Neopelagiani e neognostici non capiscono la salvezza cristiana
Sergio Centofanti - Città del Vaticano
E’ stata pubblicata oggi la Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede indirizzata “ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della salvezza cristiana”. Il documento è firmato da mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer e mons. Giacomo Morandi, rispettivamente prefetto e segretario del Dicastero.
Due tendenze del mondo contemporaneo
Il testo intende approfondire l’insegnamento della salvezza in Cristo in un tempo di trasformazioni culturali che rendono più difficile, per l’uomo di oggi, la comprensione dell’annuncio cristiano che “proclama Gesù unico Salvatore di tutto l’uomo e dell’umanità intera”. In particolare si sottolineano due tendenze del mondo contemporaneo: la prima è un “individualismo centrato sul soggetto autonomo”, la cui “realizzazione dipende dalle sole sue forze”, che vede Cristo come “modello che ispira azioni generose”, ma non come “Colui che trasforma la condizione umana, incorporandoci in una nuova esistenza riconciliata con il Padre e tra noi mediante lo Spirito”. La seconda tendenza punta ad “una salvezza meramente interiore” che “suscita magari una forte convinzione personale, oppure un intenso sentimento, di essere uniti a Dio, ma senza assumere, guarire e rinnovare le nostre relazioni con gli altri e con il mondo creato”. Una prospettiva che non coglie il senso dell’Incarnazione del Verbo.
Pelagianesimo e gnosticismo
Papa Francesco - afferma la Lettera - ha fatto spesso riferimento a queste due tendenze: si tratta di “due deviazioni” che “assomigliano in taluni aspetti a due antiche eresie, il pelagianesimo e lo gnosticismo”. Sono “errori antichi” che tuttavia “rappresentano pericoli perenni di fraintendimento della fede” anche in contesti storici differenti. In una nota si ricordano i contenuti di queste due eresie: “Secondo l’eresia pelagiana, sviluppatasi durante il secolo V intorno a Pelagio, l’uomo, per compiere i comandamenti di Dio ad essere salvato, ha bisogno della grazia solo come un aiuto esterno alla sua libertà” ma “non come una sanazione e rigenerazione radicale della libertà, senza merito previo, affinché egli possa operare il bene e raggiungere la vita eterna”. Il movimento gnostico, sorto nei secoli I e II, conosce forme molto diverse tra di loro. In linea generale gli gnostici credevano che la salvezza si ottiene attraverso una conoscenza esoterica o gnosi. Tale gnosi rivela allo gnostico la sua vera essenza, vale a dire, una scintilla dello Spirito divino che abita nella sua interiorità, la quale deve essere liberata dal corpo, estraneo alla sua vera umanità. Solo in questo modo lo gnostico ritorna al suo essere originario in Dio, da cui si era allontanato per una caduta primordiale”.
Il neo-pelagianesimo secondo Francesco
La Lettera si riferisce, senza citarlo per esteso, al ai rappresentanti del V Convegno nazionale della Chiesa italiana, il 10 novembre 2015. Un discorso che conviene ricordare in questo contesto. Francesco presenta queste due tendenze come tentazioni all’interno della Chiesa. La tentazione pelagiana - aveva detto - “ci porta ad avere fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché astratte. Spesso ci porta pure ad assumere uno stile di controllo, di durezza, di normatività. La norma dà al pelagiano la sicurezza di sentirsi superiore, di avere un orientamento preciso. In questo trova la sua forza, non nella leggerezza del soffio dello Spirito. Davanti ai mali o ai problemi della Chiesa è inutile cercare soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi, nella restaurazione di condotte e forme superate che neppure culturalmente hanno capacità di essere significative. La dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare, sa animare. Ha volto non rigido, ha corpo che si muove e si sviluppa, ha carne tenera: la dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo. La riforma della Chiesa poi – e la Chiesa è semper reformanda – è aliena dal pelagianesimo. Essa non si esaurisce nell’ennesimo piano per cambiare le strutture. Significa invece innestarsi e radicarsi in Cristo lasciandosi condurre dallo Spirito. Allora tutto sarà possibile con genio e creatività”.
Il neo-gnosticismo nelle parole del Papa
La tentazione dello gnosticismo - ricordava ancora il Papa a Firenze - “porta a confidare nel ragionamento logico e chiaro, il quale però perde la tenerezza della carne del fratello. Il fascino dello gnosticismo è quello di «una fede rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti» (, 94). Lo gnosticismo non può trascendere. La differenza fra la trascendenza cristiana e qualunque forma di spiritualismo gnostico sta nel mistero dell’incarnazione. Non mettere in pratica, non condurre la Parola alla realtà, significa costruire sulla sabbia, rimanere nella pura idea e degenerare in intimismi che non danno frutto, che rendono sterile il suo dinamismo”.
Mediazione salvifica della Chiesa
Tornando al testo della Lettera, si afferma che “sia l’individualismo neo-pelagiano che il disprezzo neo-gnostico del corpo sfigurano la confessione di fede in Cristo, Salvatore unico e universale” e “contraddicono anche l’economia sacramentale tramite la quale Dio ha voluto salvare la persona umana”. “Il luogo dove riceviamo la salvezza portata da Gesù è la Chiesa”: comprendere “questa mediazione salvifica della Chiesa è un aiuto essenziale per superare ogni tendenza riduzionista”. La salvezza “non si ottiene con le sole forze individuali, come vorrebbe il neo-pelagianesimo, ma attraverso i rapporti che nascono dal Figlio di Dio incarnato e che formano la comunione della Chiesa”. Inoltre, contrariamente alla visione neo-gnostica di “una salvezza meramente interiore”, la Chiesa “è una comunità visibile: in essa tocchiamo la carne di Gesù, in modo singolare nei fratelli più poveri e sofferenti” attraverso “le opere di misericordia corporali e spirituali”.
Missione e dialogo
“La consapevolezza della vita piena in cui Gesù Salvatore ci introduce - rileva la Lettera - spinge i cristiani alla missione, per annunciare a tutti gli uomini la gioia e la luce del Vangelo. In questo sforzo saranno anche pronti a stabilire un dialogo sincero e costruttivo con i credenti di altre religioni, nella fiducia che Dio conduce verso la salvezza in Cristo ‘tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia’. Mentre si dedica con tutte le sue forze all’evangelizzazione, la Chiesa continua ad invocare la venuta del Salvatore”, poiché – come dice San Paolo ai romani – “nella speranza siamo stati salvati”. E conclude: “La salvezza integrale, dell’anima e del corpo, è il destino finale al quale Dio chiama tutti gli uomini”.
L'origine del Documento
Presentando la Lettera in conferenza stampa mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer ha chiarito la genesi del Documento e quello che è stato il contributo di Papa Francesco:
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