Podsynod - Ep. 2 - Una Chiesa dove il Popolo di Dio è protagonista
"Il Popolo di Dio è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile 'in credendo'. Ciascun Battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del Popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni. Il 'sensus fidei' impedisce di separare rigidamente tra 'Ecclesia docens' ed 'Ecclesia discens', giacché anche il Gregge possiede un proprio 'fiuto' per discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa". (Papa Francesco, in occasione della commemorazione del 50.mo anniversario dell'Istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015).
Cosa significa che anche i laici partecipano del Sacerdozio di Cristo? Cos’è il sensus fidei del Popolo di Dio? È vero che la Chiesa è troppo maschilista? Risponde in questo episodio don Dario Vitali, teologo, docente di Ecclesiologia alla Pontificia università Gregoriana e consultore del Sinodo dei vescovi.
"Il Concilio ci consegna una Chiesa popolo di Dio nella quale il principio di uguaglianza precede quello di differenza. E quindi - spiega don Vitali - quello di differenza è al servizio del popolo di Dio." "Il Concilio ci ha offerto il principio che tutti sono partecipi del sacerdozio di Cristo. C'è un famoso passaggio nella Costituzione sulla Chiesa Lumen gentium, al capitolo II, sul popolo di Dio, con la formula in latino che dice "ad invicem ordinantur" (ordinati l'uno all'altro), che spiega il rapporto tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale. Il sacerdozio comune che cos'è? In realtà è la capacità di offrire a Dio sacrifici a lui graditi che nasce nell'ambito del culto e che tocca ogni battezzato e che manifesta la Chiesa quando si riunisce in assemblea e loda il suo Signore. Naturalmente si comprende immediatamente nella celebrazione come questa azione della Chiesa ha bisogno di qualcuno al servizio ed è colui che presiede la celebrazione, agendo in persona Christi. Naturalmente questo aspetto si amplia quando nella Lumen Gentium si dice che non solo si partecipa alla funzione sacerdotale, ma anche a quella profetica e a quella regale. Quella profetica è quella della testimonianza. Naturalmente c’è anche la partecipazione alla funzione regale che il Concilio fatica a recuperare, perché in certo qual modo questo significava riconoscere al popolo di Dio, alias i 'laici', la partecipazione ai processi decisionali. La Chiesa sinodale che cosa ci consegna? Esattamente questo protagonismo del popolo di Dio che partecipa alla funzione sacerdotale in questo modo, nella liturgia, che partecipa alla funzione profetica e regale attraverso il sensus fidei, cioè attraverso quella capacità, che è propria del popolo di Dio, di riconoscere la verità e di custodire la verità sotto l'azione dello Spirito, a condizione dell'unità. Noi veniamo da secoli di Chiesa che hanno separato il corpo ecclesiale in due blocchi, concentrando le capacità attive in un blocco e facendo dell'altro blocco una massa passiva, destinataria dell'azione dei primi. Ricomporre questo è la grande sfida".
"Serve necessariamente - aggiunge don Dario Vitali - un cambiamento di mentalità. Se noi non arriviamo al riconoscimento del popolo di Dio come soggetto, allora noi continueremo a riflettere una mentalità che è tipica del passato, dove nella gestione del potere i laici sono esclusi e le donne sono le massimamente escluse. Perché una società concepita sul principio di autorità del passato rifletteva esattamente quella concezione. Cambiare questa mentalità dopo secoli e secoli di società patriarcale e maschilista è faticoso, è difficile. Passa attraverso una modalità, anche qui, di schemi che vengono ribaditi, perché c'è una coazione a ripetere, perché quasi si sono radicati in una mentalità condivisa. Dobbiamo andare - però credo più pacificamente, più con determinazione - verso questa capacità di riconoscere davvero che tutti siamo partecipi dei diritti fondamentali e tutti siamo chiamati a partecipare in maniera attiva, quindi, serve un riconoscimento alle donne".