Card. Parolin ai cristiani di Ninive: il dolore sofferto non si trasformi mai in rancore
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Si conclude oggi nella Piana di Ninive - culla dei cristiani sulle rive del fiume Tigri - la visita in Iraq del cardinale Pietro Parolin iniziata il 24 dicembre e ricca di incontri, visite e celebrazioni. Ultime tappe del segretario di Stato Vaticano sono chiese e monasteri cattolici di Karamless, la processione e la Santa Messa in rito siro- cattolico a Qaraqosh e poi la visita alle istituzioni cattoliche e alle chiese anche di Mosul e Bartalla.
Incredulità, orrore, esilio forzato
Sono stati anni di terrore e di fuga dalla violenza del sedicente Stato islamico quelli trascorsi dal 2014 ad oggi per i cristiani della Piana: "tragiche notizie di cui tanto abbiamo sentito parlare" ha detto il cardinale Parolin nell' nella Cattedrale siro-cattolica di Altahera a Qaraqosh - con Sua Beatitudine Ignatius Joseph III Younan, Patriarca dei Siro-Cattolici, e S.E. Mons. Yohanna Petros Mouche, Arcivescovo siro-cattolico di Mosul - portando ai presenti la benedizione e la preghiera del Papa. Una "sofferenza", la vostra, che "unita al sacrificio di Cristo, diventa sorgente di pace e di salvezza per il mondo".
Come già ieri ad Erbil, il cardinale Parolin ha sottolineato quante "tribolazioni, ingiustizie, tradimenti e distruzioni" le famiglie e le chiese abbiano subito in questa terra, davanti ad un mondo "incredulo", e la forza con la quale hanno reagito senza perdere la fede e decidendo per l'esilio, come è stato per la "santa famiglia di Nazareth", pur di "mettere al riparo la vita dei figli".
I vostri sacrifici non rimarranno senza frutto
"Nel piano salvifico di Dio" - ribadisce il cardinale - "nulla rimarrà senza frutto" come non è rimasta sterile la testimonianza di tanti martiri che fin dai primi secoli del cristianesimo hanno bagnato di sangue questa terra. Ricordando i loro nomi e l'amore misericordioso di "Dio fatto carne per noi", il segretario di Stato ha lasciato ai fedeli l'invito al "perdono" e alla "speranza che nasce dalla fede nella ricostruzione di un mondo nuovo". Perdonare, perchè "così fa Dio", per "vincere il male con il bene".
Perdono è la base della riconciliazione
"Perdonare non è cosa facile", come ricorda , "anzi è sempre molto difficile". Ripercorrendo le parole del Pontefice il cardinale Parolin ha sottolineato quindi che occorre partire dalla preghiera per "scusare i piccoli e i grandi torti" scoprendo in essa la "forza purificatrice" che libera dalle "catene interiori del rancore" e occorre altresì essere ancorati ad una "fede vissuta pienamente all'insegna dell'amore". "Mai il dolore e la violenza sofferti si trasformino in rancore e il giogo dell'odio ricada sulle vostre spalle": voi, afferma, "siete chiamati ad essere artefici di riconciliazione e pace, testimoni dell'amore e del perdono, fonte di bene e benedizione per tutti".
Non abbiate paura, il male non ha l'ultima parola
Il cardinale non manca a tal proposito di evidenziare l'esempio già dato dai cristiani iracheni al mondo nel quale spesso la fede è "sopita" e "adagiata in una cultura mondana", e di spalancare uno spiraglio di speranza per tutti loro: "Dopo il tempo della prova, la Sacra Famiglia è rientrata a Nazareth. Anche per voi inizia il ritorno dall'esilio". Il rientro delle famiglie e la ricostruzione di molti edifici è fonte di speranza, tuttavia serve - afferma il segretario vaticano - "ricomporre il tessuto sociale lacerato". "Qui sta la vostra vocazione e la vostra missione". L'ultima parola del porporato è dunque un incoraggiamento ai cristiani iracheni per una "missione insostituibile" da compiere in Medio Oriente: "Coraggio, non abbiate paura, alzatevi con piede fermo e ricominciate la vostra vita perchè il male non ha l'ultima parola sul vostro destino e sul vostro futuro in questa storica terra dei vostri Padri".
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