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Ep. 248 - Papale papale -"Genitori"

Paolo VI,

Salutiamo oggi l’infanzia: i nascituri, i neonati, i bambini, i ragazzi, tutta la nuova generazione, che entra nella vita inconsciamente, ma non di meno oggetto, fino dal primo istante della loro esistenza, d’un Pensiero creatore, infinitamente amoroso, quello del Dio Vivente, Padre nostro. (...) Ad una ad una benediciamo codeste piccole, grandi vostre care creature, o Genitori, che avete scelto la vocazione della famiglia ordinata e feconda! La nostra benedizione, che vuol avere in se stessa la virtù biblica del disegno divino su gli umani avvenimenti, è oggi specialmente per voi, procreatori responsabili dei nuovi cittadini della terra; per voi, Genitori degni di tal nome, che noi scongiuriamo ad essere difensori e protettori dei vostri figli, fin da quando essi riposano vivi ed inermi nel grembo materno.

Giovanni Paolo I,

...I nostri genitori. Il catechismo diceva: rispettarli, amarli, obbedirli. Il Papa deve inculcare rispetto ed obbedienza dei figli per i genitori. Mi dicono che qua ci sono i chierichetti di Malta. Venga uno, per favore... I chierichetti di Malta, che, per un mese, hanno fatto servizio in San Pietro. Allora, tu come ti chiami? - James! - James. E, senti, sei mai stato ammalato, tu? - No. - Ah, mai? - No. - Mai stato ammalato? - No. - Neanche una febbre? - No. - Oh, che fortunato! Ma, quando un bambino è ammalato, chi è che gli porta un po' di brodo, un po' di medicina? Non è la mamma? Ecco. Dopo tu diventi grande, e la mamma diventa vecchia, e tu diventi un gran signore, e la mamma poverina sarà a letto ammalata. Ecco. E allora chi è che porterà alla mamma un po' di latte e la medicina? Chi è? - Io e i miei fratelli. - Bravo! Lui e i suoi fratelli, ha detto. E questo mi piace. Hai capito?

Benedetto XVI,

Cat Tien (bambina del Vietnam) Ciao, Papa. Sono Cat Tien, vengo dal Vietnam.

Ho sette anni e ti voglio presentare la mia famiglia. Lui è il mio papà, Dan e la mia mamma si chiama Tao, e lui è il mio fratellino Binh.

Mi piacerebbe tanto sapere qualcosa della tua famiglia e di quando eri piccolo come me…

Grazie, carissima, e ai genitori: grazie di cuore. Allora, hai chiesto come sono i ricordi della mia famiglia: sarebbero tanti! (...) In una parola, eravamo un cuore e un’anima sola, con tante esperienze comuni, anche in tempi molto difficili, perché era il tempo della guerra, prima della dittatura, poi della povertà. Ma questo amore reciproco che c’era tra di noi, questa gioia anche per cose semplici era forte e così si potevano superare e sopportare anche queste cose. Mi sembra che questo fosse molto importante: che anche cose piccole hanno dato gioia, perché così si esprimeva il cuore dell’altro. E così siamo cresciuti nella certezza che è buono essere un uomo, perché vedevamo che la bontà di Dio si rifletteva nei genitori e nei fratelli.

Francesco,

Non dimenticatevi. Il vostro compito è trasmettere la fede ma farlo col dialetto dell’amore della vostra casa, della famiglia. Anche loro [i bambini] hanno il proprio “dialetto”, che ci fa bene sentire! Adesso tutti stanno zitti, ma è sufficiente che uno dia il tono e poi l’orchestra segue! Il dialetto dei bambini! E Gesù ci consiglia di essere come loro, di parlare come loro. Noi non dobbiamo dimenticare questa lingua dei bambini, che parlano come possono, ma è la lingua che piace tanto a Gesù. E nelle vostre preghiere siate semplici come loro, dite a Gesù quello che viene nel vostro cuore come lo dicono loro. Oggi lo diranno col pianto, sì, come fanno i bambini. Il dialetto dei genitori che è l’amore per trasmettere la fede, e il dialetto dei bambini che va accolto dai genitori per crescere nella fede.

04 settembre 2024