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Torna a Praga il cardinal Beran, martire di nazismo e comunismo

Le spoglie dell’arcivescovo di Praga, internato a Dachau e poi nelle carceri del regime comunista cecoslovacco, e morto da esule a Roma nel 1969, vengono traslate dalle Grotte vaticane alla cattedrale di Praga. Il cardinal Comastri, che ha presieduto la cerimonia: “Ha testimoniato che se si è in comunione con Dio, si può attraversare anche la persecuzione cantando”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Le spoglie dell’eroico cardinale Josef Beran, arcivescovo di Praga dal 1946 alla morte, avvenuta in esilio a Roma nel 1969, tornano nella capitale Ceca per riposare nella cattedrale di San Vito. La cerimonia di traslazione nelle Grotte vaticane, dove il cardinal Beran è stato sepolto per quasi 50 anni, è stata presieduta dal cardinale Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano. Davanti al feretro del cardinale ceco, nato nel 1888 a Plzeň , e detenuto prima dai nazisti per tre anni a Dachau e dal regime comunista cecoslovacco in varie carceri, dal 1949 al ’63, Il cardinal Comastri ricorda che Josef Beran “ha vissuto in modo straordinario l’ultima beatitudine di Gesù: beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno, e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia, rallegratevi ed esultate”.

La sorgente della sua serenità era la comunione con Dio

“Si può dire che la sua vita sia stata tutta una persecuzione – racconta ancora Comastri - prima i nazisti che nel 1942, quando già aveva 54 anni, lo internarono nel carcere di Terezin, destinato a spaccare le pietre, e nel settembre di quell’anno venne poi portato a Dachau, un terribile campo di concentramento, dove vennero internati altre 2700 sacerdoti e vescovi”.

Di quei tre anni a Dachau, molti compagni di prigionia, prosegue l’arciprete della Basilica di San Pietro “ricordano la sua presenza per il sorriso, per la serenità. Sul suo volto traspariva sempre una tranquillità interiore, che era frutto di un anima in comunione con Dio. Sorrideva a tutti, incoraggiava tutti, ma ogni sera, nella baracca 26, che era riservata ai sacerdoti, Beran la sera si inginocchiava, davanti a tutti, e in silenzio pregava, diceva il breviario come se fosse in una cattedrale. La sorgente della sua serenità era quella preghiera, la comunione con Dio. Se si è in comunione con Lui, si può attraversare anche la persecuzione cantando. Questa è stata la grande eredità che ci ha lasciato il cardinale Beran”.

I compagni di prigionia: uomo ricolmo di sorridente serenità

Don Roberto Angeli, internato a Dachau con l’arcivescovo di Praga, cita il cardinale Comastri, scrive: “Il volto di Beran era sempre sereno, sorridente, aveva una di quelle espressioni che non si possono dimenticare”. Don Paolo Liggeri, altro sacerdote internato a Dachau, conferma, “fu in quella specie di bolgia infernale che conobbi un uomo meraviglioso e ricolmo di inalterata e sorridente serenità, era il cecoslovacco Giuseppe Beran”. “ Mi consola il fatto che in un mondo così terribile, possono spuntare santi come Giuseppe Beran”.

"Quando sono aggrappato al Signore, non temo nessuno"

“Non ha avuto mai paura – conclude il cardinal Comastri - né del regime nazista, né del regime comunista. Diceva sempre: ‘quando sono aggrappato al Signore, non temo nessuno’. Vorrei permettermi di pregare: ‘Signore, donaci oggi tanti vescovi e tanti sacerdoti così’”. Il 4 ottobre 1963 la Santa Sede ottenne dal regime comunista cecoslovacco la grazia per l’arcivescovo Beran, ma non gli fui permesso di riprendere la guida della diocesi. Il regime gli permise di partecipare al Concilio Vaticano II, a condizione che non rientrasse più in patria. L’arcivescovo alla fine accettò, solo per il bene della Chiesa cecoslovacca. Il beato Paolo VI lo creò cardinale nel febbraio del 1965. Poi la battaglia con l’ultimo avversario, un tumore ai polmoni, e la morte, il 17 maggio 1969. Fu sepolto nelle Grotte vaticane, nella cappella detta “della Bocciata”: un privilegio di solito riservato esclusivamente ai Papi.

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19 aprile 2018, 15:23