Ep. 300 - Papale papale - "Tombe"
Pio XII,
La guerra distruggitrice visita e tormenta anche voi, i vostri corpi e le vostre anime, i vostri averi e i vostri beni, la vostra casa e il vostro focolare. La morte vi ha spezzato il cuore e inflitte ferite lente a rimarginarsi. Il pensiero a care tombe lontane rimaste forse sconosciute, l'ansietà per gli scomparsi o dispersi, il sospiro bramoso di riabbracciare i vostri amati prigionieri o deportati, vi mettono in una pena che accascia il vostro spirito, mentre un avvenire grave ed oscuro incombe su tutti, genitori e figli, giovani e vecchi.
In ogni giorno, e più che mai in quest'ora, il Nostro cuore di Padre si sente con profondo e immutabile affetto presso a ciascuno di voi, diletti figli e figlie, doloranti e angustiati. Ma tutti i nostri sforzi non possono far cessare d'un tratto questa orrenda guerra. Non ridare la vita ai vostri cari morti. Non ricostruire il vostro focolare distrutto. Non liberarvi pienamente dalle vostre ansietà. Molto meno è in Nostro potere di manifestarvi il futuro, le cui chiavi sono nelle mani di Dio, che governa il processo degli eventi e ne ha segnato il termine pacifico.
Paolo VI,
Vi invitiamo oggi ad uscire con la nostra memoria dal mondo dei vivi ed a fare, com’è costume in questo mese, una visita al mondo dei morti, ai nostri cari Defunti, a quelli che durante quest’anno sono deceduti, a tutta l’umanità trapassata dalla scena del tempo a quella dell’esistenza fuori del tempo. La visita ai cimiteri? sì, se possibile, o dovunque sono le tombe o le memorie dei morti. Questo ricordo è triste e grave, ma sempre istruttivo: ci fa riflettere alla inesorabile caducità della vita presente; ed è questa una formidabile lezione, anche se l’effetto pratico può essere ambiguo, stimolando nei ciechi sulla vita futura un’ansia maggiore di godere di quella presente, crescendo nei credenti in un destino immortale la sapienza per il buon uso di ogni valore, del tempo specialmente, durante la nostra effimera, attuale giornata terrena.
Benedetto XVI,
Quando ci inoltriamo nei corridoi delle catacombe romane - come pure in quelli dei cimiteri delle nostre città e dei nostri paesi -, è come se noi varcassimo una soglia immateriale ed entrassimo in comunicazione con coloro che lì custodiscono il loro passato, fatto di gioie e di dolori, di sconfitte e di speranze. Ciò avviene, perché la morte riguarda l’uomo di oggi esattamente come quello di allora; e anche se tante cose dei tempi passati ci sono diventate estranee, la morte è rimasta la stessa.
Di fronte a questa realtà, l’essere umano di ogni epoca cerca uno spiraglio di luce che faccia sperare, che parli ancora di vita, e anche la visita alle tombe esprime questo desiderio. Ma come rispondiamo noi cristiani alla questione della morte? Rispondiamo con la fede in Dio, con uno sguardo di solida speranza che si fonda sulla Morte e Risurrezione di Gesù Cristo.
Francesco,
Il Signore sa che i timori sono i nostri nemici quotidiani. Sa pure che le nostre paure nascono dalla grande paura, la paura della morte: paura di svanire, di perdere le persone care, di star male e non farcela più... Ma a Pasqua Gesù ha vinto la morte. Nessun altro, dunque, può dirci in modo più convincente: “Non temere”, “non avere paura”. Il Signore lo dice proprio lì, accanto al sepolcro da cui è uscito vittorioso. Ci invita così a uscire dalle tombe delle nostre paure. Ascoltiamo bene: uscire dalle tombe delle nostre paure, perché le nostre paure sono come le tombe, ci seppelliscono dentro. Egli sa che il timore sta sempre accovacciato alla porta del nostro cuore e che abbiamo bisogno di sentirci ripetere non temere, non avere paura, non temere: al mattino di Pasqua come al mattino di ogni giorno sentire: “Non temere”. Abbi coraggio. Fratello, sorella che credi in Cristo, non temere! “Io – ti dice Gesù – ho provato per te la morte, ho preso su di me il tuo male. Ora sono risorto per dirti: Sono qui, con te, per sempre. Non temere!”. Non abbiate paura.