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Donne in Africa Donne in Africa

Donne giudici e procuratrici africane si confrontano in Vaticano sulla tratta

Saranno le vittime e il loro reinserimento il tema centrale del Summit di domani e giovedì dedicato al crimine del traffico degli esseri umani. Le invitate sono tutte donne che operano nell'ambito della giustizia e l'attenzione sarà concentrata sull'Africa

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Circa 70 donne impegnate per la legalità nei cinque continenti, giudici, avvocate e procuratrici, si erano riunite il 9 e il 10 novembre 2017 nella Casina Pio IV con l’obiettivo di scambiare esperienze e proporre nuovi modelli o valorizzare quelli già esistenti, in merito al contrasto della criminalità e del traffico degli esseri umani. L’evento che si terrà domani e dopodomani, sempre in Vaticano, si pone in continuità con quel Summit. Ad organizzarlo è ancora la Pontificia Accademia delle Scienze e anche questa volta le partecipanti sono donne. Nella donna si riconosce, infatti, uno sguardo più attento ad ogni singola persona, alla sua sofferenza, e un’attitudine maggiore verso la giustizia e la solidarietà.

Donne giudici africane sul traffico degli esseri umani

La novità è che il Convegno di quest’anno si concentrerà in particolare sui problemi specifici del continente africano. Nella presentazione, mons. Marcelo Sanchez Sorondo, Cancelliere delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, sottolinea come sia stato proprio grazie ai richiami di Papa Francesco se le Nazioni Unite hanno inserito tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, l’impegno ad "Adottare misure immediate ed efficaci per sradicare il lavoro forzato, porre fine alla moderna schiavitù e alla tratta di esseri umani e garantire la proibizione e l'eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, incluso il reclutamento di bambini soldato, ed entro il 2025 porre fine al lavoro minorile in tutte le sue forme". Così come l’adozione di questo obiettivo da parte di tutti i 193 Stati dell’Onu, seguita allo storico discorso di Francesco all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2015.

La tratta, un crimine che annienta la persona

Papa Francesco e in precedenza Papa Benedetto XVI hanno definito la tratta di esseri umani come un grave crimine contro l'umanità, perché le sue vittime subiscono la peggiore forma di esclusione. E saranno proprio le vittime al centro dei lavori del Summit. La violenza che esse subiscono è fisica: tortura, abusi sessuali, prelievo forzato di organi, sfruttamento nel lavoro, ma incide anche e ancora di più sulla dignità della persona, sulla sua anima. E’ questa la ferita più profonda e più difficile da guarire. Nella presentazione all’evento, mons. Sorondo parla di umiliazioni che, nel caso ad esempio della prostituzione coatta, danneggiano nella donna la sua capacità di “stare con” gli altri, perché pregiudicano ogni sentimento di amicizia, di fiducia e di autostima. Mons. Sorondo parla di “tradimento dell’amore” che la donna subisce e spesso da parte di chi la dovrebbe amare, genitori e fidanzati. Un tradimento percepito come peggiore della morte. Ma anche “l'umiliazione del lavoro forzato e del prelievo involontario di organi, porta alla percezione della vittima di non essere, di non essere considerata come fine, ma come semplice mezzo o proprietà di un altro: la persona diventa una cosa, un oggetto”. 

Francesco: le vittime al centro dell'impegno dei giudici

"I giudici sono chiamati oggi più che mai a porre grande attenzione alle necessità delle vittime", aveva affermato , parlando al Summit sulla tratta che si tenuto quell'anno - sono le prime che devono essere riabilitate e reintegrate nella società, e per loro si deve perseguire una lotta senza quartiere ai trafficanti e ai carnefici". Purtroppo il numero delle vittime di tratta continua a crescere e un passo essenziale è ottenere stime il più possibile reali. Quelle attuali riferiscono di 50 milioni di vittime all'anno, con una percentuale molto alta proveniente dall'Africa.

Individuare le pratiche migliori: il modello nordico e la Cina

Secondo compito essenziale individuare i modelli e le migliori pratiche per il recupero delle vittime che variano a seconda del tipo di abuso subito. Mons. Sorondo cita come esemplare nel caso della prostituzione “il cosiddetto modello nordico, che per la prima volta nella storia criminalizza i consumatori e non le vittime”, e segnala un ritardo anche nella storia della cristianità nel riconoscimento della “discriminazione subita dalle donne attraverso la compravendita del proprio corpo”, considerata a lungo “un male minore”. Per quanto riguarda invece la questione del traffico di organi, cita il caso della Cina dove vengono messe in atto pratiche molto promettenti “per lo sradicamento di questo terribile male, che include una maggiore consapevolezza della donazione di organi” e un riconoscimento pubblico del valore di essa.

Crescere nella consapevolezza dei problemi e delle soluzioni

Domani e dopodomani, dunque, i giudici e i pubblici ministeri donne che parteciperanno al vertice vaticano, si confronteranno sui modelli già esistenti e potranno fare nuove proposte. Verranno da Angola, Benin, Botswana, Capo Verde, Etiopia, Ghana, Kenia, Malawi, Marocco, Mozambico, Niger, Nigeria, Senagal, Sierra Leone, Tanzania, Tunisia, Uganda, Zambia, e anche dal Pakistan e dagli Stati Uniti. “Abbiamo convocato questo Summit – scrive ancora il Cancelliere dell’Accademia delle Scienze - nella speranza di fornire una bussola morale per navigare nell'oceano tempestoso della modernità in cui tutti noi viviamo”. L'Africa è il continente più promettente per il futuro dell'umanità, e i lavori guarderanno al continente africano, ma nelle intenzioni degli organizzatori, contribuiranno "a creare una maggiore consapevolezza globale dei problemi e delle soluzioni alle questioni attuali” come lo sviluppo sostenibile, la tutela dell’ambiente e dell’ecologia umana.
 

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11 dicembre 2018, 12:29