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Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani 

Card. Koch: “Bisogna ripartire dagli albori del movimento ecumenico”

Il presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani per i 50 anni del Centro Pro Unione a Roma. “Non vi è alternativa all’ecumenismo”, spiega, ribadendo il valore di preghiera, conversione e missione

Michele Raviart – Città del Vaticano

“Sin dall’inizio il movimento ecumenico è stato un movimento di preghiera, un movimento di conversione ed un movimento missionario. Questi tre movimenti hanno contribuito considerevolmente al progresso compiuto dal movimento ecumenico negli ultimi cinquant’anni, e dovranno mantenere la loro vitalità anche nel futuro, se il movimento ecumenico vuole essere all’altezza delle sfide che l’attendono”. Così il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani è intervenuto al “tè ecumenico” sul “dialogo come linfa vitale dell’ecumenismo”, che si è svolto oggi al Centro Pro Unione di Roma, in occasione dei cinquant’anni dell’istituzione.

Il ruolo degli incontri informali

Oltre i contatti ufficiali tra i capi della Chiesa, ha spiegato il cardinale Koch, “l’ecumenismo dipende in maniera decisiva anche dai colloqui e dagli incontri più o meno informali tra i cristiani che vivono in Chiese e comunità ecclesiali tra loro separate e che desiderano conoscersi meglio ed arricchirsi vicendevolmente”.  “Fino a che si conosce solo la propria comunità ecclesiale”, infatti, “non la si conosce davvero completamente. La si impara a conoscere meglio soltanto quando la si inizia a guardare anche con gli occhi di altre tradizioni cristiane e vi si scopre qualcosa di nuovo”.

Superare le divisioni culturali

Questi incontri, come quelli che si svolgono al Centro Pro Unione, sono “salutari” e “necessari”, perché “all’origine delle dolorose divisioni nella Chiesa non ci sono state solo divergenze teologiche, ma anche forme e sviluppi culturali differenti”. Differenze che nascono da un modo diverso, fin dagli inizi, di vivere il Vangelo nella Chiesa tra Oriente e Occidente, che ”si allontanarono progressivamente le une dalle altre e finirono col comprendersi sempre più difficilmente”. “Il superamento di queste divisioni”, continua il cardinale Koch, “potrà avvenire solo sul cammino inverso”, quello dell’incontro, dello scambio e del mutuo arricchimento.

Serve più tempo e pazienza

Tuttavia, “nonostante i risultati positivi conseguiti, non va però taciuto il fatto che non è stato ancora possibile raggiungere il vero e proprio obiettivo, ovvero il ripristino dell’unità della Chiesa, cioè la piena comunione ecclesiale e che, a quanto pare, il cammino da compiere richiede più tempo e pazienza di quanto immaginato agli albori del movimento ecumenico”.

Ecumenismo alla base del Concilio

Un inizio che parte da Papa Giovanni XXIII, che indisse il Concilio Vaticano II per il “rinnovamento della Chiesa cattolica” e “la ricomposizione dell’unità dei cristiani” e passa per Papa Paolo VI, che confermò come “l’avvicinamento tra i cristiani e le Chiese separate era uno degli intenti principali, ovvero il dramma spirituale alla base della convocazione del Concilio”.

Il dolore di non celebrare l’Eucaristia insieme

San Giovanni Paolo II, con l’enciclica “Ut unum sint”, ribadì “che la decisione presa dalla Chiesa a favore dell’ecumenismo è irreversibile “, mentre Benedetto XVI fin dal suo primo messaggio da Pontefice affermò che l’impegno primario del successore di Pietro è quello di “lavorare senza risparmio di energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo”. Papa Francesco, conclude il cardinale Koch, ha invece espresso più volte “il suo rammarico ed il suo dolore circa il fatto che ancora non possiamo celebrare insieme l’Eucarestia”.

Senza preghiera non c’è unità

Preghiera, conversione e missione, quindi, come agli inizi del movimento ecumenico. “Senza preghiera non può esserci unità”, afferma il porporato, “che non può essere realizzata soltanto sulla base dei nostri sforzi”. “Noi cristiani possiamo provocare divisione, come dimostra sia la storia che il presente. Ma l’unità possiamo riceverla in dono” dallo Spirito Santo.

La conversione e la tunica di Gesù

Per conversione si intende invece la “presa di coscienza del peccato delle divisioni della Chiesa”, unica come la tunica di Gesù che nemmeno i soldati romani hanno osato strappare. “L’ecumenismo”, precisa il cardinale Koch, “ha ricevuto nuovi impulsi soltanto quando i cristiani di diverse Chiese hanno avuto il coraggio e l’umiltà di riconoscere insieme, apertamente, lo scandalo persistente di una cristianità divisa e si sono sentiti appellati alla conversione. L’unità, che ci è già stata donata in Cristo, potrà essere infatti ritrovata soltanto se noi cristiani ci convertiamo insieme a Gesù Cristo”.

Lo scandalo di annunciare il Vangelo divisi

Una Chiesa missionaria è, sottolinea il presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani,  “una Chiesa ecumenica, ed una Chiesa impegnata ecumenicamente è il presupposto di una Chiesa missionaria”. Questo perché “la divisione dei cristiani è la contro-testimonianza della predicazione del Vangelo”, come notavano fin dall’inizio del Novecento i partecipanti alla prima Conferenza Mondiale sulla Missione ad Edimburgo. “Ai partecipanti era ben chiaro lo scandalo insito nel fatto che le varie Chiese e Comunità ecclesiali si facevano concorrenza nel lavoro missionario ed in tal modo minavano la credibilità dell’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo soprattutto nei continenti più lontani, poiché avevano portato in altre culture, insieme al Vangelo di Cristo, anche le divisioni nella Chiesa in Europa”.

Il dono dello Spirito e l’aiuto di tutti

“Non vi è alternativa all’ecumenismo”, conclude il cardinale Koch. “Esso è indispensabile per la credibilità della fede cristiana e della missione della Chiesa nel mondo odierno, corrisponde alla volontà del Signore ed è un frutto dello Spirito Santo”. D’altra parte “nessuna Chiesa è infatti tanto ricca da non aver bisogno di essere arricchita dalle altre. E nessuna Chiesa è tanto povera da non poter contribuire all’ampliamento dell’orizzonte della cristianità”. 

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17 maggio 2018, 17:46