21 febbraio 2019, 16:06