Ep. 293 - Papale papale - "Cristiani"
Paolo VI,
L'antico Catechismo cominciava con una domanda strana, che sembrava superflua, come un lume acceso alla luce del sole: «siete voi cristiano?», e la risposta risultava molto facile, di prima evidenza: «sì, io sono cristiano, per grazia di Dio». Quella prima battuta della dottrina religiosa aveva tuttavia due meriti dialettici, che la rendono ancora per noi attuale e sapiente: il merito d’essere posta in forma di dialogo; e il dialogo conserva oggi la sua piena validità nel discorso religioso; e di più il merito di rendere cosciente ciò che l’abitudine facilmente priva del suo carattere originale ed importante, e fa sembrare del tutto ovvio e connaturato; e questo intento di mettere in evidenza interiore il fatto di essere cristiano assume oggi un significato nuovo, quello, quasi polemico, d’un confronto con un mondo circostante che cristiano non è, o che almeno tale non si professa. Siamo alla questione, tanto tormentata ai nostri giorni, dell’«identità» del cristiano, la quale aggredisce la sua coscienza a tutti i livelli: chi è il cristiano, in fin dei conti? Chi è il credente? Chi è il cattolico nel confronto con chi non lo è? Chi è il prete? Chi è il religioso? Chi è il laico?
Giovanni Paolo II,
Dopo secoli di separazione, di incomprensioni, di indifferenza e, purtroppo, di contrapposizioni, è rinata nei cristiani la consapevolezza che la fede in Cristo li unisce, e che essa è una forza capace di superare ciò che li separa (cfr Lettera Enciclica Ut unum sint, 20). Per grazia dello Spirito Santo, con il Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica si è impegnata in modo irreversibile a percorrere la via della ricerca ecumenica (cfr ib., 3).
Non si debbono e non si possono sminuire le differenze tuttora esistenti tra di noi. Il vero impegno ecumenico non ricerca compromessi e non fa concessioni per quanto attiene la Verità. Esso sa che le separazioni tra i cristiani sono contrarie alla volontà di Cristo; sa che esse sono uno scandalo, che indebolisce la voce del Vangelo. Il suo sforzo non è di ignorarle, ma di superarle.
Benedetto XVI,
La piena e visibile unità dei cristiani, a cui aneliamo, esige che ci lasciamo trasformare e conformare, in maniera sempre più perfetta, all’immagine di Cristo. L’unità per la quale preghiamo richiede una conversione interiore, sia comune che personale. Non si tratta semplicemente di cordialità o di cooperazione, occorre soprattutto rafforzare la nostra fede in Dio, nel Dio di Gesù Cristo, che ci ha parlato e si è fatto uno di noi; occorre entrare nella nuova vita in Cristo, che è la nostra vera e definitiva vittoria; occorre aprirsi gli uni agli altri, cogliendo tutti gli elementi di unità che Dio ha conservato per noi e sempre nuovamente ci dona; occorre sentire l’urgenza di testimoniare all’uomo del nostro tempo il Dio vivente, che si è fatto conoscere in Cristo.
Pio XII,
Accogliete con nobile impeto di dedizione, riconoscendola come chiamata di Dio e degna ragione di vita, la santa consegna, che il vostro Pastore e Padre oggi vi affida: dare inizio a un potente risveglio di pensiero e di opere. Risveglio che impegni tutti, senza evasioni di sorta, il clero ed il popolo, le autorità, le famiglie, i gruppi, ogni singola anima, sul fronte del rinnovamento totale della vita cristiana, sulla linea della difesa dei valori morali, nell'attuazione della giustizia sociale, nella ricostruzione dell'ordine cristiano, cosicchè anche il volto esterno dell'Urbe, dai tempi apostolici centro della Chiesa, appaia in breve tempo fulgido di santità e di bellezza.
L'Urbe, su cui ogni età ha impresso l'orma di gloriose attuazioni, divenute poi eredità delle genti, riceva da questo secolo, dagli uomini che oggi la popolano, l'aureola di promotrice della salvezza comune in un tempo in cui contrastanti forze si contendono il mondo. Tanto sperano da lei i popoli cristiani, e soprattutto aspettano azione!